Occupazione femminile, Italia ultima in Europa: donne tra maternità e lavoro

Una su cinque lascia il lavoro dopo il parto. I dati sull'occupazione femminile in Italia mostrano la scelta davanti alle donne: maternità o lavoro

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Giorgia Prina

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Sembra quasi impossibile per le donne conciliare maternità e carriera. Le donne in Italia sono meno pagate dei colleghi uomini, in posizioni meno strategiche, più spesso precarie e con a disposizione pochi servizi che possano aiutare a conciliare la loro “doppia” vita. In un Paese che chiede alle famiglie di fare figli per la sua stessa sopravvivenza e che vede nel continuo declino della natalità un problema socio-culturale attribuibile al comportamento delle donne stesse, il mondo del lavoro femminile è un percorso ad ostacoli. Ecco quanto mostrato dai dati emersi da un dossier del Servizio studi della Camera.

Occupazione femminile: donne tra maternità e lavoro

Il dossier del Servizio studi della Camera che prende in osservazione l’occupazione femminile in Italia e che rileva “una serie di profili critici” attribuisce al Paese un triste primato: è ultimo in Europa. Mancano incentivi e servizi, tanto che una donna su cinque lascia il lavoro dopo essere diventata madre. Il tasso di occupazione femminile in Italia “risulta essere – secondo dati relativi al quarto trimestre 2022 – quello più basso tra gli Stati dell’Ue, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media” (il 55%, a fronte del 69,3% dell’Ue).

Guardando poi alla situazione nazionale si registra “un divario anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro”: le donne occupate sono circa 9,5 milioni, contro i 13 milioni di maschi occupati. Inoltre, una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità: un aspetto che, si fa notare, “riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l’attività lavorativa“.

1 donna su 5 lascia il lavoro dopo il parto

La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà delle donne (52%), da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche. L’istruzione, tuttavia, “si conferma fattore protettivo per l’occupazione delle donne con figli piccoli”: con un livello di istruzione più elevato, infatti, la differenza occupazionale tra madri e non madri è molto bassa. Ma l’occupazione femminile è caratterizzata anche da “un accentuato divario retributivo di genere”.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, il gap retributivo medio (la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5% (al di sotto della media europea che è del 13%), mentre quello complessivo (la differenza tra il salario annuale medio) è pari al 43% (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2%). Nel 2022 la retribuzione media annua è risultata “costantemente più alta” per gli uomini, evidenzia lo studio citando i dati dell’Inps: 26.227 euro per gli uomini contro i 18.305 euro per le donne, con una differenza di 7.922 euro. Infine, dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori, come l’occupazione ridotta, in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda poco meno del 49%delle donne occupate (contro il 26,2% degli uomini). Da registrare, infine, criticità sul fronte dei servizi che potrebbero aiutare le donne a conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro, come l’assistenza all’infanzia: l’offerta dei nidi risulta in ripresa dopo la pandemia (+1.780 posti), “ma le richieste di iscrizione sono in gran parte insoddisfatte, soprattutto nel Mezzogiorno”. Con una penalizzazione maggiore per le “famiglie più povere, sia per i costi delle rette, sia per la carenza di nidi in diverse aree del Paese”.