“La depressione post partum è imprevedibile. Cosa accade al rientro al lavoro”

Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, ci spiega come riconoscere la depressione post partum e come affrontare il ritorno al lavoro

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Federica Cislaghi

Royal e Lifestyle Specialist

Dopo il dottorato in filosofia, decide di fare della scrittura una professione. Si specializza così nel raccontare la cronaca rosa, i vizi e le virtù dei Reali, i segreti del mondo dello spettacolo e della televisione.

Diventare genitore rappresenta un momento di profondo cambiamento nella vita di una persona, che porta con sé una cascata di emozioni intense e spesso contrastanti. Gli equilibri di coppia cambiano e alle gioie si mescolano anche i timori, come la difficoltà di riuscire a conciliare le responsabilità familiari con quelle professionali nel momento del rientro a lavoro.

Dopo aver trascorso mesi ricchi di emozioni insieme al proprio bambino, può essere difficile per un neo genitore affrontare la separazione e il ritorno alla routine lavorativa: questo può generare tristezza, ansia e una sensazione di sopraffazione al solo pensiero delle responsabilità legate al lavoro e alla cura dei figli.

Queste emozioni negative, se sommate ad altre che riguardano fattori fisici, ambientali e psicologici, possono portare alla depressione post parto che colpisce, secondo l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva e l’Istituto Superiore di Sanità il 10% dei neo genitori nell’arco dei 12 mesi successivi al parto.

Una condizione, che può aggravarsi con il ritorno al lavoro dopo aver trascorso i primi mesi di congedo insieme al proprio bambino, e su cui ha fatto chiarezza Serenis, piattaforma digitale per il benessere mentale e centro medico autorizzato, con l’aiuto di Martina Migliore, psicoterapeuta cognitivo comportamentale e Direttrice Formazione e Sviluppo, cui noi abbiamo chiesto di spiegarci come riconoscere la depressione post partum, come affrontarla e come prevenirla.

Quali sono i sintomi della depressione post partum?
Si tratta di una condizione clinica caratterizzata da un episodio depressivo che si verifica entro le prime quattro settimane dal parto. I sintomi sono molto simili a quelli della depressione classica e si dividono in fisici e psicologici. Nei primi troviamo la mancanza di energia, l’insonnia o l’ipersonnia, mal di testa e mialgie, la perdita di appetito o l’iperfagia. Tra i secondi ci sono invece una tristezza estrema, sbalzi d’umore, fenomeni di pianto incontrollabile, rabbia e irritabilità, la preoccupazione eccessiva o il disinteresse nei confronti del bambino, la sensazione di non essere in grado di fare la madre (o il padre), un senso di colpa per i sentimenti che si stanno provando, ansia e attacchi di panico.

In presenza di tali segnali, i neogenitori cosa devono fare?
Innanzitutto è importante rimanere accanto alla madre (o al padre) che si trova in questa condizione e non lasciarla/o sola/o nella gestione delle difficoltà legate alla recente nascita. Nella nostra società attuale, a differenza del passato, si è molto ridotta la rete di supporto familiare e amicale che tipicamente sosteneva i neogenitori. Spesso si vive da soli, lontani dalle famiglie, e con la pressione del lavoro da riprendere sempre più impellente. E’ importante riuscire a normalizzare la stanchezza e le difficoltà della ripresa, e concedersi del tempo, anche poco per volta, per sè. Va trovato un nuovo equilibrio alla nascita del neonato, che deve essere tanto accogliente per il piccolo quanto per i genitori.

Quale percorso va intrapreso per superare la depressione post partum?
Esistono casi in cui i sintomi, invece di diminuire, aumentano di intensità e si prolungano nel tempo. In questi casi è importante riconoscere che esiste un problema e fare affidamento a professionisti che abbiano esperienza di tali difficoltà. Esistono diversi approcci psicoterapeutici efficaci per questo tipo di disturbo: quello cognitivo-comportamentale, con protocolli ed esercizi pratici per imparare a fare le cose in maniera diversa; quello psicodinamico, che si focalizza sull’inconscio, sui sogni e sul passato, attraverso conversazioni molto introspettive in grado di rivelare cosa influenza il nostro stato d’animo; quello sistemico-relazionale, che tiene conto di come ci relazioniamo con le altre persone, puntando alla risoluzione dei legami disfunzionali. Nei casi in cui i sintomi si presentassero a lungo e diventassero ingravescenti, il consulto psichiatrico sarà utile per individuare una terapia farmacologica di supporto.

Come va affrontato il rientro al lavoro? E in che modo può essere facilitato?
Nella nostra società attuale, le donne sono spesso costrette a fare continui “salti mortali” in multitasking, dovendo lavorare ed occuparsi della famiglia a tempo pieno. Il tempo di elaborazione che richiede la nascita di un figlio, è spesso un tempo non consentito o almeno non vissuto come un diritto. La corsa al restringimento della maternità, per paura di perdere il posto, oppure il lavorare fino all’ultimo giorno prima del parto per “accumulare” tempo in seguito mette noi donne in una condizione di fretta cronica e senso di colpa da recupero, molto difficile da maneggiare. Sarebbe importante riuscire a prendersi del tempo, in ogni momento possibile, magari tralasciando faccende di casa e cercando tutto l’aiuto possibile chiedendo esplicitamente di cosa si ha bisogno. In questi casi la percezione di dover fare tutto da soli è il peggior nemico del recupero.

Si può prevenire la depressione post partum?
Non è possibile prevedere esattamente quando si avrà una depressione post partum, perché in molti casi è un fenomeno del tutto inaspettato, che colpisce genitori anche molto motivati e desiderosi di iniziare la maternità e paternità al meglio. A volte, però, proprio la super-motivazione può creare un fondamento fragile perché si tende all’ipercontrollo su tutto ciò che succederà durante la gravidanza e dopo la nascita, creando aspettative molto alte che rischiano di crollare alle prime ovvie difficoltà. La nascita di un figlio è un evento stravolgente, soprattutto ora in assenza in molti casi di reti di supporto. Ascolto attivo e consapevolezza di non poter controllare tutto sono punti di partenza importanti per affrontare questo grandissimo cambiamento.