Quello dello sport è un mondo straordinario che tutti dovremmo conoscere e osservare. E non solo come una forma di intrattenimento, ma come l’esempio che simboleggia la forza dell’unione tra persone, che insegna la competizione sana e che celebra la vita. E poi, ancora, che promuove l’inclusività, la pace e l’integrazione sociale, che annulla le distanze e abbatte i muri.
Purtroppo, però, come tutte le cose che attirano il nostro interesse, tendiamo a guardare anche lo sport con una certa superficialità, limitandoci al tifo, ai risultati e alle gare, senza saper andare oltre, senza neanche provarci. A ricordare l’importanza che lo sport ricopre nella nostra vita, ci ha pensato però la Giornata internazionale dello sport per lo Sviluppo e la Pace, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Ma ci ha pensato anche il Giappone che, in occasione della competizione mondiale di calcio contro la Croazia, dalla quale è uscito sconfitto, ha regalato al mondo intero una lezione di civiltà ed educazione che tutti dovremmo fare nostra, e che ci ricorda che anche il mondo del calcio, tanto discusso, amato e odiato, può diventare un esempio per l’intera umanità.
Così il Giappone ha lasciato i mondiali
Dicono che l’importante, comunque vada, è partecipare. E hanno ragione, tuttavia niente e nessuno può impedire alle persone di sognare, e di farlo in maniera straordinaria. E probabilmente, il sogno di arrivare in cima, apparteneva anche ai giocatori nipponici che erano arrivati in Qatar.
La competizione contro la Croazia, però, ha segnato la fine di quel desiderio portato avanti con passione e con tenacia. La Nazionale nipponica, infatti, dopo aver battuto sia la Germania che la Spagna è stata sconfitta dalla squadra avversaria ai calci di rigore. I giocatori, che hanno tentato di portare in casa la vittoria dando il meglio di sé, avrebbero potuto mostrare comprensibilmente delusione, amarezza o rabbia, emozioni che spesso siamo abituati a vedere non solo nelle competizioni sportive ma più in generale in tutte quelle della vita.
Eppure, il Giappone, non lo ha fatto e, anzi, lasciando il campo ci ha regalato una bellissima lezione di vita che parla di rispetto, di umanità e di gratitudine.
L’inchino di Hajime Moriyasu
La foto in apertura mostra l’inchino di Hajime Moriyasu, allenatore della nazionale del Giappone. Proprio dopo la fine della partita contro la Croazia, che ha sancito l’uscita dei nipponici dal mondiale, il mister Moriyasu è sceso in campo e si è inchinato davanti a una platea gremita di gente. Un gesto, questo, che parla di gratitudine, di rispetto e di gentilezza e che affonda le origini proprio nella cultura giapponese.
L’inchino, che prende il nome di Saikeirei, viene utilizzato nel Paese solo ed esclusivamente in rare e speciali occasioni, per scusarsi o per ringraziare qualcuno ed esprimere così il massimo rispetto per la persona davanti alla quale ci si inchina. Così facendo, l’allenatore Hajime Moriyasu, ha ringraziato non solo il pubblico presente, ma tutte le persone che hanno supportato e assistito alla competizione.
Quell’inchino, che all’apparenza può sembrare un gesto semplice, in realtà nasconde una grande lezione di vita, che parla di civiltà e di gratitudine, e che tutti dovremmo fare nostra. E il Giappone, con questo, ha dimostrato che si può vincere anche perdendo.