Ilaria Salis, chi è l’italiana in carcere a Budapest: la storia

"Mia figlia in carcere trattata come un cane", l'appello del padre di Giulia Salis e la storia della 39enne italiana detenuta a Budapest da un anno con l'accusa di aggressione

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Giorgia Prina

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39 anni, italiana e rinchiusa in un carcere di massima sicurezza a Budapest. L’accusa a Ilaria Salis è quella di aver aggredito due persone durante il Giorno dell’onore, l’evento a cui ogni anno accorrono gruppi e rappresentanti dell’estrema destra d’Europa. Ora, a quasi un anno di distanza (perché i fatti risalgono allo scorso 11 febbraio), il padre della ragazza, Roberto Salis, ha riportato l’occhio di bue ben puntato sulla vicenda, indirizzando un appello, affidato ad ANSA, direttamente alla premier Giorgia Meloni e ai ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio e ai presidenti di Camera e Senato. La sua richiesta: un tempestivo intervento del governo per la figlia, detenuta in carcere “in condizioni disumane”. Ma chi è Ilaria Salis e qual è la storia del suo arresto in seguito al quale rischia 16 anni di carcere?

Chi è Ilaria Salis

A fine novembre i legali di Ilaria Salis hanno presentato una lettera scritta dalla propria assistita dal carcere di Budapest, in cui è imprigionata in attesa di processo dopo le accuse di aggressione. I particolari della sua prigionia che emergono tracciano un contorno rivoltante delle condizioni in cui versa la 39enne milanese. Ilaria Salis viene infatti da Milano, in cui insegnava come maestra elementare. L’11 febbraio del 2023 si trovava a Budapest, in concomitanza con il Giorno dell’onore, l’evento a cui ogni anno accorrono gruppi e rappresentanti dell’estrema destra d’Europa. In quell’occasione fu colta in flagranza di reato mentre aggrediva tre partecipanti alla manifestazione neonazista. Da allora nessun passo avanti è stato fatto: Ilaria Salis si trova ancora in prigione in “condizioni disumane”.

Nel testo della lettera di Ilaria Salis letta dai suoi legali, la ragazza racconta le sue giornate: 23 ore su 24 in cella completamente chiusa, in spazi minimi (“inferiore a 3,5 metri quadrati”, parametro minimo indicato dalla Corte di Strasburgo), all’interno di una sezione mista. “Per più di sei mesi non ho potuto comunicare con la mia famiglia“, continua la 39enne, che, come riporta Il Corriere della Sera in un articolo del 30 novembre, segnala di essere stata interrogata “senza difensore e interprete”, e racconta la pratica di mettere ai detenuti, durante i trasferimenti per le udienze, “un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette; anche i piedi sono legati tra loro“, con “un’ulteriore manetta a un solo polso a cui è fissato un guinzaglio di cuoio”, tenuto all’altra estremità da un agente di scorta.

L’appello del padre

“Ci auguriamo che ci sia un’azione da parte del nostro governo e dei nostri canali diplomatici”. Così inizia l’appello del padre di Ilaria Salis, Roberto, all’ANSA. Una lettera che chiama direttamente in causa la premier Giorgia Meloni, i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio e i presidenti di Camera e Senato. Serve un intervento del governo che si ponga in contrasto alle “violazioni dei diritti umani” che la 39 sta subendo nel carcere a Budapest.

Ilaria Salis rischia una pena fino 16 anni, ben più pesante rispetto a quanto prevede il codice italiano per lesioni “guarite in 5 e in 8 giorni”. Nessuna risposta, per il momento, così come nessuna risposta, fa sapere il padre, era arrivata alle prime lettere, una inviata sempre a Meloni il 22 marzo e un’altra al ministero della Giustizia a dicembre per chiedere di agevolare la concessione di misure cautelari da scontare in Italia. “È inaccettabile che un cittadino possa ritrovarsi in una situazione così irreale – ha continuato il padre – e credo sia disarmante per un italiano sapere che, qualora si trovasse in una situazione così, non può contare neanche su una risposta”.