Pagati per andare via di casa: succede in Corea del Sud dove il ministero dell’uguaglianza di genere e della famiglia ha stanziato dei fondi da destinare ai giovani affinché escano dalle mura domestiche.“Basta mammoni?”. Forse, ma non solo, perché qui si tratta di un problema, nella maggioranza dei casi, ben più importante.
Si chiama, infatti, hikikomori ed è un termine che si riferisce a quelle persone che hanno deciso di non vivere in società ma isolate e confinate. Ed è un fenomeno che, numeri alla mano, in Corea del Sud è abbastanza grave, tanto da spingere la politica a prendere dei provvedimenti.
Stop al confinamento in casa, la decisione della Corea del Sud
Il termine giapponese hikikomori significa “stare in disparte” e non viene utilizzato solo per parlare di quelli che in Italia vengono definiti “mammoni”, ma anche per riferirsi a coloro che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi. Scelta di vita? Può darsi: i fattori che spingono a prendere questa decisione sono i più disparati, ma si tratta comunque di un fenomeno con numeri allarmanti. Quelli condivisi dal Korea Institute for Health and Social Affairs parlano di circa 338mila casi di hikikomori nella fascia di età che va dai 19 ai 39 anni. Dati preoccupanti se si aggiunge che il 40% di questi ha iniziato a isolarsi già durante l’adolescenza.
E quindi come convincere i giovani a uscire di casa? La Corea del sud corre ai ripari con uno stanziamento in denaro stabilito dal ministero dell’uguaglianza di genere e della famiglia. Nel dettaglio l’iniziativa prevede l’erogazione di 650mila won al mese (che ammontano a circa 440 euro) per coloro che ne fanno richiesta.
I beneficiari dell’operazione sono i giovani (ma anche i giovanissimi) di età compresa tra i 9 e i 24 anni e con reddito familiare inferiore ai 5,4 milioni di won (3650 euro). Allo stanziamento in denaro, poi, si va ad aggiungere anche un più ampio progetto che mira a sostenere i giovani nel reinserimento scolastico o lavorativo. Non manca il supporto sanitario, anche per coloro che – ad esempio – si vogliono sottoporre a interventi estetici per rimuovere cicatrici vistose, qualora fosse questo il motivo della rinuncia alla vita sociale.
Corea del Sud, il piano per i giovani spiegato
A spiegare il perché di questo piano indirizzato ai giovani è il ministero dell’uguaglianza di genere e della famiglia della Corea del Sud, ovvero il soggetto attuatore del progetto: “I giovani solitari possono avere una crescita fisica più lenta a causa della vita irregolare e della nutrizione squilibrata” – ha fatto sapere -, “e rischiano di affrontare difficoltà mentali come la depressione a causa della perdita di ruoli sociali e dell’adattamento ritardato”. Presupposti che vogliono chiarire anche l’importanza di quello che viene definito un “supporto attivo” indirizzato non solo a chi decide di allontanarsi dalla vita sociale, ma a tutti i giovani che hanno bisogno di aiuto.
Per queste ragioni il progetto non si limita a uno stanziamento in denaro, ma si declina su più livelli con il coinvolgimento di enti locali e il supporto di quelle realtà che possono avere a che fare con i giovani, come rifugi e centri di riabilitazione. Da non sottovalutare anche la volontà di potenziare i servizi che già ci sono per la diagnosi precoce delle fragilità psicologiche e le reti di sicurezza sociale.