Accensione caloriferi 2025, le date Regione per Regione

L'estate è finita, le temperature calano e questo vuol dire solo una cosa: è tempo di accendere caloriferi e riscaldamenti. Ma cosa dice la legge?

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Nicoletta Fersini

Giornalista, Content Editor, SEO Copywriter

Giornalista ed evocatrice di parole: appassionata di lifestyle, tv e attualità. Inguaribile curiosa, osserva il mondo. Spesso sorseggiando un calice di vino.

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L’estate è finita e, come ogni anni, è tempo di autunno, tisana e copertina. Le temperature in Italia sono già in calo e, inevitabilmente, c’è chi sta aspettando con ansia il fatidico momento in cui accendere i riscaldamenti, così da creare quel tepore necessario per sopravvivere alle giornate più dure. Ma attenzione, perché nel nostro Paese c’è una normativa ben precisa da rispettare per l’accensione dei caloriferi, pensata per limitare il consumo di gas e di conseguenza avere un minore impatto sull’ambiente, già abbastanza provato.

Cosa dice la legge

C’è una regola fondamentale che occorre conoscere: l’Italia è divisa in sei fasce climatiche (dalla A alla F) e ciascuna zona ha un calendario e un limite orario massimo ben definito per quanto riguarda l’accensione di caloriferi e riscaldamenti in generale (vale anche per quelli condominiali). Lo afferma il Decreto del Presidente della Repubblica n. 74 del 2013, che stabilisce i periodi di accensione e spegnimento in base ai cosiddetti “Gradi-Giorno (GG)”, valore che misura la severità climatica di un Comune.

Ciò significa che, a seconda della fascia di appartenenza, varia la lunghezza della stagione termica e l’uso massimo orario del riscaldamento. Il decreto stabilisce che l’attivazione dei caloriferi può avvenire tra il 15 ottobre e il 1° dicembre di ogni anno, in base alla zona climatica in cui si vive (le fasce di cui sopra), mentre lo spegnimento tra il 15 marzo e il 15 aprile. Ricordiamo che il decreto stabilisce altresì che si può impostare una temperatura massima di 20°C per abitazioni, uffici e scuole con una tolleranza di ± 2°C. La temperatura massima è di 18°C per edifici industriali e artigianali, sempre con tolleranza di ± 2°C.

Vale per tutti i Comuni d’Italia, ma esistono le eccezioni. Ogni singola amministrazione può, infatti, stabilire una variazione nelle date in caso di eventi eccezionali (se le temperature sono, ad esempio, particolarmente basse o al contrario se le stesse si innalzano inaspettatamente).

Le date in Italia, zona per zona

Come anticipato, il decreto suddivide le Regioni italiane in sei diverse zone, concepite basandosi sulle temperature medie registrate. Precisiamo che la classificazione è a livello comunale, dunque all’interno di una singola Regione (come Piemonte, Lombardia o Calabria) possono coesistere Comuni inclusi in zone climatiche diverse (aree costiere/pianeggianti/montane).

Le sei zone climatiche:

  • Zona A – dal 1° dicembre al 15 marzo – 6 ore;
  • Zona B – dal 1° dicembre al 31 marzo – 8 ore;
  • Zona C – dal 15 novembre al 31 marzo – 10 ore;
  • Zona D – dal 1° novembre al 15 aprile – 12 ore;
  • Zona E – dal 15 ottobre al 15 aprile – 14 ore;
  • Zona F – Nessuna limitazione.

Così si suddividono le Regioni (o meglio, i Comuni):

  • Zona F – Comprende i Comuni montani e alpini con clima molto rigido. Nessun capoluogo di Regione vi appartiene, ma molte località in Valle d’Aosta e Piemonte rientrano in questa fascia (es. Courmayeur, Livigno);
  • Zona E – Piemonte (Torino), Lombardia (Milano), Trentino-AA (Trento, Bolzano), Valle d’Aosta (Aosta), Friuli-VG (Trieste), Veneto (Venezia), Emilia-Romagna (Bologna), Abruzzo (L’Aquila), Molise (Campobasso), Basilicata (Potenza);
  • Zona D – Liguria (Genova), Toscana (Firenze), Umbria (Perugia), Marche (Ancona), Lazio (Roma);
  • Zona C – Campania (Napoli), Puglia (Bari), Calabria (Catanzaro);
  • Zona B – Sardegna (Cagliari);
  • Zona A – Sicilia (Palermo).