Movie Look Addicted: sui costumi di Mia Goth e Jacob Elordi nel nuovo Frankenstein di Netflix

Poesia, terrore e creazioni d'epoca si intrecciano sulla scena dando vita all'opera più coraggiosa di Guillermo del Toro: viaggio negli strabilianti costumi di Frankenstein

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Sara Iaccino

Beauty e Fashion Editor

Make-up artist e amante della scrittura, ha lavorato come Beauty e Fashion Editor per vari magazine con l'obiettivo di unire le sue passioni in una sola professione.

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Tra i titoli più attesi della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2025 e del Toronto Film Festival, distribuito in sole dieci sale italiane dallo scorso 22 ottobre, approda su Netflix il 7 novembre Frankenstein di Guillermo del Toro, nuovo attesissimo adattamento del rivoluzionario romanzo gotico di Mary Shelley.

Al centro delle vicende, ovviamente, la storia dell’arcinoto dottor Victor Frankenstein, moderno Prometeo che osa sfidare le leggi della natura e che tutt’oggi non smette di affascinare registi, attori, e spettatori di tutto il mondo.

A promettere faville è anche il cast stellare, in cui spiccano i nomi di Mia Goth, Oscar Isaac, Christoph Waltz e Jacob Elordi, trasformato attraverso interminabili sessioni di trucco nella spaventosa Creatura che dà il nome all’opera.

La storia che noi tutti già conosciamo è stata rielaborata attraverso la lente soprannaturale del regista, famoso per il suo singolare gusto horror-fiabesco e ricco di simbolismi; raccontataci stavolta arricchita da un’inedita estetica visionaria e poetica. A cooperare fortemente all’impatto visivo di quest’ultima dei memorabili costumi.

Frankenstein: gli incredibili costumi di Kate Hawley, tra poesia e terrore

Di curare i costumi del progetto se n’è occupata la leggendaria Kate Hawley, costumista affatto estranea agli allestimenti per blockbuster sensazionalistici: la professionista neozelandese collabora invero da anni con Guillermo del Toro, contribuendo in modo a dir poco essenziale a dare vita al suo mondo epico, malinconico ma profondamente umano.

Da Pacific Rim a Suicide Squad, con un intramezzo di incredibili pezzi d’epoca quali Crimson Peak — sempre di del Toro — e Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, per il quale è stata persino candidata ad un Emmy, davvero niente manca all’appello. Poteva non essere selezionata dall’amato cineasta messicano per quello che è senza dubbio il suo progetto più ambizioso e sbalorditivo sino ad oggi?

Ed ecco dunque raggiunto l’impossibile, con una clamorosa rivisitazione operistica del classico gotico di Mary Shelley materializzata sullo schermo a suon di opulenza e inquietudine: ogni dettaglio è stato costruito a mano presso la storica sartoria Peris Costumes, e con una dedizione artigianale rara per il cinema contemporaneo.

Si vede lo spericolato scienziato Victor Frankenstein, impersonato da Oscar Isaac, coperto da strati di velluto e gioielli sfavillanti. Elizabeth Lavenza, magistralmente interpretata da Mia Goth, con addosso alcuni degli abiti più straordinari che si siano mai visti, modelli da ballo in seta dipinti con arzigogolati decori abbinati a veli dai colori vividi, di una bellezza squillante, e poi copricapi piumati come fossero un’aureola.

Tra ventagli foderati in tulle, rari gioielli d’archivio ed un abito da sposa spettrale, entriamo un po’ più nel dettaglio.

Un tempo il nome “Frankenstein” difficilmente avrebbe evocato un’immaginario stilistico fatto di mastodontiche crinoline dalle stampe ispirate alla malachite e veli lunghi fino a terra color rosso corniola, ma grazie all’impareggiabile lavoro della vestiarista delle meraviglie — o degli incubi, dipende dai punti di vista — le cose sono cambiate per sempre.

Discostandosi in maniera importante dalla trama del rivoluzionario romanzo del 1818 di Mary Shelley, Del Toro ha deciso di ambientare la sua rilettura negli anni Cinquanta dell’Ottocento, con la guerra di Crimea sullo sfondo. Uno spostamento temporale che ha certo conferito una sensibilità più moderna alla storia, e che si è chiaramente riflesso anche sugli indumenti.

I costumi del Frankenstein di Netflix lasciano senza fiato, eppure non distraggono dalla storia ma la accompagnano con travolgente coerenza: in alcune sequenze colori ed abiti sono imponenti e importanti quanto la scena che descrivono, in altri, invece, si ritirano in secondo piano per permettere allo spettatore di non perdere di vista la trama.

Persino la tavolozza dei colori, ricorrente nel film, ha un ruolo fondamentale: ogni personaggio ha la sua, ma quella di Elizabeth continua a cambiare. È come un’incessante metamorfosi, in cui i suoi toni riflettono ciascuno degli altri protagonisti. Quando Victor la vede per la prima volta è quasi come un angelo, poi assume il rosso della bara di Claire nella scena del funerale. Tutto è atto ad evocare un senso di malinconia, memoria, a restituire un’atmosfera moderna ma dal tocco gotico.

È evidente che grande ispirazione è stata tratta dalle tavolozze di Caravaggio e Francis Bacon, tra verde smeraldo e rosso, precisamente quella splendida gradazione del rubino chiamata sangue di piccione: Victor porta al collo un fazzoletto di questo colore, così come i guanti e alcuni vestiti, e indossano il rosso anche le stesse Elizabeth e Claire Frankenstein, madre dello scienziato morta prematuramente.

Tra carisma e deleteria sicurezza, il moderno Prometeo di Oscar Isaac è un uomo che indossa la propria ossessione, maledetto e totalmente assorbito dalla creazione della sua opera più straordinaria: è proprio per questo che Kate Hawley lo veste come un dandy, un alchimista consumato dal genio e dal peccato. L’emblematico cappotto di velluto cremisi, quasi infiammato alla luce, è la pelle del personaggio, il suo cuore aperto che pulsa, si macchia e si scurisce fino a divenire nero. Non è un caso che la fodera interna, trapuntata in motivi concentrici, riprenda l’immagine di un cuore anatomico, facendosi metafora di questo concetto.

La Elizabeth Lavenza di Guillermo del Toro è invece delicatezza e forza che si incontrano. D’un eleganza decadente, il suo ruolo è duplice: musa e memoria, vivente e spettrale. Quest’idea è palesata dai veli che la avvolgono, dagli scenografici copricapi piumati che paiono voler evocare aureole attorno alla sua figura, dalle maniche impalpabili che sembrano dissolversi.

Cruciale è lo splendido abito di seta verde malachite che la ragazza indossa, per la cui realizzazione è stata impiegata una stoffa stampata con motivi che si rifanno allo scarabeo, simbolo della natura che respira: dettagli, crinoline e accessori sono degni di una collezione d’alta moda, così come suggeriscono i bottoni con le nappe dorate, l’elaborato interno del cappello rosso, le decorazioni sulla scollatura.

Il suo abito da sposa — omaggio diretto alla Sposa di Frankenstein del 1935, realizzato a quattro mani con Tiffany & Co. — è opulento e lugubre, la camicia da notte, semitrasparente, pare al contrario appartenere ad una collezione di Dior firmata John Galliano.

In chiffon e organza di seta tinti a mano, l’abito da ballo della protagonista è una delle creazioni in assoluto più impressionanti di questa reinterpretazione del classico: il blu cobalto che lo caratterizza, su strati sovrapposti ad effetto nuvola, vibra alla luce ed ogni più piccolo cristallo vi è stato cucito sopra singolarmente.

La Creatura, a cui è Jacob Elordi a prestare il volto, e letteralmente, nasce nuda e si ricostruisce attraverso gli abiti altrui, raccogliendo vite e ricordi, memoria e dolore. Ognuno di questi è come un frammento rubato, recuperato: camicie logore, gilet destrutturati, cuoio usurato dal tempo, tessuti diversi cuciti insieme, Kate Hawley ha costruito il guardaroba del mostro come un collage, di corpi.

Le cuciture sono sempre visibili, rigorosamente realizzate a mano con filo di lino per evocare le sue stesse suture anatomiche. Poi anche il costume evolve: la Creatura impara a vestirsi, a decidere , a cercare se stessa. Persino nelle sue vesti più umane, però, tutto resta come difettato per riflettere una figura elegante ma ferita, romantica e in rovina.

I gioielli di Tiffany & Co. in Frankenstein

Ad influenzare la palette scura, profonda, ricca e a tratti pittorica del film sono anche i gioielli, frutto di una collaborazione d’eccezione. Insomma, sin dalle prime scene emerse è apparso chiaro che ci saremmo trovati di fronte a qualcosa di straordinario, tant’è che mai prima d’ora Tiffany & Co. aveva concesso ad una produzione il privilegio di completare i propri costumi con dei gioielli d’epoca.

Nell’inestimabile collezione d’archivio si riconoscono chiaramente echi del mondo di Mary Shelley e del Secolo dei Lumi, ma anche del periodo vittoriano: stili del vecchio mondo e di quello nuovo si intrecciano, lasciando chi guarda a bocca aperta. Basti pensare che la collana con lo scarabeo blu che Elizabeth indossa è un pezzo unico di Louis Comfort Tiffany, risalente ai primi anni del Novecento. Un’opera per un’opera, insomma, certamente ben riposta.