Unire l’elettronica da club ad un un testo profondo, una scrittura semplice e immediatezza a suoni ricercati che ricordano correnti musicali europee d’avanguardia: tutto questo è il mondo di “Numeri primi”, l’album d’esordio di Hu, vero nome Federica Ferracuti, classe ’94 di Fermo, nelle Marche, che ha partecipato al recente Festival di Sanremo in gara con Highsnob con il brano “Abbi cura di te”.
Hu è in Italia tra le poche giovani donne che canta, scrive, suona e produce le sue canzoni e il suo universo musicale è davvero sconfinato. L’album è un percorso di accettazione di sé, di cura della propria persona, di non aver paura di mostrare anche le proprie differenze e anche la propria omosessualità.
In occasione dell’uscita di “Numeri primi”, DiLei ha chiacchierato con Hu delle sue influenze, del rapporto con Highsnob e della numerologia, alla quale l’artista è particolarmente legata.
11 marzo, 11 tracce.
Undici è il numero che mi ha fatto nascere, perché il mio compleanno cade l’11 aprile. La prima volta che sono andata a casa di Highsnob, ho scoperto che abitava in una via di Milano al civico 11. E poi il mio disco, la cui uscita era stata pianificata casualmente l’11 marzo, che era anche il giorno del compleanno di mio nonno materno. Che il disco avesse 11 tracce – invece – non è stato un caso. Tutti i miei album da ora in avanti ne avranno 11.
Credi molto nella simbologia?
Sì, in generale credo ci siano delle energie che ci circondano alle quali non possiamo essere indifferenti. Prima uno lo comprende e prima vive in connessione con il mondo.
Anche il tuo nome d’arte – Hu – deriva dalla mitologia, in particolare da quella egizia.
Gli Egizi storicamente erano legatissimi alla natura e alla numerologia. Sono sempre stata vicina a quella cultura, un po’ per curiosità e un po’ perché mi piace la matematica. E poi perché avevo scoperto questa divinità non personificata, che dava agli esseri umani la facoltà di pensiero e di parola. Mi sono innamorata di questo concetto, soprattutto perché Hu ha anche una forte assonanza con il pronome inglese “Chi”. Era il nome giusto per comunicare qualcosa.
Fra l’altro HU nella mitologia egizia è sempre associata a Sia, la potenza del sapere. Sono sempre insieme. E Sia è anche una grande cantautrice e interprete australiana…
Sono in Warner propria adesso, farò la richiesta per un feat (ride). Lei mi piace moltissimo, è un’autrice veramente incredibile con una storia assurda.
A parte Sia, con quali artisti internazionali ti piacerebbe collaborare?
Ho già degli obiettivi per il prossimo album sui quali sto meditando e lavorando. Sicuramente Fred Again, lo storico autore di Ed Sheeran, che adesso è uscito con il suo progetto personale. Poi amo Lady Gaga, un’artista con la A maiuscola: è una collaborazione impossibile, ma mi piace sognarla. Anche Mark Ronson, che è il mio produttore del cuore. Poi mi piacerebbe molto lavorare anche con Giolì & Assia, due artiste che si muovono molto nell’ambiente del clubbing. Nel prossimo album vorrei proprio viaggiare, conoscere nuove culture e avvicinarmi sempre di più al clubbing. Non a caso a fine anno voglio andare a New York.
Tornando alle collaborazione italiane, c’è quella con Highsnob, che vi ha portati sul palco dell’Ariston. Come vi siete conosciuti e com’è il vostro rapporto oltre a Sanremo?
Io e Mike abbiamo legato grazie alla musica. L’idea iniziale era di trovarci assieme e fare una sessione, ma poi fino a Sanremo il nostro percorso è stato sempre a distanza. Ad agosto mi è arrivata la prima bozza di “Abbi cura di te” e mi è subito sembrato che quel pezzo avesse qualcosa in più. A quel punto abbiamo iniziato a passare molto tempo in studio e da lì abbiamo umanamente legato molto, soprattutto in prossimità e durante il Festival. Highsnob è un grandissimo artista: molto originale e molto raro. Nonostante appartenga ad una scena musicale complicata, è riuscito a spiccare per le sua capacità di scrittura.
Quando parli di “scena musicale complicata” ti riferisci anche ai problemi di sessismo nel rap?
Sicuramente. Però credo che comunicare bene un problema, sia il modo migliore per iniziare a risolverlo. Quando si parla di certe tipologie di problematiche umane, ogni forma di estremismo crea confusione perché non mette in comunicazione le parti agli opposti. Invece, bisognerebbe sempre cercare un punto di congiunzione.
Ma secondo te, è un problema della musica o della società in cui viviamo?
La musica e l’arte sono uno specchio di ciò che vive la società, a partire dal ‘900. La differenza è che oggi, se pensiamo alla musica, tanti generi considerati di nicchia sono diventati il nuovo pop. Le persone sono molto più aperte ad ascoltare nuove forme di musica. E spero che questo sia anche un modo per comunicare le diversità che ci sono, io nel mio piccolo lo faccio ogni giorno. Del resto, se non lo facciamo noi, chi altro dovrebbe farlo?