Con Giorgia Surina abbiamo avuto una piacevolissima conversazione in cui ci ha raccontato di stare vivendo un periodo da “farfalle nello stomaco”, perché tante sono le cose che sta facendo e a cui tiene moltissimo. A cominciare dal nuovo podcast, Vita Futura, ideato da lei e da Vois, che lo ha prodotto, disponibile su tutte le principali piattaforme digitali in formato audio e video.
Ogni giovedì, Giorgia Surina ci accompagna in un racconto di cambiamento e rivoluzione, attraverso interviste calde, accoglienti e ispirazionali. Storie di trasformazioni che meritano di essere condivise, per dare coraggio, speranza e forza a chi vuole o si trova in un momento in cui la vita va stravolta.
Partiamo dal tuo nuovo progetto: il podcast Vita Futura. Come è nata l’idea?
L’idea nasce a ridosso del mio primo romanzo In due sarà più facile restare svegli. Quella era una storia inventata, di fantasia. Sentivo però l’esigenza di raccontare esperienze reali, in particolare interviste a donne single che avevano affrontato la PMA. Quando ho proposto il progetto a Vois, abbiamo sentito il bisogno di ampliare lo sguardo: la maternità è certamente un cambio vita enorme, ma non è l’unico. Così abbiamo scelto di raccontare i cambiamenti di vita in senso più ampio, quelli che arrivano inaspettati o che cerchiamo con determinazione. Da lì è nato Vita Futura. All’inizio si chiamava solo “Futura”, in riferimento alla futura mamma, e in omaggio alla bellissima canzone di Lucio Dalla, poi siamo arrivati a “Vita futura”, per dire che il cambiamento è la linfa di tutta un’esistenza.
Quelle del tuo podcast, sono storie di speranza, un modo per offrire esempi concreti a chi ascolta?
Assolutamente sì. Raccontiamo cambi di vita reali, che siano scelti o imposti dagli eventi. Possono nascere da un lutto, una malattia, un incidente o semplicemente dalla presa di coscienza della propria identità. Non sempre i cambiamenti sono voluti, ma ciò che conta è come reagiamo. Voglio che chi ascolta trovi ispirazione e forza, perché nessuna vita è perfetta: la differenza sta nel modo in cui affrontiamo ciò che accade.

Tra i tuoi ospiti ci sono nomi molto diversi, come Gianluca Gotto e Giusy Versace. Perché proprio loro?
Beh, non tutti hanno avuto un reale cambio di vita, anzi la maggior parte di noi preferisce restare nella proprio comfort zone. Per i miei ospiti è diverso. Gianluca ha lasciato la sua vita “sicura” per cercare la libertà altrove, scegliendo consapevolmente di ribaltare tutto. Giusy, invece, ha subito un cambiamento traumatico: un incidente le ha portato via entrambe le gambe. Da lì ha dovuto imparare a camminare di nuovo, fisicamente e metaforicamente. È diventata un esempio di resilienza potentissimo. Queste esperienze mostrano che il cambiamento non sempre è desiderato, ma può comunque portare nuova identità e nuove possibilità.
Nella terza puntata (il 18 settembre) c’è Kenta Suzuki. Cosa ti ha colpito di lui?
Kenta è speciale. L’ho conosciuto in Giappone, e la sua vita è un intreccio continuo di culture e trasformazioni. È venuto in Italia giovanissimo, ha dovuto ricominciare più volte a causa di problemi di salute e cambi di lavoro. Mi ha colpito il suo modo di affrontare le difficoltà con gentilezza e profondità, qualità tipiche della cultura giapponese. Porta con sé concetti preziosi come l’Ikigai, la ricerca del senso della vita, e il Kintsugi, l’arte di riparare le ceramiche rotte con l’oro. Una metafora potente: le crepe non sono una vergogna, ma un valore aggiunto. Lui stesso è la dimostrazione che dalle fratture della vita può nascere una bellezza nuova.

Anche tu, professionalmente, hai vissuto tante trasformazioni. Ti consideri protagonista di un cambio vita?
Non direi. Sapevo che scegliendo questo mestiere avrei avuto tante possibilità diverse: scrittrice, speaker radiofonica, attrice. Era già nella natura della mia scelta. Non considero le mie esperienze dei veri “cambi vita”, piuttosto diverse sfaccettature della stessa carriera.
A proposito di tv, hai avuto ruoli in fiction di grande successo, come Non dirlo al mio capo e Don Matteo, torneresti a recitare?
Sì, lo farei volentieri. Sono una persona curiosa, sempre alla ricerca di nuove sfide. Però ora mi sento attratta da territori ancora inesplorati. Finché avrò energia e fame di novità, preferisco buttarmi in esperienze che mi insegnino qualcosa di nuovo.
Ci sarà una seconda stagione di Vita Futura?
Lo spero davvero. Con il team si è creata una bellissima alchimia, e questo è fondamentale. Inoltre, ci piacerebbe moltissimo portare il progetto fuori dallo studio, organizzare incontri dal vivo con il pubblico. Credo che quella dimensione possa dare un respiro ancora più profondo alle storie.
Intanto stai lavorando anche a un nuovo romanzo. Di cosa parlerà?
È un progetto a cui tengo tantissimo. Sarà dedicato alla salute mentale. È un tema delicato, spesso ancora tabù, e voglio affrontarlo con rispetto. L’idea nasce da una storia vera che mi ha colpito profondamente. Sto studiando e facendo ricerca, perché non voglio scrivere in fretta: desidero che sia un libro capace di essere una carezza per chi vive certe difficoltà e un abbraccio per chi sta loro vicino. Come nel mio primo romanzo ho indagato la procreazione medicalmente assistita, qui voglio dare voce a un’altra realtà di cui si parla poco.
Qual è, allora, il tuo sogno nel cassetto?
Continuare a raccontare storie che lascino un segno, che possano ispirare e accompagnare le persone nelle loro trasformazioni. Che sia attraverso un libro, un podcast o un incontro dal vivo, il mio desiderio è questo: dare voce alla vita nelle sue infinite possibilità di cambiamento.