L’impiego dell’Intelligenza Artificiale è sempre più diffuso in tutti gli ambiti ma, per quanto spesso molto utile nel fornire soluzioni, non sempre i risultati sono quelli sperati. Il Dr. Paolo Santanchè, uno dei più importanti chirurghi plastici estetici italiani di fama internazionale, ne sottolinea i limiti, evidenziando i potenziali rischi, se impiegata in chirurgia estetica.
Intelligenza artificiale nella chirurgia estetica: cosa ne pensa?
Nell’estetica c’è quella componente umana che l’Intelligenza Artificiale non ha. Premetto che non sono mai stato favorevole alle simulazioni che un tempo si facevano coi programmi di grafica, sia perché nella mia esperienza tendono più a confondere il paziente che aiutarlo, perché bisogna saperle interpretare queste immagini, sia perché mi sembrano tecniche più per catturare l’attenzione e attrarre il paziente che per spiegargli come stanno le cose.
Con l’Intelligenza Artificiale hanno fatto un esperimento interessante, hanno cioè mixato dettagli di personaggi famosi che sono considerati bellissimi come Salma Hayek e Penelope Cruz. Il risultato di questa operazione è stata l’immagine di un volto perfetto ma assolutamente anonimo che mancava del fascino e dell’attrazione sia dell’una che dell’altra attrice.
Non dobbiamo dimenticare che la chirurgia estetica è un mezzo, non un fine, il cui obiettivo è arrivare alla soddisfazione del paziente. E questa non la si ottiene con l’intervento perfetto, ma con l’intervento adatto che si può eseguire solo comprendendo le motivazioni e le aspettative del paziente. Ovviamente questo implica che il chirurgo dedichi del tempo al paziente per poter ascoltare le sue esigenze, i suoi bisogni e quello che si aspetta dall’intervento.
Il naso perfetto non esiste, esiste il naso più adatto per il volto di quel paziente. Nell’esercizio della chirurgia estetica, utilizzata come medicina, cioè come forma di cura di un problema del paziente, non credo che l’Intelligenza Artificiale possa essere d’aiuto.
Quali sono i possibili rischi dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella chirurgia estetica?
Faccio sempre quest’esempio ai pazienti: quando sentite la vostra voce registrata, vi sembra la vostra voce? La risposta generalmente è no. La stessa cosa avviene per le immagini di sé. Il nostro cervello ci inganna quando dobbiamo fare delle autovalutazioni, nel senso che rielabora le nostre immagini, per cui non abbiamo mai una visione oggettiva di noi, non ci vediamo come ci vedono gli altri.
Quando ho iniziato io non c’erano nemmeno i computer. Si facevano delle fotografie ai pazienti e si modificava per esempio il naso con la matita. Ma il disegno che piaceva al paziente non era mai quello giusto, proprio per le difficoltà di autovalutazione. Per questo, sottoporre al paziente immagini elaborate con l’Intelligenza Artificiale è sempre un rischio, non riesce a scegliere correttamente per sé e la confusione viene aumentata. Da qui l’importanza, come dicevo prima, dell’ascolto da parte del medico di quelle che sono le sue esigenze e i suoi problemi.
Per me la chirurgia estetica deve essere finalizzata al benessere del paziente, cioè risolvere un problema. Correggere un difetto è il mezzo, non è il fine e in quanto medico devo impegnarmi a capire di cosa si tratta, non semplicemente eseguire un intervento perfetto. Per quanto l’Intelligenza Artificiale possa o potrà portare benefici in tutti i campi e in medicina fornire tutte le possibili diagnosi di alcuni sintomi e consentire che nessuna possibilità diagnostica venga trascurata, ho delle perplessità sul suo utilizzo nella chirurgia estetica. L’Intelligenza Artificiale infatti restituisce immagini senz’anima.
Quindi un altro rischio legato all’impiego della Intelligenza Artificiale è l’omologazione, giusto?
È come ragionare sui filtri. Le immagini filtrate sono molto standardizzate, le facce sono tutte uguali: labbroni, zigomi pronunciati e nasino. Ci siamo dati tanto da fare per superare la chirurgia estetica degli anni Settanta, dove tutte le forme erano uguali, abbiamo studiato e insistito tanto sulla personalizzazione del risultato, la differenziazione e adesso sembra che stiamo facendo passi indietro con queste tecniche.
L’impiego dell’Intelligenza Artificiale è già diffuso in chirurgia estetica?
No, non è molto diffuso. Né per altro è quasi mai richiesta dal paziente una simulazione con l’AI. Finché l’Intelligenza Artificiale non sarà in grado di scandagliare la mente del paziente, ma si limita a rielaborare delle immagini, i risultati che ottiene non sono soddisfacenti. In più, le foto non dicono nulla sulla qualità dei tessuti, il tono, lo spessore. Ma questi sono elementi che il chirurgo durante la visita deve valutare. Dobbiamo sempre tenere conto che in chirurgia abbiamo a che fare coi tessuti, con la reattività del paziente. Quindi non è solo quello che fa il chirurgo che dà risultato, ma c’è una percentuale di reattività legata ai tessuti del paziente che non è matematicamente prevedibile, per cui abbiamo sempre un certo margine di errore.
Al momento non sono un fautore dell’Intelligenza Artificiale nella chirurgia estetica. Quest’ultima per me è un perfetto connubio di arte e psicologia, la tecnica è solo poi la conseguenza. Ma alla base della ricerca, diciamo del risultato ideale, c’è proprio la conoscenza e lo studio del paziente a cui il chirurgo estetico deve prima dell’intervento dedicare tutto il tempo necessario. L’Intelligenza Artificiale è fredda, astratta e impersonale. Tutte le persone che consideriamo belle hanno dei difetti, ma questi cosiddetti difetti armonizzati tra di loro creano un’alchimia che dà quel risultato. Togliendo quei difetti viene meno l’espressione. La bellezza non è perfezione. Nella chirurgia estetica non dobbiamo ricercare la bellezza e la perfezione ma l’armonia e questo l’Intelligenza Artificiale non è ancora in grado di farlo.