L’accumulo di oggetti e di animali è una malattia seria

Case invivibili, situazioni al limite. Succede in molte città. Abbiamo parlato con gli specialisti del Comune di Milano di accumulo compulsivo

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Alessandra Del Re

Giornalista esperta di Costume&Società

Scrive per necessità e passione. Ama le storie degli altri, famosi e non, leggerle e raccontarle

Quando contattiamo Giovanni Armando Costa, Tecnico della Prevenzione della SC Igiene e Sanità Pubblica (Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria) della ATS Città Metropolitana di Milano, ha appena fatto un intervento: «Una casa di proprietà, una bella abitazione, ma devastata. La segnalazione arriva dal fratello di questa signora, che è inciampata nelle cianfrusaglie che aveva in casa e si è slogata la caviglia, finendo in ospedale. Da lì è venuto fuori lo stato di accumulo compulsivo in cui viveva la signora», ci racconta. L’accumulo seriale, che abbiamo imparato a conoscere a livello mediatico da varie trasmissioni che negli anni hanno messo in luce il problema, è una vera e propria patologia. Il signor Costa, che lavora nel capoluogo lombardo, ci spiega che negli anni è cresciuta la consapevolezza del problema: «Molte volte sono i familiari stessi, figli, fratelli, congiunti in generale a segnalarci le casistiche».

Precisiamo che non si tratta della semplice “mania” di collezionare oggetti, ma di una malattia vera e propria
Esatto. Riempire gli spazi abitativi nell’accumulatore compulsivo diventa una necessità, che va a compromettere la vita di tutti i giorni. Laddove non si riesce più a utilizzare un servizio igienico, scaldare una minestra, dormire in un letto perché le stanze sono impraticabili, dove c’è puzza, sporco, insetti, siamo in presenza di una malattia. Lo spiego così: l’accumulatore non riesce ad abbandonare nulla, neppure i rifiuti, perché secondo lui tutto può servire.

Partendo dalla segnalazione del caso, come si procede all’intervento dalla parte delle autorità?
In primis dico che la cosa migliore che si può fare quando si è a conoscenza di una persona che vive una condizione di questo tipo, non è chiudere un occhio ma segnalare. Ci sono tanti enti con cui interfacciarsi: il primo è il comune. In una città come Milano c’è un ufficio apposito che è l’Ufficio igiene per l’abitato; poi ci sono le aziende sanitarie, ATS o ASL; la polizia locale, che sempre nel caso di Milano fa migliaia di interventi con il suo Nucleo Emergenze Sociali; nel caso di accumulo di animali c’è anche il Nucleo tutela animali.

Già, perché a volte l’accumulo non riguarda solo oggetti, ma a volte anche animali
Si chiama animal hoarding il disturbo da accumulo di animali, ed è facile pensare alle conseguenze: animali non accuditi in casa significa ritrovarsi feci ovunque. Le racconto il caso di un’insegnante, che mi è stata descritta come una persona pulita e ordinata fino al momento della pensione. Una donna dedita al suo lavoro, che ha sempre seguito molto bene i suoi alunni. Dopodiché smette di lavorare e inizia a raccogliere cani e gatti in casa. Nella camera da letto dove dormiva c’era un odore fortissimo, causato dalle numerose ciotole di cibo per gli animali sparse ovunque. A quello si aggiungeva la puzza delle lettiere. Gli escrementi contaminavano tutti i locali, letto e cucina compresi. E ovunque polvere, ragnatele, tapparelle abbassate perché spesso queste persone vivono al buio. In questo caso la signora in questione è come stata risvegliata dal torpore in cui si trovava grazie a questo intervento. A distanza di un mese e mezzo, nel corso del sopralluogo abbiamo trovato la casa era pulita e lei ha ripreso in mano la sua vita. Tendenzialmente i casi di accumulo di animali riguardano più le donne e in base alla mia esperienza le posso dire che molte sono donne senza figli.

Il pensiero che c’è dietro sembra essere: “Mi lego agli oggetti perché a differenza delle persone non mi abbandoneranno mai”. Idem gli animali
Corretto. E come per gli oggetti, l’attaccamento sviluppato per gli animali diventa desiderio di averne un numero sempre maggiore. Si raccolgono i trovatelli. Queste persone vedono gli animali come esseri indifesi a cui devono salvare la vita. Alcuni si sentono “i salvatori di tutti gli animali” ma finisce che non agiscono realmente per il bene dell’animale. Quando si accoglie un cane o un gatto in casa bisognerebbe innanzitutto valutare se l’ambiente in cui viviamo è adatto a ospitarlo. Se possiamo garantirgli pulizia, salute, tempo oltre che cibo. In base alla mia esperienza posso dire che la pandemia, con l’esclusione dalla vita sociale, ha fatto aumentare entrambe i casi di accumulo, oggetti e animali.

Ma torniamo all’iter dell’intervento. Dopo aver il primo sopralluogo, cosa si fa?
La prassi dopo la segnalazione prevede l’accertamento fatto da pubblici ufficiali. Riscontrata l’emergenza sanitaria ci si rivolge al sindaco che firma una proposta di ordinanza per risanare l’appartamento. L’interessato ha un certo numero di giorni per sanare la casa, con l’aiuto di parenti, amici, assistenti sociali. In mancanza di un intervento adeguato di pulizia, si può arrivare allo sgombero per fare una disinfestazione.

Per approfondire meglio il problema dell’animal hoarding, abbiamo contattato un altro esperto: il dottor Maurizio Barberis, Direttore veterinario della SC Igiene Urbana di ATS Città Metropolitana di Milano: «Tendenzialmente riceviamo segnalazioni dai vicini di casa, che sentono odori forti, nauseabondi, e chiamano l’Ufficio di Igiene. A sua volta questo coinvolge il Dipartimento Veterinario dell’Agenzia. A volte le chiamate arrivano dalla famiglia stessa del soggetto, che non riuscendo a risolvere la situazione chiede aiuto alle autorità. L’intervento viene fatto con la presenza del Veterinario Ufficiale, a volte congiunto con l’Ufficio Igiene e la polizia locale. Il lavoro sugli accumulatori di animali va fatto con molte figure diverse, ciascuna specializzata nel suo campo».

Cosa vi trovate davanti agli occhi quando fate questi interventi?
Nella mia esperienza ho visto sia casi di persone che accumulavano animali, sia animali e insieme oggetti, con stanze piene di materiali vari e immondizia. In questo caso per noi la situazione è ancora più difficile perché recuperare gli animali in una casa stipata di oggetti è davvero molto difficoltosa: i gatti – perché è di gatti che di solito si parla – scappano e si nascondono. Si trovano feci in giro per la casa, in quantità impressionanti. L’urina poi provoca un odore di ammoniaca così pungente da risultare addirittura nocivo per l’accumulatore stesso. Purtroppo generalmente queste persone non aprono quasi mai le finestre, al punto che si fa fatica ad entrare in queste case talmente l’aria è malsana. Se si tratta di cani, non sono portati fuori. E per i gatti le lettiere sono sempre in numero insufficiente, se non addirittura inesistenti.

I casi riguardano quindi per lo più gatti, quindi. Ma di quanti gatti parliamo?
Nell’ultimo intervento i felini erano 65, una situazione  impressionante. La media non è meno di 30/40 gatti. Nel regolamento del Comune di Milano si possono tenere fino a 10 gatti, ovviamente devono vivere nelle adeguate condizioni igieniche e sanitarie. E invece gli animali degli accumulatori sono normalmente molto magri perché denutriti e disidratati, e questo comporta un abbassamento delle difese immunitarie. Sono letargici, apatici, ed è raro che non siano malati. La promiscuità facilita le malattie batteriche e parassitarie e i parassiti risultano pericolosi anche per all’accumulatore. Parliamo di gatti per lo più non sterilizzati che quindi si riproducono. Quindi l’accumulatore non deve neppure fare la fatica di andare alla ricerca di randagi o annunci di persone che li regalano, perché si moltiplicano naturalmente nella sua abitazione.

Ricordiamo quanti cuccioli può fare una gatta e con che frequenza?
Normalmente la gestazione della gatta dura due mesi e una o due volte l’anno c’è la possibilità di avere dai cinque ai sette cuccioli; che a loro volta dopo 8 mesi sono in grado di riprodursi. Il numero aumenta in modo impressionante. Mediamente le situazioni che si vanno a incontrare sono queste. Quello che facciamo noi è lasciare alla persona in questione un numero limitato di gatti, sterilizzati. Il soggetto va seguito poi dal punto di vista psicologico e psichiatrico perché il rischio di recidiva è sempre molto alto, sul 90%. Difficile risolvere la situazione in breve. Non entro nel merito psicologico umano, ma qui senza rendersene conto provocano una notevole sofferenza in questi animali. Maltrattamenti che possono arrivare alla denuncia penale.

Un maltrattamenti inconsapevole
Nella loro testa fanno esattamente il contrario: salvano gli animali. Ma nella realtà fanno il contrario, li maltrattano. Se non dai spazio, cibo, acqua, condizioni igieniche adeguate, senza cure, levi a cani e gatti tutti i principi fondamentali del buon vivere.

Anche se più raro, si verificano anche casi di accumulo di cani?
Posso citare un caso in particolare di due sorelle, due ricche nobildonne che avevano un enorme appartamento in Piazza Castello a Milano, pieno di cani. Un centinaio di cani.

Un centinaio?
Sì, esatto, ha capito bene. Se fa una ricerca online, può trovare la loro storia.

Che fine fanno questi animali, una volta accertato lo stato in cui vivono?
L’ATS ha il compito istituzionale di ricoverare gli animali nei canili sanitari. Vengono fatte una serie di visite generali, apportate le terapie e le cure necessarie. Poi una volta che l’animale è in condizioni di essere adottato perché non ha più malattie, si passa ai canili rifugio. Quindi si cerca di recuperare gli animali dal punto di vista fisico, poi di farli adottare. All’accumulatore lasciamo un numero adeguato di animali da poter accudire, sterilizzati, nella speranza che questo possa essere sufficiente per non farlo ripiombare nell’accumulo.

A quanti casi assiste all’anno?
Di media 4 o 5 . E circa un paio che riguardano numeri spaventosi come quelli sopracitati dei 60 gatti.

Ci aiuta a inquadrare il profilo dell’accumulatore di animali?
La letteratura indica come soggetto donne over 60, sole, che hanno subito traumi come la morte di una persona cara o la perdita del lavoro. E dalla mia esperienza posso dirle che quasi sempre i casi riguardano casi di signore oltre i 50 anni in condizioni fisiche e psicologiche precarie.