Le donne in politica non hanno mai avuto vita facile (come del resto anche in altri settori), ma negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando. E questo anche grazie al contributo dei Paesi del Nord Europa, da sempre avanti riguardo ai diritti civili, in cui spiccano governi femmini, che si affiancano alla consolidata leadership di Angela Merkel in Germania.
Ultima in ordine di tempo, Kaja Kallas, leader dell’opposizione in Estonia, chiamata a formare un nuovo governo dopo le dimissioni dell’attuale primo ministro Juri Ratas, travolto da un caso di sospetta corruzione che ha fatto cadere l’intera coalizione.
Se il Parlamento dovesse approvare il cambio al vertice, la 43enne leader del partito riformista sarebbe la prima donna a capo del governo nel Paese: un’ipotesi piuttosto plausibile e che la vedrebbe inserirsi in un contesto politico sempre più “rosa” per i Paesi del Nord Europa.
La Kallas si andrebbe ad affiancare, infatti, alle altre leader dell’Unione Europea a capo di un governo che attualmente non sono poche. La vicina Finlandia ha eletto nel dicembre 2019 Sanna Marin, la più giovane politica alla guida di uno Stato dell’UE, che a sua volta ha nominato diverse ministre (tanto da essere criticata per una sorta di discriminazione al contrario nei confronti degli uomini).
Angela Merkel è la cancelliera della Germania dal 2005, cioè da ben 16 anni, diventando la prima donna a ricoprire la carica nel suo Paese e la seconda alla guida del G8 dopo Margaret Tatcher ed è considerata da Forbes la “donna più potente del mondo”.
Altri Paesi europei a conduzione femminile sono Belgio (Sophie Wilmès), Danimarca (Mette Frederiksen), Islanda (Katrìn Jakobsdòttir), Lituania (Ingrida Šimonytė) e Norvegia (Erna Solberg).
Quello che salta subito all’occhio è che tutti questi Stati siano nordeuropei, ma che un cambiamento sia in atto è evidente anche altrove: in Francia e Spagna, per esempio, i governi vedono una prevalenza di ministre rispetto ai ministri.
In Italia la strada sembra ancora lunga. Da un punto di vista politico ha fatto storia la nomina di Nilde Iotti nel 1979 come Presidente della Camera, ruolo che ha ricoperto per ben tre mandati, fino al 1992, ma sembra improbabile l’ipotesi che una donna possa diventare premier, perlomeno nel breve periodo.
Il nostro Paese solo recentemente ha imposto norme per il riconoscimento di pari diritti tra donne e uomini, non solo in politica, ma anche all’interno di enti pubblici e privati. Nel 2003 si è ritenuto di dover riformare la Costituzione, che all’articolo 51 ora recita: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
Nel 2012, dopo il fallimento della legge sulle “quote rosa” nel 2006, sono state approvate nuove norme che obbligano gli enti locali a promuovere la parità. Già il fatto che sia necessario imporre delle regole per far sì che le donne siano rappresentate la dice lunga sullo stato di salute del nostro Paese riguardo questo genere di tematiche. In questi ultimi giorni, per esempio, non sono mancate le polemiche dopo la conferenza stampa con la quale Matteo Renzi ha annunciato l’uscita di Italia Viva dalla maggioranza di governo con il ritiro delle sue due ministre: secondo molti, l’ex premier avrebbe dovuto lasciar spazio a Teresa Bellanova ed Elena Bonetti per dar loro la possibilità di spiegare le ragioni di quella scelta.
Non stupisce dunque il fatto che secondo il Women, Peace and Security Index, il rapporto del Georgetown Institute for Women, Peace and Security che analizza la condizione delle donne nel mondo, l’Italia si troverebbe al 28esimo posto su 167 nazioni, ultima tra i Paesi del G8. Al primo posto l’indice individua come stato virtuoso la Norvegia, seguita da Svizzera, Danimarca e Finlandia. Completano la Top10 Islanda, Austria, Regno Unito, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia.
Nel mondo si è parlato tanto dell’elezione di Jacinda Ardern come primo ministro neozelandese. La 40enne leader del Partito Laburista negli anni ha dovuto sopportare una serie infinita di domande inopportune, tra cui quella in cui – appena eletta – le veniva chiesto se avesse intenzione di avere figli e alla quale rispose con fermezza: “È davvero inaccettabile nel 2017 sostenere che le donne debbano rispondere a questa domanda sul posto di lavoro. È una decisione che spetta alla donna quando avere figli, non deve avere conseguenze sul fatto di ottenere o meno un lavoro”. Per la cronaca: la Arden ha avuto una bambina un anno dopo, Neve, che non le ha impedito di svolgere il suo ruolo con impegno e passione e, anzi, le ha offerto nuovi spunti di riflessione.
“Quel periodo in cui portavo Neve nel marsupio e avevamo borse con pannolini e cambi e intanto prendevo aerei e leggevo documenti è stato faticoso. Mi ha dato però l’esperienza di tutte le altre donne divise fra lavoro e famiglia. È una cosa che stata fondamentale per fare poi il mio lavoro al governo”, ha dichiarato nel 2019.
Recentemente in molti avevano sperato in una possibile candidatura di Michelle Obama alle presidenziali americane. Ipotesi che non è mai stata davvero concreta, vista la netta posizione dell’ex First Lady. Con l’ingresso di Joe Biden in campagna elettorale le speranze sono state riposte in Kamala Harris, che è riuscita a dare la spinta decisiva per la vittoria dei democratici. La neoeletta vicepresidente degli Stati Uniti d’America, ha conquistato tutti e il suo discorso il giorno della conferma del trionfo su Donald Trump è entrato nella storia: “Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima, perché ogni bambina che guarda stasera vede che questo è un paese di possibilità. E ai bambini del nostro Paese, indipendentemente dal vostro genere, il nostro Paese vi ha inviato un messaggio chiaro: sognate con ambizione, guidate con convinzione e guardatevi in un modo che gli altri non possono vedere, semplicemente perché non l’hanno mai visto prima, ma sappiate che vi applaudiremo ad ogni passo”.
Un messaggio di forza, speranza e caparbietà che ha riecheggiato in tutto il mondo e che speriamo possa ispirare più donne a farsi avanti, a farsi valere e manifestare le proprie idee, in ogni ambito.