Totò, l’indimenticabile principe della risata dal cuore d’oro

C'era una volta Antonio De Curtis, in arte Totò. Un artista straordinario, una leggenda e un uomo dal grande cuore. Questa è la sua storia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Rìdere –  Manifestare un sentimento di allegrezza spontanea, viva e per lo più improvvisa, mediante una tipica modificazione del ritmo respiratorio e variazione della mimica facciale (Vocabolario Treccani)

Far ridere è una vera e propria arte, tutti ne subiscono il fascino. Per molti è un esercizio di stile quotidiano, per altri è una vera e propria dote naturale. Come quella appartenuta ad Antonio De Curtis in arte Totò.

Non solo attore e artista, ma il principe della risata, uno dei più grandi e importanti interpreti della storia del teatro e del cinema italiano. Proprio lui, con la sua storia e il suo talento, a distanza di anni ancora riesce a divertire, emozionare e affascinare con i suoi personaggi indimenticabili, iconici, con quell’arte che è diventata leggenda.

Un’infanzia trascorsa tra gli stenti

Nasce il 15 febbraio del 1898 a Napoli, Antonio. È “figlio” del Rione Sanità e della relazione tra una siciliana di umili origini, Anna Clemente, e un marchese spiantato, Giuseppe de Curtis che decide di non riconoscerlo. Il piccolo Totò, il nomignolo con cui lo chiama mamma Anna, trascorre la sua infanzia tra le cure e l’affetto della nonna nell’appartamento di Via Santa Maria Antesaecula al civico 109, che verrà poi riconosciuto come casa storica del futuro principe della risata,  facendosi notare per la sua vivacità soprattutto a scuola.

Totò è uno studente svogliato che a fatica, e dietro l’insistenza della madre, frequenta le lezioni. È un bambino solitario e malinconico, si sente incompreso Antonio, soprattutto tra i banchi di scuola dove la concentrazione verso lo studio viene soppiantata dall’interesse per l’arte.

In quarta elementare viene retrocesso in terza, ma questo non è un problema per lui, anzi. Totò diventa la maschera della sua classe, un bambino con un talento, ancora non riconosciuto, per la risata, per le smorfie e per le battute. È anche un attento osservatore: ai libri di scuola preferisce l’osservazione delle persone, soprattutto quelle eccentriche e stravaganti, delle quali imita le movenze.

A 14 anni decide di lasciare gli studi per dedicarsi alla sua grande passione: il teatro. Tra uno spettacolo e l’altro, scoppia la Grande Guerra e anche in questo caso Totò dimostra la sua insofferenza alle regole. Arruolato nel Regio Esercito, prima a Pisa e poi a Pescia, trascorre la leva in ospedale tra malattie vere e inventate.

Non sopporta il rigore e la disciplina, Totò, così alla fine decide di abbandonare l’idea di diventare un ufficiale di marina e torna a dedicarsi alla grande passione mai dimenticata. Il teatro diventa una vocazione: viene scritturato da Eduardo D’Acierno e debutta alla Sala Napoli. Ora tutti conoscono Antonio in città.

Il successo travolgente

Terminata la Grande Guerra Totò può ritornare a calcare i palcoscenici: la sua bravura non passa inosservata. Diventa così, in poco tempo, richiesto e famoso. Alla felicità di quel successo in teatro si accompagna anche quella di un avvenimento tanto atteso quanto sperato: i suoi genitori decidono di sposarsi e suggellano quel patto il 24 febbraio del 1921.

Sarà solo nel 1928, però, che il padre deciderà di riconoscerlo, un gesto liberatorio per Totò che finalmente può cancellare per sempre la dicitura “N.N” dal suo certificato di nascita e dalla sua vita.

Nel 1922, con tutta la famiglia, si trasferisce a Roma. È un nuovo inizio per lui, quello giusto. Ma le cose non sono semplici. Totò, dopo una collaborazione con Umberto Capece, resta senza lavoro. Questo lo getta nello sconforto più totale: si sente vivo solo quando recita. Così inizia a esibirsi in piccoli locali con scene di varietà fino a farsi conoscere al Teatro Ambra Jovinelli dove inizia a lavorare.

Il pubblico ride e lo acclama, ma il compenso è ancora troppo basso per quello stile di vita che brama. Totò, infatti, è un esteta: ama gli abiti eleganti e lo stile raffinato, quello che poi contraddistinguerà sempre il suo personaggio e la sua persona. Alla fine, con tenacia e caparbietà, l’artista riesce a ottenere ciò che aveva sempre desiderato.

La sua carriera da attore decolla definitivamente e quel passato di stenti e rinunce è sempre più lontano. Ormai è un uomo benestante, ma non dimentica da dove è venuto. Il suo cuore grande e generoso non lo dimostra solo quando dona tutto sé stesso sul palco, ma anche nel quotidiano.

Si racconta, infatti, che Totò, si fa spesso accompagnare dal suo autista di notte in Via Santa Maria Antesaecula, dove è cresciuto, per distribuire i soldi sotto le porte delle case agli altri, a chi ne ha bisogno.

Era veramente un gran signore, generoso, anzi, generosissimo. Arrivava al punto di uscire di casa con un bel po’ di soldi in tasca per darli a chi ne aveva bisogno e comunque, a chi glieli chiedeva. (Vittoria De Sica su Totò)

Il successo sul lavoro, però, non soddisfa pienamente l’artista, almeno non il suo cuore. Sono tante le amanti di Totò, ma nessuna riesce a conquistarlo per davvero, nessuna tranne lei: Liliana Castagnola. Cantante e soubrette, nonché protagonista delle cronache mondane, attira subito l’interesse di Totò.

Lui la corteggia, in maniera plateale, con mazzi di rose e biglietti: scoppia l’amore e i due fanno coppia fissa. Ma neanche questa relazione è capace di silenziare l’insoddisfazione sentimentale del principe. Lei lo ama, sinceramente e autenticamente come forse non ha fatto prima, lui invece è geloso della sua bellezza, è intollerante nei confronti dei corteggiatori della cantante e delle sue lunghe assenze a causa delle tournée.

I litigi diventano all’ordine del giorno e la relazione pian piano si consuma fino a quando lui decide di accettare un lavoro che lo porta lontano da lei. Liliana non sopporta di stare lontana dal suo amato e così, in un gesto disperato, si suicida.

L’amore tornerà a bussare alla porta del comico però, portato da Diana Rogliani. Proprio con la ragazza, più giovane di lui, avrà una figlia, l’unica, il 10 maggio del 1933 che chiamerà Liliana, in onore del suo vecchio amore.

Totò con sua figlia Liliana
Fonte: Mondadori Portfolio via Getty Images
Totò con sua figlia Liliana

L’amore per la risata durato fino alla fine

Gli anni passano e la carriera procede in maniera spedita. Cinema, teatro, canzoni, poesie e, ancora, copioni improvvisati che lasciano il segno: scoppia la Totò-mania. L’artista viene incoronandolo il principe incontrastato della risata, ma nella vita privata deve affrontare momenti difficili. Nel 1938 perde la vista dell’occhio sinistro e il matrimonio con Diana Rogliani naufraga a causa dei continui tradimenti del comico.

Amante delle donne, Antonio De Curtis, incontrerà solo nel 1952 la persona che gli sarà accanto per il resto della vita: Franca Faldini. Con l’attrice vive una favola d’amore: lei è la sua spalla e il suo supporto, anche e soprattutto nei momenti più difficili come nel 1957 quando Totò viene colpito da una grave forma di corioretinite emorragica che gli riduce ulteriormente la vista. Ma non la voglia di recitare, di far ridere e di cimentarsi con la poesia.

La passione e la dedizione per la recitazione e la comicità continueranno a essere le sue compagne per il resto dei suoi giorni, almeno fino a quando il cuore generoso di Antonio De Curtis deciderà di fermarsi. Nella notte del 15 aprile del 1967 il principe della risata muore lasciando un vuoto profondo e incolmabile.

Ma Totò, irriverente e geniale, befferà a modo suo anche la morte. Con la sua eredità, con la sua grande arte, con la sua storia che oggi vive e rivive nelle pellicole (più di 100), nei racconti delle persone e tra le strade di Napoli.

Amico mio, questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi, la tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli, che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l’hai onorata. Perché non l’hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l’avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l’allegria di un’ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico è qui, ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l’ultimo “esaurito” della sua carriera, e tu, tu maestro del buonumore questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio, Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò. (Nino Taranto durante i funerali di Totò)

Totò
Fonte: Archivio Cameraphoto Epoche/Getty Image
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