Settimia Spizzichino e il suo coraggio di ricordare

Settimia Spizzichino è stata l’unica sopravvissuta tra le donne rastrellate e deportate dal Ghetto di Roma ad Auschwitz il 16 ottobre 1943. Questa è la sua storia

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 12 Settembre 2020 10:06Aggiornato: 20 Marzo 2024 15:47

Chiunque ha attraversato Roma, e più precisamente il quartiere Ostiense, avrà sicuramente notato quel grandissimo ponte che sovrappassa la linea ferroviaria progettato da Francesco del Tosto. Al di là della sua importanza architettonica, a renderlo unico è il suo valore storico perché quello è il ponte dedicato a Settimia Spizzichino, una donna che non si può dimenticare.

Chi era Settimia Spizzichino

Nata nella capitale il 15 aprile del 1921, a lei va il merito di aver avuto il coraggio di ricordare; Settimia è l’unica sopravvissuta tra le donne deportate dal Ghetto del 16 ottobre 1943. “Di mille persone solo 16 fecero ritorno“, si legge sulla targa posta a memoria in via Della Lungara a Roma.

Aveva appena 22 anni quando è stata catturata insieme alla sua famiglia. Riuscì a salvare una delle sue sorelle e due nipotine: «Lei non c’entra, è la donna di servizio. Lasciate che se ne vada con le sue bambine», disse all’ufficiale tedesco. Quel giorno è iniziato il suo viaggio: la destinazione di Settimia era l’inferno, conosciuto allora come Auschwitz-Birkenau.

Superò una prima selezione: la sua vita non finì nelle camere a gas come successe a sua madre e a sua sorella, ma il suo destino non era neanche quello del lavoro coatto. La donna fu portata al blocco 10 del campo, nel laboratorio di Josef Mengele, il luogo dove qualsiasi esperimento sugli esseri umani era permesso.

“Scelta” come cavia umana, Settimia superò la scabbia, il tifo e tutte le altre malattie iniettate per sperimentare nuove cure, sotto gli occhi di chi credeva che non ce l’avrebbe mai fatta. Ma lei, coraggiosa e indomita, ce l’ha fatta eccome.

La voce della memoria

È sopravvissuta alla marcia della morte e alle fucilazioni di massa nascondendosi tra i cadaveri fino a risentire sulla pelle il calore del sole di primavera quel 15 aprile, quando venne liberata proprio nel giorno del suo compleanno.

Dopo il ritorno a Roma, Settimia Spizzichino si frenò nei racconti per pudore, del resto come la si può biasimare? In quei luoghi oscuri nessuno vorrebbe mai tornare, neanche con la mente. Poi, con lo stesso coraggio e la tenacia che l’hanno tenuta in vita, ha scelto di raccontare e non solo: è diventata un’instancabile testimone di quei giorni. Lei doveva diventare la voce della Shoah e della memoria.

Ai media, alle scuole e alle persone, Settimia raccontò la sua storia, ogni giorno e tutti i giorni, anche davanti alle telecamere. Fece ritorno ad Auschwitz più volte, perché lei della sua vita voleva ricordare tutto, anche i giorni più bui. Mai per ottenere un riconoscimento o un risarcimento però, lo sapeva bene che niente e nessuno le avrebbe restituito tutto ciò che aveva perso. Lo fece sempre per parlare di una storia che non può essere dimenticata. Né ieri, né mai.

Settimia Spizzichino morì nel 2000 nella sua Roma. Ma la sua storia rivive ancora nelle sue parole, nei suoi racconti e nei ricordi che ci ha lasciato.

«Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz: due anni in Polonia (e in Germania), due inverni, e in Polonia l’inverno è inverno sul serio, è un assassino.., anche se non è stato il freddo la cosa peggiore. Tutto questo è parte della mia vita e soprattutto è parte della vita di tanti altri che dai Lager non sono usciti. E a queste persone io devo il ricordo: devo ricordare per raccontare anche la loro storia. L’ho giurato quando sono tornata a casa; e questo mio proposito si è rafforzato in tutti questi anni, specialmente ogni volta che qualcuno osa dire che tutto ciò non è mai accaduto, che non è vero». (“Gli anni rubati”, Settimia Spizzichino)

Un francobollo ricorda Settimia Spizzichino
Fonte: ANSA
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