Giuseppe Puglisi, il prete che sfidò la mafia

Il suo nome era Giuseppe Puglisi ed era il parroco di Brancaccio, il prete che ha dedicato la sua vita ai giovani e alla lotta contro la mafia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Il nome di Giuseppe Puglisi lo ricordano tutti a Palermo. Non solo perché è stato un sacerdote esemplare, ma anche e soprattutto perché ha dedicato la sua intera vita ai ragazzi, sottraendoli alla malavita, combattendo contro la mafia, fino a pagare quella battaglia con la sua stessa vita.

Presbitero, educatore e insegnante di origini siciliane, Padre Puglisi è stato assassinato da Cosa Nostra il 15 settembre del 1993. 20 anni dopo dalla sua morte, davanti a più di 100mila fedeli, è stato proclamato beato dalla Chiesa.

Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo risorto. (Papa Francesco)

Chi era Giuseppe Puglisi

Giuseppe Puglisi nasce nella periferia di Palermo il 15 settembre del 1937. Cresce nel quartiere Brancaccio insieme alla sua famiglia e da giovanissimo sceglie di seguire la sua vocazione entrando nel Seminario arcivescovile di Palermo a soli 16 anni.

Nel 1960, a soli 22 anni, diventa sacerdote e viene nominato vicario cooperatore della parrocchia del Santissimo Salvatore nel quartiere di Settecannoli. Sin da subito si dedica ai giovani e alla loro educazione e diventa cappellano dell’orfanotrofio Roosevelt.

Nel 1970 viene nominato parroco nella chiesa di Godrano. Sono gli anni in cui la provincia palermitana diventa il terreno fertile di una guerra tra due famiglie mafiose. Padre Puglisi non perde l’occasione di occuparsi dei giovani, la sua missione è quella di allontanarli dalla malavita e di offrire loro delle alternative. Predicando il perdono e l’amore verso il prossimo riesce persino a far conciliare i membri delle due famiglie in lotta.

Nel 1990, Giuseppe Puglisi torna nel suo quartiere natale, diventando parroco della chiesa di San Gaetano a Brancaccio. A comandare la criminalità organizzata nel territorio della periferia di Palermo sono i fratelli Graviano che non lasciano indenni i giovanissimi.

È proprio qui che Padre Puglisi si avvicina ancora ai ragazzi, fornisce loro delle alternative che non sanno di avere. Li coinvolge attivamente in lavori, attività ludiche e sport, offrendo loro una nuova consapevolezza, quella di poter scegliere chi e cosa diventare. Insegna i valori dell’amore, del rispetto e della legalità volgendo i suoi avvertimenti alle associazioni mafiose che inquinano con le loro azioni la città di Palermo e il futuro dei giovani.

15 settembre 1993

Cosa fa Don Puglisi lo sanno tutti: lui salva i ragazzi, li porta via dalla strada e li strappa da quello che sembra un destino già scritto, quello che li porterebbe ad abbracciare la criminalità organizzata. Anche i mafiosi sanno di lui e della sua lotta, così cercano di fermarlo.

Lo fanno prima con delle minacce di morte che arrivano puntuali, quasi ogni giorno, che però non fermano le attività del parroco di San Gaetano. Poi scelgono di agire proprio il giorno del tuo cinquantaseiesimo compleanno.

Il 15 settembre del 1993, alle ore 20.40, mentre il prete fa ritorno alla sua abitazione a Brancaccio, nei pressi del piazzale Anita Garibaldi, un colpo di pistola arriva dritto alla sua nuca. A ucciderlo è stato il mafioso Salvatore Grigoli, insieme a Gaspare Spatuzza, colpevole di altri 45 omicidi.

Muore così il prete dei giovani, l’uomo che ha combattuto la mafia perdendo la sua stessa vita.