Alda Merini e Giorgio Manganelli, l’amore folle e irragionevole

Lei è stata la grande poetessa italiano, lui lo stimato scrittore e critico letterario. Sono stati insieme per poco tempo, ma quello è bastato a rendere il loro amore eterno

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Folli e incomprensibili, irragionevoli e appassionati, sono questi gli amori che hanno lasciato il segno. E lo hanno fatto proprio per quell’imperfezione che li ha caratterizzati e che non assomiglia per niente a quelle favole della buonanotte contraddistinte dal tanto agognato lieto fine. Storie che diventano quasi un monito, che ci ricordano che a volte seguire il cuore, e non la ragione, ci fa commettere errori giganteschi, ma che sanno essere comunque bellissimi.

Come è stata bellissima, anche se tormentata, la storia tra Alda Merini e Giorgio Manganelli. Una favola breve e senza lieto fine, ma comunque straordinaria.

La grande poetessa e lo scrittore

Quella tra Alda Merini e Giorgio Manganelli è stata una delle relazioni d’amore più tormentate e folli della letteratura italiana, ma anche una delle più affascinanti.

Lei era la grande poetessa italiana, una delle più importanti scrittrici della storia contemporanea. Una donna sensibile e romantica affetta, però, da un diagnosticato disturbo bipolare. Anche Giorgio, proprio come lei, si esprimeva attraverso la sua penna ed era diventato uno degli scrittori più celebri d’Italia, nonché critico letterario e teorico della neo avanguardia.

Insieme, anche se per poco tempo, sono stati una coppia, tanto appassionata quanto discussa. Il ricordo di quel fugace amore ancora oggi sopravvive in quel flusso di parole fatte di inchiostro indelebile che uno dedicava all’altra e viceversa.

L’amore e la follia

Era il 1947 quando, per la prima volta, Alda Merini e Giorgio Manganelli si incontrarono. Lei aveva solo 15 anni, ma si stava già facendo spazio nel mondo della letteratura italiana come poetessa. Lui, invece, di anni ne aveva 27 e credeva di aver già incontrato l’amore della sua vita. Lo scrittore italiano, infatti, era sposato con Fausta Chiaruttini, con la quale aveva un figlio.

Eppure niente gli impedì di innamorarsi di quella giovane e affascinante poetessa. Non lo fece la sua situazione coniugale, né tanto meno l’importante differenza di età.

Così nacque un amore intenso e complicato destinato a finire. Lo sapevano entrambi, eppure nessuno dei due scelse di rinunciarvi. Alda Merini stessa ammetteva di essere il demone e il tormento dell’uomo che aveva scelto di amare. E insieme parlavano proprio di quell’amore, ma anche di follia.

A Manganelli, Alda, dedicò La presenza di Orfeo, una raccolta di poesie pubblicata nel 1953. Sono i versi che sanciscono il loro clandestino amore, gli stessi che però fanno emergere i mostri con i quali la poetessa si ritrova a scontrarsi da giovanissima.

Poco dopo il primo incontro, infatti, Alda Merini venne internata nell’ospedale psichiatrico di Villa Turro, e quello sarà solo il primo di diversi ricoveri per il suo disturbo bipolare. Ma Giorgio Manganelli l’aspettava, lo faceva sempre, perché nonostante tutto aveva scelto di donare il suo cuore alla giovane poetessa.

Una storia senza lieto fine

La frequentazione tra i due era assidua. In poco tempo Alda Merini e Giorgio Manganelli diventarono una coppia, anche se lo scrittore non riuscì subito a ottenere il divorzio da sua moglie. Non facevano progetti per il futuro, piuttosto scelsero di viversi come potevano, come sapevano fare.

Ma proprio quando Manganelli ottenne il divorzio decise di allontanarsi per sempre dalla sua amata. Lo fece perché quella passione nei confronti della poetessa era tanto forte quanto incontrollabile e così, spaventato dai suoi stessi sentimenti, scelse di scappare via da ciò che provava. Si trasferì a Roma dove iniziò la sua carriera di critico e docente.

Entrambi parleranno ancora del loro amore, e di quello che ha significato per le loro vite. Lo faranno attraverso le parole, quelle che ancora oggi, e per sempre, raccontano la loro storia.

Com’era bello, amore,
sentirti spergiuro.
E tu che non volevi.
Tu, per cui ero
la sofferta Beatrice delle ombre.
Ma non eri tu ad avermi,
era la psicanalisi.
E in fondo, Giorgio,
ho sempre patito
quel che ti ho fatto patire.