Reflusso gastroesofageo: cos’è, come si manifesta e come affrontarlo

Lo stile di vita è fondamentale per affrontare il reflusso gastroesofageo: le 5 regole per prevenirlo e i sintomi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Chi sa di scienza può chiamarlo GERD, sigla che sta per Gastro-Esophageal Reflux Disease. Ma per tutti si può definire malattia da reflusso gastroesofageo. Il nome stesso definisce il problema. Si tratta di un quadro in cui sono presenti contenuti gastrici nell’esofago per il malfunzionamento della valvola gastroesofagea, la quale consente nella fase digestiva il rilascio di piccole quantità di acido cloridrico prodotto dallo stomaco in direzione dell’esofago, causando lesioni della mucosa di entità varia. La malattia da reflusso aumenta con l’avanzare dell’età, con un picco tra i 40 e i 50 anni.

Cosa succede in chi soffre di reflusso

Il problema è di incompatibilità. Come ci accade quando una persona proprio ci sta sulle scatole, e quindi non la sopportiamo, così anche il contenuto acido dello stomaco proprio non si addice alla sottile mucosa dell’esofago. Che ovviamente soffre se entra in contatto con l’iperacidità gastrica.

Se questo “rapporto” prosegue nel tempo, superando i limiti della fisiologia e delle capacità di “sopportazione” della mucosa esofagea cominciano i fastidi. E non si parla solamente di bruciore che risale lungo il torace, dietro lo sterno. Spesso la risalita dell’acido provoca sintomi difficili da collegare alla mancata tenuta di una valvola, il cardias, che normalmente dovrebbe chiudere al ritorno dell’acido dello stomaco.

Purtroppo, ad esempio dopo una libagione particolarmente ricca, in chi è sovrappeso, nelle donne in gravidanza, in chi assume da tempo gli antinfiammatori per ridurre il dolore delle articolazioni (i cosiddetti Fans) che rendono più sensibile la mucosa dell’esofago, la valvola fatica a preservare il viscere. E cominciano problemi che a volte possono sembrare incomprensibili. Capita ad esempio quando il reflusso si manifesta con segni e sintomi extraesofagei. Non ci credete? Ricordate che la patologia a volte si manifesta senza i classici segni di sofferenza esofagea: può ricordare l’infarto con il dolore toracico classico, manifestarsi con alterazioni della voce, con la produzione di elevate quantità di saliva (scialorrea) o portando ad una faringite con conseguente raucedine.

Quali sono i sintomi esofagei del reflusso

La malattia da reflusso è correlata a una grande varietà di sintomi legati a differenti apparati (torace, gola, polmone e intestino) di intensità e frequenza tali da compromettere fortemente la qualità di vita dei pazienti che appare spesso peggiore di quella di soggetti con patologie croniche più severe. Per quanto riguarda i classici disturbi a carico dell’esofago, la pirosi e il rigurgito acido, specialmente se accentuati dall’assunzione di cibo, dalla flessione del busto e dalla posizione supina, vengono considerati sintomi tipici di questa condizione.

Per pirosi si intende un bruciore che si irradia dal margine superiore dell’epigastrio alla gola, lungo la regione retrosternale. È in genere intermittente e può essere determinato, dall’assunzione di sostanze irritanti (per esempio, spremuta di arancio). Per rigurgito si intende il ritorno dei contenuti gastrici alla bocca, spesso accompagnato da una sensazione di sapore acido o amaro in gola, bruciore alla lingua o alle labbra, sensazione di cattivo sapore in bocca.  Per disfagia si intende una deglutizione difficile o dolorosa; si tratta di un sintomo fortemente predittivo della presenza di esofagite. Il dolore toracico, infine, è un dolore retrosternale di tipo pressorio o costrittivo che si irradia al collo, alle mandibole, alle spalle o alle braccia. Il dolore risulta talora tanto severo da essere confuso con un attacco anginoso.

Quali sono i sintomi extraesofagei del reflusso

In circa un caso su tre, i sintomi del reflusso gastroesofageo possono ingannare. Questa condizione infatti è responsabile di molti disturbi a carico delle vie aeree superiori e dei polmoni. I disturbi orofaringei comprendono mal di gola, raucedine, tosse cronica. Le complicanze polmonari attribuibili al GERD sono: bronchite, tosse cronica e asma cronico.

Quindi i pazienti che presentano questa sintomatologia, accanto agli appropriati controlli cardiologici, pneumologici e otorinolaringoiatrici, devono essere valutati anche sotto il profilo gastroenterologico. Attenzione va prestata anche alle orecchie. A volte il reflusso si manifesta con sintomi che ricordano quelli dell’otite, ma che traggono origine proprio dall’eccesso di acidità che risale lungo l’esofago.

Reflusso ed ernia iatale, qual è il legame?

L’ernia iatale è una condizione molto diffusa, che spesso non provoca alcun disturbo e si scopre casualmente. Si tratta di un’alterazione anatomica molto comune caratterizzata dal passaggio di una piccola porzione di stomaco sopra al diaframma, il grande muscolo che separa il torace dall’addome. Quando si verifica questa situazione, il succo gastrico refluisce naturalmente verso l’esofago e può anche – ma non sempre – determinare diversi disturbi, primo fra tutti un forte senso di bruciore.

L’origine del problema non è particolarmente semplice, pur se a volte l’ernia si sviluppa per un problema congenito o in seguito ad un trauma. L’importante però è capire di che tipo di ernia si tratta. Esistono infatti due tipi di ernie iatali: quella da scivolamento, che può essere riscontrata radiologicamente in quattro persone su dieci, ed è molto più comune dell’ernia del secondo tipo, quella chiamata paraesofagea.

Come detto, spesso un’ernia iatale è completamente asintomatica, cioè non provoca alcun disturbo. Solo nei casi in cui il reflusso di materiale acido dallo stomaco verso l’esofago è imponente può comparire un forte bruciore dietro lo sterno che a volte si trasforma in un vero e proprio dolore tale da simulare un attacco cardiaco. Quando invece l’ernia è molto grande il cibo invece che scendere direttamente nello stomaco può anche fermarsi nella parte erniata con conseguente rallentamento della digestione e comparsa di senso di nausea.

Come si fa la diagnosi di reflusso gastroesofageo

Il reflusso è un grande “mimo”, è, cioè, non facile da diagnosticare: anche se sintomatico – infatti – risulta negativo all’esame endoscopico. In molti casi l’endoscopia risulta del tutto normale e quindi la diagnosi può essere solo clinica. In altre parole, è molto importante che il paziente spieghi bene i suoi sintomi al medico, perché una buona anamnesi raccolta da un medico esperto, resta il cardine del procedimento diagnostico di questa malattia.

La gastroscopia riesce ad identificare un’esofagite erosiva, o comunque anomalie anatomiche, come appunto l’ernia iatale, che favoriscono il problema. Per scoprire l’origine del reflusso si può puntare sulla ph-metria delle 24 ore, un test molto semplice che rileva il livello di acidità che si crea nell’esofago durante la giornata e la notte. Ovviamente è solo uno dei controlli da fare, e solo in alcuni casi. Utili sono anche la laringoscopia e la faringoscopia, specie in presenza di sintomi come tosse, bruciori alla gola e raucedine, la manometria che misura la pressione all’interno dell’esofago per scoprire eventuali malattie funzionali del viscere o i classici “raggi” con mezzo di contrasto, ovviamente meno invasivi.

Come affrontare il reflusso gastroesofageo

Per contrastare i sintomi, occorre prima di tutto puntare sullo stile di vita. Ci sono semplici abitudini che possono aiutare. Occorre smettere di fumare, controllare il peso, non portare abiti stretti soprattutto nella parte bassa dell’addome (occhio a cinture e leggings), evitare gli sforzi fisici eccessivi ma al contempo praticare una regolare attività fisica. Sul fronte dell’alimentazione, soprattutto in presenza di ernia iatale, bisogna cercare di non “sovraccaricare” eccessivamente con il cibo l’apparato digerente per cui può essere utile frazionare i pasti, puntando anche su due spuntini.

Per il resto, conviene evitare le fritture e più in generale i piatti eccessivamente elaborati, soprattutto se ricchi in grassi. Tra gli alimenti da evitare per chi soffre di reflusso occorre ricordare la lista dei cibi “reflussogeni”: si parte da ortaggi come il pomodoro o gli agrumi per arrivare al cioccolato. Meglio anche non abbondare con le spezie, dalla noce moscata al peperoncino e al curry, e più in generale con gli alimenti che hanno un gusto acido. Infine, oltre a limitare gli alcolici e le bevande addizionate di acido carbonico, chi soffre di reflusso dovrebbe dimenticare il tè. Sul fronte delle terapie, spesso sono necessari i farmaci che riducono o azzerano la produzione di acido da parte dello stomaco. Anche altri medicinali possono essere necessari, caso per caso.

Quando serve l’intervento chirurgico per il reflusso gastroesofageo

Caso per caso, il medico può consigliare di andare oltre la terapia medica e pensare ad un intervento chirurgico che consenta di controllare il reflusso. Si può dire che l’intervento può essere proposto quando i sintomi sono particolarmente intensi e non si riesce a controllare la situazione, quadro che si può verificare soprattutto in caso di ernia iatale.

Un’altra indicazione è rappresentata dalla presenza di gravi esofagiti, cioè infiammazioni della mucosa dell’organo, oppure dalla metaplasia della mucosa: in questa condizione cellule intestinali si sviluppano sulla parete dell’esofago, con lesioni che possono essere precancerose.

Infine non bisogna dimenticare che in una minima percentuale di persone il reflusso non è di natura acida ma alcalina, quindi i farmaci normalmente impiegati non possono avere effetto. In questi casi occorre valutare la situazione con la Ph-impedenzometria e, tra le opzioni di cura, c’è anche l’intervento.

L’operazione in genere punta a confezionare una sorta di “sciarpa” intorno alla giunzione tra esofago e stomaco e a riportare quindi in sede, cioè nell’addome, la valvola che li separa. L’operazione è consigliata soprattutto ai giovani ed oggi viene eseguita praticamente in ogni caso in laparoscopia, cioè senza il ricorso alla classica incisione ma operando con sonde che vengono inserite attraverso piccoli “buchi” sulla pelle. L’intervento dura mediamente un’ora-un’ora e mezza in anestesia generale richiede due giorni di ricovero e nel mese successivo all’operazione occorre evitare sforzi intensi.

Le novità per trattare il reflusso gastroesofageo

Come segnala Davide Bona, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale dell’Irccs Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, “la terapia di elezione per il reflusso gastroesofageo è sicuramente farmacologica, con l’assunzione degli inibitori della pompa protonica tuttavia, in pazienti adeguatamente selezionati, l’opzione chirurgica rappresenta una valida alternativa. Accanto alla classica chirurgia mininvasiva antireflusso, che riconosce nella fundoplicatio secondo Nissen e nella plastica antireflusso secondo Toupet il “gold standard” di trattamento, negli ultimi anni si è sviluppato un filone di ricerca nell’ambito dei device impiantabili con l’obiettivo di ottenere una standardizzazione della procedura chirurgica garantendo l’ottimizzazione dei risultati, riducendo gli effetti collaterali come disfagia, distensione addominale, difficoltà di eruttazione e vomito”.

La nuova tecnica permette di ricostruire, mediante punti di sutura in materiale non riassorbibile, l’angolo di His tra esofago e stomaco ricostituendo così uno dei principali meccanismi che contribuiscono alla prevenzione del reflusso gastroesofageo. Il fondo gastrico viene poi rinforzato creando sulla parete anteriore una tasca nella quale si inserisce il device sferico costituito da silicone biocompatibile. Lo scopo del dispositivo è quello di mantenere la giunzione gastroesofagea in posizione intra-addominale bloccando la risalita sovradiaframmatica dello sfintere esofageo inferiore durante la respirazione.

L’intervento, della durata di 45 minuti – 1 ora, necessita di anestesia generale e sfrutta un approccio laparoscopico. Dapprima la pancia viene gonfiata con anidride carbonica e vengono praticati cinque piccole incisioni, esattamente come avviene per la plastica anti- reflusso, attraverso le quali vengono inseriti gli strumenti chirurgici.

Il primo passo prevede l’isolamento dell’esofago che viene riposizionato in addome, poi si procede con la chiusura dei pilastri diaframmatici, successivamente viene ricostruito l’angolo di His e posizionato il device. Non sono necessari drenaggi e il paziente, dopo aver trascorso una sola notte in ospedale, viene dimesso al domicilio e può da subito riprendere le abitudini quotidiane. Si tratta di un intervento definitivo al quale possono accedere tutti i pazienti affetti da reflusso gastroesofageo con eventuali piccole ernie iatali da scivolamento. L’unica controindicazione è quella di essersi sottoposti in precedenza a chirurgia gastrica.

Cinque consigli per combattere il reflusso

  • Limitare le cotture troppo elaborate, preferendo alimenti cucinati a vapore o al cartoccio a piatti che invece richiedono altre modalità di preparazione.
  • Mangiare lentamente e fate in modo di masticare a lungo ogni boccone, allungando la permanenza a tavola, per evitare sforzi eccessivi alla muscolatura dell’esofago.
  • Non sdraiarsi appena dopo un pasto ma prendersi almeno due ore prima di andare a letto. In questo modo si contrasta il reflusso acido che risale dallo stomaco.
  • Elevare la testiera del letto, almeno di una decina di centimetri. Così si combatte meglio un eventuale rigurgito grazie alla gravità che evita la risalita di acido.
  • Evitare cinture ed indumenti troppo stretti sull’addome, che possono comprimere i visceri e quindi facilitare l’insorgenza di reflusso per un’azione di “spinta” dal basso.

Fonti bibliografiche

Reflusso gastroesofageo, ISSalute

Il reflusso gastroesofageo, Centri specializzati Gastroenterologia