Digiuno intermittente 16:8: cos’è, come funziona e cosa mangiare

È un modello alimentare che alterna pasti completi e digiuno. Ecco cosa prevede e quali sono i benefici e gli svantaggi

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Ivana Barberini

Giornalista specializzata in Salute e Benessere

Giornalista ed economa dietista, scrive articoli su salute, alimentazione e benessere ed è specializzata nell’editing di volumi e pubblicazioni medico-scientifiche.

Pubblicato: 3 Luglio 2018 14:42Aggiornato: 11 Maggio 2023 19:19

Il digiuno intermittente è un regime alimentare che prevede, in un determinato intervallo di tempo, una fase di digiuno e una fase di alimentazione.

Nello specifico, il metodo 16:8 prevede digiuni giornalieri di 16 ore, cioè si può mangiare durante una finestra temporale di 8 ore, dove è possibile consumare 2-3 pasti.

Questo tipo di alimentazione nasce dagli studi sulla restrizione calorica, un modello nutrizionale che prevede l’assunzione di una minore quantità di calorie, senza però ridurre l’apporto dei nutrienti fondamentali.

Si tratta quindi di mangiare meno ma sempre in modo sano, corretto ed equilibrato, garantendo al nostro organismo l’apporto nutrizionale di cui ha bisogno.

Con la Dott.ssa Valeria Galfano, Dietologo Nutrizionista e Personal Trainer, scopriamo allora come funziona e quali sono i benefici del digiuno intermittente 16:8.

Cos’è il digiuno intermittente 16:8

Esistono vari tipi di digiuno intermittente che consistono nel suddividere il giorno o la settimana in periodi di alimentazione e periodi di digiuno.

È importante però consultare il medico prima di iniziare questo tipo di alimentazione e una volta ottenuto il via libera, è molto semplice. Si può scegliere un approccio giornaliero che limita il consumo quotidiano di cibo a un periodo da sei a otto ore al giorno. Ad esempio, nel digiuno 16:8, si può mangiare per otto ore e digiunare per 16. Un altro approccio piuttosto noto è il 5:2, in cui, invece, si può mangiare regolarmente per cinque giorni alla settimana, mentre negli altri due giorni è concesso un pasto da 500-600 calorie.

Il digiuno intermittente 16:8, quindi, è un modello alimentare durante il quale ci si astiene dall’assumere cibo per 16 ore. Non si tratta propriamente di una dieta, poiché non sono indicati quali e quanti alimenti consumare, ma solo quando si dovrebbero mangiare.

Molti studi dimostrano che questo tipo di alimentazione consente di dimagrire e migliorare il metabolismo, ma ci sono possibili rischi che è bene non sottovalutare, come vedremo in seguito.

Come ci spiega la nostra dietologa «negli ultimi anni, diverse varianti di digiuno intermittente, comprese la restrizione energetica intermittente e l’alimentazione a tempo limitato, hanno suscitato notevole interesse come strategie dietetiche alternative per la gestione del peso e il miglioramento della salute metabolica. Con queste strategie dietetiche, il modello di restrizione energetica e i tempi di assunzione del cibo vengono alterati, in modo che gli individui siano sottoposti a periodi di digiuno frequentemente ripetuti. La premessa di base rispetto alla restrizione energetica giornaliera e che un individuo potrebbe anche non aver bisogno di limitare l’energia ogni giorno, o del tutto, per ottenere benefici metabolici. La maggior parte degli studi, effettuati sia sui roditori che sull’uomo, ha utilizzato protocolli che limitano completamente l’assunzione di energia a giorni alterni, con intervalli di digiuno variabili tra le 20 e le 36 ore. Tuttavia, la sostenibilità a lungo termine di questo approccio è discutibile a causa della fame persistente. I più recenti protocolli di restrizione energetica intermittente hanno concesso una piccola assunzione calorica, in modo che l’energia sia sostanzialmente ma non completamente ridotta. Tale approccio dietetico è spesso indicato come digiuno modificato».

Come abbiamo detto, il metodo 16:8 prevede un digiuno giornaliero per un periodo di 14-16 ore, con una finestra di assunzione del cibo che varia tra le 8-10 ore. All’interno della finestra alimentare si possono consumare 2 o 3 pasti (pranzo, cena e spuntino).

È un modo di digiunare abbastanza semplice, poiché si tratta di non mangiare nulla dopo cena e saltare la colazione. Ad esempio, se l’ultimo pasto è alle 20, non si mangia più fino alle 12 del giorno dopo, quindi con un digiuno di 16 ore tra un pasto e l’altro.

Durante il digiuno si può comunque bere acqua, tè, tisane, caffè e altre bevande non caloriche che aiutano anche a ridurre il senso di fame, ma niente cibi solidi o bibite zuccherine come, ad esempio i succhi di frutta.

È molto importante anche mangiare cibi per lo più salutari durante la finestra alimentare, evitando il cibo spazzatura, industriale o troppo grasso.

Benefici del digiuno intermittente

Sono diversi i benefici di questo tipo di regime alimentare. I principali sono:

  • perdita di peso e riduzione della massa grassa
  • favorisce la salute intestinale
  • ottimizza le capacità cognitive come la memoria
  • aiuta a regolare i livelli di zuccheri e di insulina nel sangue
  • migliora la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca a riposo.

Come conferma anche la nostra esperta: «nelle numerose varianti di tali protocolli dietetici, i giorni di assunzione calorica senza restrizioni possono prevedere l’alimentazione ad libitum, una dieta ipocalorica (circa il 15-30 % del fabbisogno energetico), una dieta isocalorica o ipercalorica (circa il 125-175% del fabbisogno energetico). Tra i soggetti in sovrappeso o con obesità, la perdita di peso media ottenuta è compresa tra il 4% e il 10% durante un periodo di dieta di 4-24 settimane. Tali protocolli sembrano altrettanto efficaci come strategia di mantenimento del peso per periodi fino a un anno. Alcuni studi hanno poi valutato l’impatto metabolico del digiuno intermittente, accompagnata da riduzioni del colesterolo LDL e dei livelli di trigliceridi a digiuno. Nei soggetti con diabete mellito di tipo 2, la restrizione calorica intermittente ha, invece, dimostrato di migliorare sia il controllo glicemico che i livelli lipidici. Al contrario, molti degli studi condotti su soggetti non diabetici, non hanno mostrato alcun effetto significativo sui livelli di glucosio a digiuno. Si tratta comunque di studi che necessitano di ulteriori ricerche».

Perché fa bene il digiuno intermittente?

Come ci dice la Dott.ssa Galfano: «il digiuno, sia totale che modificato, suscita cambiamenti nell’utilizzo dei substrati energetici in modo dose-risposta; favorisce la mobilizzazione degli acidi grassi liberi, l’ossidazione degli acidi grassi e aumenta progressivamente la chetogenesi, (un processo chimico attraverso il quale si producono molecole chiamate corpi chetonici, le quali possono essere utilizzate dall’organismo come fonte energetica alternativa al glucosio) favorendo la conservazione del glucosio».

I meccanismi cellulari e molecolari mediante i quali il digiuno intermittente migliora la salute e contrasta i processi patologici, comportando una migliore risposta allo stress cellulare, sono due in particolare: l’autofagia e la mitocondriogenesi.

L’autofagia, è un processo di “pulizia” cellulare che elimina proteine e/o aggregati di proteine ​​alterati, danneggiati o non necessari o addirittura agenti patogeni. Il digiuno intermittente stimola quindi questo processo, consentendo la rigenerazione ottimale delle cellule che, non essendo occupate nella gestione metabolica, possono “fare pulizia”.

I mitocondri, invece, sono una specie di centrale elettrica che trasforma il cibo in energia.

Quando mangiamo troppo, si verifica una specie di “ingorgo” che danneggia i mitocondri causando una loro minore efficienza. La conseguenza è un aumento dei grassi e del glucosio nel sangue.

Il digiuno quindi favorirebbe la mitocondriogenesi, cioè la formazione di nuovi mitocondri e il loro riciclo.

In linea generale si può dire allora che il digiuno intermittente comporta i seguenti vantaggi:

  • abbassa i livelli di glucosio con un minor rischio di iperglicemia
  • riduce i livelli d’insulina e migliora la sensibilità all’insulina stessa, con un minor rischio di diabete mellito di tipo 2
  • favorisce l’eliminazione degli acidi grassi (trigliceridi) e produzione di corpi chetonici
  • abbassa il livello di leptina (ormone che stimola l’appetito)
  • riduce l’attività dei radicali liberi e dell’infiammazione
  • aiuta la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di rispondere agli stimoli interni o esterni e la neurogenesi (il processo di generazione di nuovi neuroni)
  • stimola l’autofagia (consumo dei materiali di scarto e di riserva dell’organismo).

Insomma, il digiuno intermittente ridurrebbe il rischio di importanti malattie come diabete e malattie cardiovascolari, migliorando la funzione cognitiva.

È importante evidenziare che non ci sono ancora studi scientifici definitivi e la ricerca è ancora in corso per individuare con esattezza i meccanismi di risposta positivi dell’organismo.

Conclude la nostra dietologa: «uno studio del 2019, condotto su 11 volontari con sovrappeso o obesità, ha dimostrato come l’alimentazione a tempo limitato abbia migliorato il metabolismo glucidico e lipidico, abbia modificato l’espressione di diversi geni legati al ritmo circadiano, e abbia incrementato l’espressione dei geni della longevità. Inoltre, l’alimentazione a tempo limitato tendeva ad aumentare i livelli del fattore neurotrofico cerebrale, che promuove la crescita, lo sviluppo e la sopravvivenza neuronale».

È comunque importante ribadire che se si soffre di disturbi o malattie, tale pratica va sempre concordata con il proprio medico.

Cosa mangiare nelle 8 ore di digiuno

Si può decidere liberamente come suddividere, secondo le esigenze e preferenze, le 16 ore di digiuno e le 8 ore dedicate ai pasti. Si può, come abbiamo già detto, saltare la colazione e mangiare dalle 12 alle 20. Oppure, se non si riesce di fare a meno della colazione, si può fare un secondo pasto leggero e finire la giornata verso le 15 con un terzo pasto, che corrisponde al pranzo completo. In questo caso le ore di digiuno saranno dalle 15 alle 8, mangiando dalle 8 alle 15, facendo colazione, uno spuntino al mattino e il pranzo. Sulle fasce orarie, dunque, massima libertà. La regola resta sempre quella di assumere pasti completi.

In sintesi si possono scegliere una delle seguenti finestre di 8 ore per mangiare:

  • dalle 9:00 alle 17:00
  • dalle 10:00 alle 18:00
  • dalle 12.00 alle 20:00

Durante il digiuno, invece, non bisogna assumere calorie. Sono concesse: acqua e bevande non zuccherate e senza calorie come tè verde o tisane, quindi niente succhi frutta, zucchero o dolcificanti.

Nelle fasi in cui, invece, è possibile mangiare è bene privilegiare legumi, pesce, uova, formaggi e derivati del latte, carne magra (evitando gli insaccati), olio extravergine di oliva e frutta secca o a guscio. Preferire i cibi freschi rispetto a quelli industriali e cotture non troppo elaborate per non aumentare l’apporto dei grassi.

I due pasti principali, il pranzo e la cena, devono essere completi, pertanto, devono avere una quota di cereali (meglio integrali se non si soffre di colon irritabile), proteine, verdure (che apportano sali minerali, vitamine e fibre), grassi derivanti dall’olio extravergine di oliva e una parte di frutta che apporta antiossidanti e vitamine.

Gli spuntini devono essere comunque dei piccoli pasti come uno yogurt con dei cereali e della frutta, anche a guscio (tipo mandorle e noci), oppure uno spuntino salato con del pane e ricotta o del pane con del salmone affumicato.

Consigli

Per avvertire meno i morsi della fame durante la fase del digiuno si possono seguire semplici consigli come:

  • bere una tisana alla cannella durante il periodo di digiuno, aiuta a non sentire l’appetito
  • bere acqua regolarmente durante il giorno
  • guardare poco la televisione per evitare di “inciampare” in immagini di cibo e persone che mangiano felici, poiché possono stimolare il senso di fame
  • fare esercizio fisico prima della finestra del pasto, poiché l’esercizio aumenta l’appetito
  • seguire un’alimentazione consapevole e corretta durante i pasti
  • provare la meditazione durante il digiuno per far passare il senso di fame.

Controindicazioni

È del tutto normale nelle prime fasi di digiuno intermittente provare fatica, insonnia, nausea, mal di testa o debolezza. Sono i sintomi dell’iniziale restrizione calorica ma che scompaiono in 3-4 giorni. Tuttavia se perdurano, è meglio sospendere il digiuno.

Inoltre, una finestra alimentare così ristretta può essere non adatta per le persone con molto appetito, che possono decidere di mangiare troppo o più del solito quando è concesso, in vista del digiuno. Questo può comportare perfino un aumento del peso, problemi digestivi e a stabilire un rapporto non corretto con il cibo.

Infatti, i potenziali effetti collaterali e rischi includono:

  • fame, debolezza e stanchezza nelle fasi iniziali del piano
  • mangiare troppo o mangiare cibi malsani durante la finestra di mangiare di 8 ore a causa della fame eccessiva
  • bruciore di stomaco o reflusso a causa dell’eccesso di cibo.

Il digiuno intermittente può essere poi meno vantaggioso per le donne rispetto agli uomini. Alcune ricerche suggeriscono perfino che potrebbe influire negativamente sulla fertilità femminile.

La National Eating Disorders Association avverte inoltre che il digiuno è un fattore di rischio per i disturbi alimentari e potrebbe non essere adatto a chi ha una storia di depressione e ansia. Secondo alcuni studi, la restrizione calorica a breve termine potrebbe anche alleviare gli stati depressivi, ma a lungo andare potrebbe avere l’effetto opposto. Sono necessarie altre ricerche per comprendere le implicazioni di questi risultati.

Il digiuno intermittente 16:8 non è consigliato a:

  • donne in gravidanza o in allattamento o che cercano di restare incinta
  • persone anziane e/o a rischio di malnutrizione
  • bambini e adolescenti (solo sotto controllo medico)
  • se si assumono farmaci o si soffre di malattie (se non previa valutazione medica)
  • chi ha sofferto di disturbi alimentari come anoressia e bulimia (se non sotto stretta supervisione specialistica).

È necessario quindi parlare prima con il proprio medico, soprattutto se si stanno assumendo farmaci o si ha una malattia come il diabete o la pressione bassa o una storia di disturbi alimentari o di salute mentale.

Fonti:

Aspetti principali della dieta