La storia Anna Fusco: la vita ti pone gli ostacoli, i limiti li poni tu

Anna è nata senza la mano e l'avambraccio sinistri, i genitori l'hanno cresciuta dicendole "se tu vedi il problema, lo vedranno anche gli altri"

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Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Ci sono storie che ti vengono a cercare, che ti capitano tra le mani come un dono prezioso, tra mail di offerte e promozioni, tra comunicati stampa e pianificazione delle riunioni, una mattina mi è arrivata questa: «Salve, mi chiamo Anna Fusco, ho 30 anni e sono di Roma. Sono nata senza la mano e l’avambraccio sinistri. I medici non hanno mai saputo dirmi il perché. Ho dovuto imparare ad affrontare la vita sin dalla nascita e adattarmi, con un sola mano, ad un mondo fatto per due mani. I miei genitori mi hanno sempre messa davanti alla realtà dicendomi cosa potevo fare, e cosa non, sin da subito. La scoperta di me stessa, da piccolissima, è stata traumatica. Le persone che mi amavano mi dicevano “se tu vedi il problema, lo vedranno anche gli altri”».

Mi è bastato questo incipit per entrare nel mondo della piccola Anna, me la sono immaginata bambina in mezzo ai bambini, che come sappiamo, spesso riescono ad essere crudeli nella loro disarmante sincerità, mi sono immaginata la sua voglia di scoprire il mondo ed i no dovuti alla sua condizione, e mi sono accorta di quanto le sue parole fossero vere perché il nostro mondo così grandioso e sfavillante non è poi così accogliente, perché la verità è proprio quella detta dalla Fusco, la terra dove viviamo è programmata per le persone cosiddette “normali”, le persone abili, con due mani, due braccia, due gambe, udenti e vedenti, e, come al solito le minoranze vengono in qualche modo dimenticate. Ma io, come sapete, ho un debole per le persone che, nascendo diversamente abili, diventano così sfolgoranti  da illuminare la via anche alle persone che non ne avrebbero bisogno, quelle che nascono conformi, che però, si pongono dei limiti mentali, si sentono fuori posto o fuori luogo. Anna ha fatto della sua vita un capolavoro, è caduta è si è rialzata, ha subito bullismo, ha perso un anno scolastico, e ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, iniziando dai genitori di bambini con la sua stessa patologia, è stata la prima a partecipare a Miss Italia con una protesi nel 2014 e tornandoci nel 2018 senza, per lanciare un messaggio forte: “Questa sono io, mi amo come sono.” Questa è la sua storia.

Quando hai avuto la percezione della tua disabilità?
Mi sono resa conto di essere una persona disabile, durante i principi dell’adolescenza, avevo circa 11/12 anni. Mi sono guardata allo specchio e ho visto per la prima volta me stessa, senza “un pezzo” rispetto agli altri. A quell’età, non hai la maturità, la capacità, di affrontare una cosa del genere. Non hai ancora la tua vita. Perché è proprio in quel periodo che inizi a creartela.

Qualcuno ti ha mai bullizzato?
Si, più di una volta, a partire dall’asilo. I bambini non si rendono conto della situazione, sono capaci di andare troppo oltre, il punto è che ero una bambina anch’io e ci soffrivo. Mamma però, era sempre pronta a intervenire in classe nei casi in cui ce ne era bisogno. In fase adolescenziale mi sono capitati episodi sgradevoli, ragazzi che mi notavano e poi si allontanavano quasi fossero spaventati, pronti poi a parlarne tra loro. Rimanevo molto male. Tendevo a nascondermi, a coprire il mio “braccino” con magliette lunghe, anche perché non ho mai voluto portare protesi, l’ho sempre ritenuta una parte “in più” solamente quando la indosso mi sento realmente “disabile”. Essendo nata con una mano sola, non mi è mai mancato qualcosa che effettivamente non ho mai avuto. Sono caduta in depressione, ho perso addirittura un anno scolastico (anche per motivi di salute fisica ormai risolti). C’è da dire però che, essendo nata così, ed avendo la fortuna di avere accanto una famiglia molto forte come la mia, ho sempre affrontato a testa alta tutte le situazioni dalla nascita. Ricordo che mamma voleva intervenire parlando con i professori o la classe, pensava anche di cambiarmi sezione, io sono intervenuta dicendole che, se avessi cambiato sezione potevano ripresentarsi comunque questi problemi, non doveva intervenire in nessun modo, dovevo vedermela io. Col passar del tempo infatti, ho legato con i miei compagni, mostrando, con tanta paura ma allo stesso tempo coraggio, il braccino. Loro sono stati più felici di me. È stato bellissimo.

Quanto è stata importante la tua famiglia?
Tantissimo, fondamentale e, probabilmente, me ne sono resa conto davvero solo negli ultimi anni, quando ho iniziato a fare da coach alle famiglie con i bimbi come me ed alle persone con la mia stessa patologia.  La mia mamma è sempre stata una donna forte, a tratti troppo istintiva forse, ma determinata e giusta. Ricordo da piccola un episodio che ritengo una delle basi fondamentali della mia vita e autonomia: la prima volta che ho mangiato una merendina. La mamma mi fece vedere come aprire la busta, cercando di mettersi nei miei panni. La seconda volta, io, con la merendina in mano, andai da lei chiedendole di aprirmela. Lei, con tanta anche troppa fermezza disse che se non l’avessi aperta da sola non l’avrei mangiata. Questo è solo un esempio dei tantissimi episodi simili che ho vissuto. Oggi faccio tutto, alle volte, mi arrangio, ci metto un po’ di più per trovare il “mio” metodo migliore, ma so benissimo che alla fine ci riuscirò. Non mi ha mai spaventato questo. Soprattutto gli anni della mia vita in cui ho voluto vivere da sola e mettendomi alla prova, ho imparato pian piano a concretizzare definitivamente la mia autonomia.  Non smetterò mai di ringraziarla, mia madre.

Ho letto che fai coaching alle famiglie con bambini diversamente abili, che tipo di aiuto ti viene richiesto? 
Sì, è’ ormai una parte importante della mia vita a cui non posso più rinunciare. Essendo un’attivista, una cantante, un’attrice, una modella ed una coach professionista, la mia vita è diventata pubblica. Grazie a una mia video intervista che ottenne più di un milione e mezzo di visualizzazioni, iniziarono a contattarmi le famiglie, le persone, anche con disabilità completamente diverse dalla mia. Apprezzavano il mio attivismo e la mia “sicurezza” nell’apparire senza nascondermi e hanno iniziato a prendermi come esempio. Quando parlo con loro, parlo della mia esperienza di vita immedesimandomi in quel figlio che, il genitore con entrambe le mani, comprensibilmente, fa più fatica a comprendere. Cerco di far sì che il loro trauma (definiamolo così) non venga comunicato al bambino che in realtà, in quel momento, non lo vive. Cerco di portare allegria, cerco di far capire loro che se siamo nati così e che va bene così.

Pensi che la nostra sia una società inclusiva?
Penso che, col tempo, con l’aiuto di molte persone che vivono la disabilità come la vivo io ossia in maniera positiva e fiera, l’inclusione all’interno della nostra società è andata migliorando. C’è ancora tanta, ma tanta strada da fare su vari campi. Come ad esempio il definitivo abbattimento delle barriere architettoniche che crea molti limiti. Oppure la visione pietista che molte persone ancora hanno. Io, come altri, mi batto per la parità di genere, per la parità dei diritti. Ognuno di noi è uguale all’altro e come l’altro dev’essere trattato. Fatto sta che non mollo e non molleremo e invito chiunque appoggi la nostra causa ad unirsi a noi.

Qual è il messaggio di cui ti vorresti far portavoce?
“La vita ti pone gli ostacoli, i limiti li poni tu” questa é la mia frase, il motto di cui mi rendo portavoce. Nessuno deve nascondersi, ognuno di noi non deve avere timore di mostrarsi al mondo così com’è e per ciò che è. Se ognuno di noi mostra caratteristiche diverse tra loro, che siano dalla nascita o subentrate durante il percorso di vita, va benissimo così, perché noi siamo questi e non vogliamo essere cambiati. Vogliamo solo essere compresi e considerati al pari degli altri in tutti i settori. Cerco di portare questo messaggio ogni giorno della mia vita, di comunicarlo al mondo ogni momento anche solo vivendo così come vivo. Non smetterò mai di farlo. Penso che la mia vita, il mio percorso vissuto ed elaborato, mi abbia portato delle responsabilità verso chi è come me o chi ne ha bisogno. Da quando mi sono sentita veramente pronta, senza più demoni nel cassetto, mi sono messa a disposizione degli altri e, i risultati che porto a casa, che le persone mi comunicano, sono la cosa più bella del mondo, la cosa più bella che poteva capitarmi. Aiutare. E l’aiuto che offro, fa sì che in cambio mi arrivino pace e serenità, cosa c’è di più bello e appagante?

Qual è il tuo sogno nel cassetto? 
Vorrei riuscire ad avere un grande successo lavorativo nei campi di cui mi occupo, ossia il canto, la recitazione, il coaching, perché questo mi aiuterebbe ancor di più nella diffusione del il mio messaggio, per essere d’esempio, abbattere il pregiudizio e mostrare quanto l’inclusione sia possibile.