“Io non sono la mia disabilità. Io sono Nadia, e sono felice”

Nadia Lauricella è una ragazza di 28 anni nata con una malformazione che le ha impedito di vivere serenamente. Poi ha deciso di rinascere

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Qualche giorno fa mi è arrivata una mail che cominciava così: “Buonasera Signora Vella, sono Nadia e sono una ragazza disabile. Sono nata con una malformazione agli arti e al busto che mi ha impedito fino a un certo punto della mia vita di vivere serenamente. Non ho le braccia e ho una sola gamba buona con la quale, però, riesco a fare tutto o quasi. A un certo punto della mia vita, grazie alle persone che mi stanno intorno, sono riuscita a tirare fuori il meglio di me e ad usare la mia disabilita come punto di forza”.

Ecco avete presente la scena di Jerry Maguire, quando Tom Cruise dice “mi avevi già convinto al ciao?”. A me è successa la stessa cosa, con le la prime frasi di questa fantastica ragazza al punto che sono andata a spulciare il suo profilo Instagram dove la trovate come Iron Nadia (già l’aggettivo usato vi dice tanto di lei), e a cercare altre sue interviste in rete. Questa giovane donna è una forza della natura lo si capisce anche solo ascoltando le sue parole, dal fatto che non si nasconda dietro alla sua disabilità e che, anzi, la racconti, cercando di portare chi la ascolta nel suo mondo, un mondo sicuramente più difficile rispetto ad altri, ma il sorriso non viene mai meno, come sottolinea più volte. I suoi piedi sono diventati le sue mani, e con quelli riesce a fare tutto, anche truccarsi, e vi assicuro lo fa molto meglio di me, tanto è vero che uno dei suoi sogni nel cassetto è quello di lanciare una sua linea di make up e poi, come tutte le ragazze della sua età, sogna di trovare il grande amore e di crearsi con lui una famiglia. Questa è la sua storia.

Quando ti sei scontrata per la prima volta con la tua disabilità?
La prima volta volta che mi sono scontrata con la mia disabilità è stato nel periodo dell’adolescenza, quando iniziano le prime cotte, i primi amori, e io non ero mai l’oggetto di quelle attenzioni. In quel momento mi sono sentita come se avessi realmente un problema, poi vivendo in un piccolo paesino, si tende spesso ad associare la disabilità al rimanere intellettualmente eterni bambini, non venivo presa mai sul serio, si rivolgevano a me con toni infantili e ciò mi causava ancora più insicurezze.

Sei stata bullizzata?
Fortunatamente non ho mai subito episodi di bullismo, fin da piccolina ero molto integrata all’interno della classe, addirittura i miei compagni facevano a gara per chi si dovesse mettere vicino a me.

Quando hai capito che potevi rinascere attraverso la tua disabilità?
Ho capito che potevo rinascere attraverso la mia disabilità quando ho deciso finalmente di fare qualcosa per me, di abbracciare la mia condizione e di accettarla chiedendomi “cosa posso fare per migliorare?”. Intanto ho deciso di rifare la protesi alla gamba, perché avevo un obiettivo, comune a tutte le donne: indossare i tacchi. Ho iniziato quindi anche un percorso ortopedico riabilitativo, con la consapevolezza della mia unicità ho imparato ad amarmi, anche esteticamente.

Sei molto seguita sui social, che rapporto hai con i tuoi follower?
Con i miei follower ho un bellissimo rapporto, ricevo tantissimo affetto, il mio obiettivo era mostrare la vera Nadia oltre la sua disabilità. Quando la gente mi scrive: “Nadia la tua disabilità è evidente ma noi ormai vediamo te, sei entrata nella nostra routine, sei l’amica della porta accanto“, la mia disabilità non la vedono più.

Questi anni di pandemia sono stati difficili per tutti, come li hai vissuti e come li stai vivendo?
Questi anni di pandemia sono stati davvero duri,  mi reputo una persona fortunata però, perché ho avuto tantissime persone che mi sono state vicino, come io lo sono stata con loro, ci siamo fatti forza a vicenda e sono forse un’illusa forse anche troppo positiva, ma voglio pensare che presto tutto andrà per il meglio.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Un mio sogno è quello di poter realizzare una linea di makeup tutta mia, ispirata all’accettazione di se stesse affinché ognuna di noi possa sentirsi valorizzata e bella allo stesso tempo, e poi perché no, vorrei capovolgere i canoni estetici nel mondo della moda.

Come possiamo fare per far diventare la nostra società più inclusiva secondo te?
La società potrà diventare più inclusiva quando imparerà ad abbattere tutti gli inutili stereotipi che ci sono nei confronti della disabilità, quando ci saranno dei centri adatti a tirare fuori il meglio da ciascuna persona affetta da una disabilità, quando le famiglie non saranno più abbandonate a se stesse. Molti genitori sono avanti con l’età e sono costretti a vivere nel costante terrore di una loro dipartita, proprio per mancanze di strutture che garantiscano un futuro sereno agli stessi figli, che spesso non sono autosufficienti.

Cosa è per te la normalità?
Per me la normalità è un concetto astratto. Chi può dire con assoluta certezza cosa sia o cosa non sia normale? E poi, diciamoci la verità, la normalità è dannatamente noiosa.