Il successo di Pretty Woman: siamo tutte Cenerentole in attesa di riscatto

Pretty Woman è ancora, dopo 30 anni, il film più visto e amato. Perché continuiamo a essere tutte Cenerentole in attesa del Principe Azzurro

Foto di Sara Gambero

Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

Pretty Woman è stato uno dei film di maggior successo degli anni ’90,  trampolino di lancio per la carriera di Julia Roberts, consacrazione di  Richard Gere come sex symbol assoluto e conferma che la storia di Cenerentola resta in assoluto  la preferita dalle donne, che si sentono tutte piccole anime del focolare trascurate e maltrattate dal mondo, in attesa di un principe azzurro che sappia vedere, in loro, valore e bellezza.

Pretty Woman, uscito nel 1990, è stato uno dei maggiori successi di quegli anni, ed è ancora oggi, dopo 30 anni, uno dei film più visti e amati. Storia d’amore ai limiti dell’inverosimile, con l’uomo d’affari, ricco e bellissimo,  che si innamora della escort affittata per una notte, ma che ha potuto contare sull’alchimia incredibile creatasi tra i due attori del film, il già famoso Richard Gere, sex symbol fin dai tempi di Ufficiale e gentiluomo e l’esordiente Julia Roberts, che grazie al quel ruolo, rifiutato da Daryl Hanna, Meg Ryan, Valeria Golino e altre, è diventata una delle star più amate e pagate di Hollywood.

Ma il successo incredibile del film, che continua a distanza di così tanti anni (andato in onda per l’ennesima volta su Rai1 ha stracciato tutta la concorrenza) non è solo merito della bellezza di Julia e Richard, della colonna sonora cult, o dell’ambientazione da sogno, in una Beverly Hills fatta di lusso e status symbol. O meglio, è l’insieme di tutto questo ma anche qualcosa di più.

Perché non è un caso se la fortuna che lega film come My Fair Lady, Pretty Woman, a Star is Born si riconduca inesorabilmente alla stessa formula: la Cenerentola di turno, povera, umile, insignificante, che arriva dai bassifondi, ma che si trasforma, alla fine, grazie al principe conosciuto per caso (che sia Rex Harrison, Richard Gere o Bradley Cooper) nelle principessa della favola.

E poco importa se in origine  il film dovesse essere molto più dark, con Julia-Vivian dipendente dalla cocaina che finiva non tra le braccia di Edward, ma tra i rifiuti. Perché la Disney, che ha preso in mano il film a metà lavorazione, ha trasformato il copione e imposto al regista, Garry Marshall, regista del film, di cambiare il finale.

Perché ogni donna deve avere, sempre,  il diritto di sognare di poter cambiare la propria vita. E di poter essere amata dall’uomo più bello, che potrebbe avere tutte le donne che vuole, e invece sceglie proprio lei. Proprio come il meraviglioso e corteggiatissimo ballerino  Johnny-Patrick Swayze sceglieva il brutto anatroccolo Babi in Dirty Dancing, altro film tra i più amati di quegli anni.

La verità è che, seppure nella vita reale siamo circondate dal tragico, e spesso ci capita, di vivere dentro sceneggiature horror, dentro di noi sopravvive comunque la favola. E saremo sempre, tutte, Cenerentole in attesa del riscatto.