Felice Caccamo è finalmente tornato. Ospite d’onore a Zelig, tornato in prima serata a partire da giovedì 18 novembre 2021 con tre puntate speciali in occasione dei venticinque anni di storia della trasmissione. E per me, che ero una fan sfegatata di Mai Dire Goal, prima ancora che di Zelig, è stata una meravigliosa sorpresa.
Ero una bambina quando rimanevo sveglia fino a tardi per vedere Teo Teocoli nelle vesti irresistibili di Gianduia Vettorello, redattore della “Marrone de Piemonte”, in quelle di Peo Pericoli, tifoso sfegatato del Milan ma soprattutto nei panni di Felice Caccamo. Lui, insieme a Gene Gnocchi, Giorgio Faletti e pochi altri, erano i miei miti, simboli di una comicità irresistibile, irriverente, anche cattiva e sicuramente politicamente scorretta, per i canoni di oggi. Ma unica e mai più eguagliata. Il loro non era un copione scritto ma basato anche sull’improvvisazione, sulla capacità di infilare battute a tradimento verso le conduttrici e conduttori di turno, ed esprimevano al meglio la comicità dell’arte ereditata dai più grandi, Totò in primis, e allenata nel mitico cabaret milanese degli anni ’70 e ’80, quel Derby che ha sfornato talenti come Cochi e Renato, Diego Abatantuono, Paolo Rossi, Giorgio Faletti e Teocoli, appunto.
Anche ieri sera, il ritorno dopo tanto tempo di Felice Caccamo in tv, a Zelig, è stato il ritorno di quella comicità. Sicuramente scurrile, un po’ cafona, ma che nel raccontare le assurdità della vita, e di certi personaggi, non riesce a non strappare la risata e nemmeno a essere condannata.
Perché solo felice Caccamo può parlare del “pesce cazz…” senza apparire disturbante. Solo lui raccontare dell’amico pescatore tradito dal suddetto pesce e diventato cubista “ricchione” a Riccione senza smuovere le immediate critiche dei moralisti. Solo Caccamo può cenare all’osteria “La zoccola” dove la proprietaria dice: “So io, la zoccola” e gettare al vento l’urna con le ceneri dell’amico che “un cazz de Grecale gli risbatte in faccia” senza risultare sessista o blasfemo. Proprio come quando Faletti interpretava il poliziotto analfabeta e misogino Vito Catozzo che faceva i corsi di “spietatura” per diventare ancora più crudele, così “maschio che la donna prima di lavargli la biancheria doveva prendere la pillola” o lo stilista gay Franco Tamburino. Eppure nessuno si straniva, nessuno li trovava scorretti o sessisti. Forse erano altri tempi, forse eravamo noi meno moralisti. O forse erano loro così bravi da riuscire a far diventare il politicamente scorretto una comicità pungente e intelligente, che attraverso la risata, smascherava piccolezze e ipocrisie del mondo di ieri e di oggi.
E oggi che purtroppo Giorgio non c’è più, che gioia rivedere Teo-Caccamo sullo schermo, con la sua camicia azzurra e il Vesuvio dietro. Prendere per i fondelli Vanessa e Bisio, divertire divertendosi lui per primo. E nella standing ovation finale, meritata, ero (virtualmente) in prima fila. Ad applaudire per lui, per Gene, per Giorgio, e per una comicità, e una tv, che non tornerà più.