Il migliore. Marco Pantani, di cosa parla il film

Paolo Santolini dirige Il migliore. Marco Pantani, il documentario sul mito del ciclismo scomparso il 14 febbraio 2004 a 34 anni

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Martina Dessì

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Una leggenda del ciclismo scomparsa troppo presto. Tantissime sono le ombre sulla morte di Marco Pantani, avvenuta in circostanze mai chiarite davvero, ma che non hanno mai spento la luce che emanava quando gareggiava sulla sua amata bicicletta. Di questo, e di molto altro, parla il documentario diretto da Paolo Santolini Il migliore. Marco Pantani, che scava a fondo sulla personalità del ciclista tra i più amati della storia dello sport italiano.

Di cosa parla Il migliore. Marco Pantani

Il documentario diretto da Paolo Santolini, Il migliore. Marco Pantani, racconta la storia di un ciclista che ha regalato grandi gioie al Paese. È un ritratto sportivo che va ben oltre il solo ritratto agonistico ma che va a fondo sul lato umano, tenero ed empatico del Pirata. Non si indaga sulla sua morte, avvenuta il 14 febbraio 2004 a soli 34 anni, ma si spinge fino a mostrare un lato inedito del suo carattere e che dipende moltissimo dall’ambiente nel quale si è formato.

La sua famiglia, spina dorsale di tutta la sua esistenza, gli amici e i sostenitori del suo talento intervengono all’interno del film per raccontare di lui, del romagnolo che ha portato il ciclismo italiano alle stelle con un Giro d’Italia e un Tour de France vinti nella stessa stagione. La passione per la bicicletta era quella che lo smuoveva, unita a delle doti fisiche incredibili che gli avevano permesso di arrivare sul tetto del mondo e alla voglia di essere il più forte. Il Pirata era anche un uomo carico di fragilità, le stesse che l’hanno portato sull’orlo del baratro e alla morte, prematura, e che ha sconvolto il mondo.

La battaglia della madre Tonina

Tonina Belletti, la mamma di Marco Pantani, è diventata il simbolo di una lunghissima battaglia alla ricerca della verità e della giustizia per suo figlio. Lei, che quando parla del suo ragazzo stringe ancora i denti in segno di una rassegnazione mai arrivata, racconta il bambino che è stato, molto diverso da quello che conoscono i tifosi: “Marco da piccolo era un bambino buonissimo, non so spiegare il motivo, ma mi viene sempre da ridere pensando a lui, perché sino a quando aveva tre anni dove lo mettevi lui restava, poi è diventato più vivace e ha fatto tante marachelle”.

La passione per la bicicletta non è arrivata subito ma quasi per caso: “Marco giocava a calcio, tuttavia spesso rimaneva in panchina e poi molti bambini praticavano il ciclismo e il nostro vicino di casa era Roberto Amaducci, il quale allenava nel settore giovanile della Fausto Coppi. All’inizio Marco si aggregava in viale Dei Mille in sella alla mia bicicletta da donna, mentre gli altri avevano la bicicletta da corsa; ma lui quando tornava mi diceva ‘mamma, non mi hanno staccato’, e aveva già quel sorriso beffardo”.

Fu Amaducci a spingerlo verso il ciclismo e la Fausto Coppi gli mise a disposizione la sua prima bici da corsa, che aveva modificato in cantina. La prima vera due ruote da corsa arriverà anni dopo, grazie all’amore che suo nonno Sotero provava per lui: “Noi non eravamo ricchi e Marco aveva messo gli occhi su una bicicletta che non potevamo permetterci. Sia io che mio marito Paolo glielo dicemmo in tutti i modi, ma lui era testardo e determinato, così suo nonno Sotero, al quale era legatissimo, intervenne con una somma di denaro consistente, che ci permise di fare l’acquisto”.

Il film su Marco Pantani, nell’anniversario dei 20 anni dalla sua scomparsa e successivamente, è disponibile gratuitamente sulla piattaforma RaiPlay.