“Finalmente l’alba”, la vera storia di Wilma Montesi: primo omicidio mediatico d’Italia

La storia vera dietro al film di Saverio Costanzo, presentato all'80esima edizione del Festival del Cinema di Venezia

Foto di Giorgia Prina

Giorgia Prina

Lifestyle Specialist

Web Content Creator e Internet addicted che ama la complessità del reale. La passione più grande? Sciogliere matasse con occhio critico e ironia.

Finalmente l’alba, ovvero di come il primo omicidio mediatico in Italia diventa riscrittura in un film di Saverio Costanzo, presentato al Festival del Cinema di Venezia 2023. Una giovanissima aspirante attrice, che si specchia nella storia di un’altra ragazza con un sogno, come lei, ma dalla sorte completamente diversa. Si parla infatti del caso Montesi, la morte rimasta senza colpevoli di una 21enne romana, ritrovata senza vita su una spiaggia, senza indumenti e senza più speranze.

Chi era Wilma Montesi

Il caso Montesi è un fatto di cronaca nera che risale all’Italia degli anni ’50. La storia tragica della 21enne Wilma Montesi, morta per annegamento a Roma, il 9 aprile del 1953. Fu il primo grande caso di omicidio “mediatico”, poiché le indagini coinvolsero numerosi personaggi di spicco. Il corpo della giovane venne trovato la vigilia di Pasqua sulla spiaggia di Torvaianica, a due giorni dalla scomparsa.

Wilma Montesi era figlia di un falegname e viveva in via Tagliamento 76. Era considerata una donna bellissima e aveva la concreta aspirazione di diventare, un giorno, una stella del cinema. La sua carriera, però, non era ancora iniziata, e i suoi sogni si sono spezzati dopo appena alcune apparizioni come comparsa e con piccoli ruoli in alcuni film.

Al momento del decesso stava vivendo un momento, all’apparenza, magico, immersa nella preparazione delle nozze con un agente di polizia, al momento in servizio in Basilicata, a Potenza. Il matrimonio era previsto per il Natale successivo e la ragazza attendeva con trepidazione il momento del fatidico ‘sì’.

Il primo omicidio mediatico della storia d’Italia

A ritrovare il cadavere fu Fortunato Bettini, un manovale che stava facendo colazione in riva al mare. Il corpo era riverso sulla battigia e non aveva più indosso la gonna, le calze e la borsa. Benché durante le indagini venne interdetto l’intervento della stampa, il cronista del Messaggero Fabrizio Menghini riuscì a a vedere il corpo e a riportarne una descrizione talmente efficace da permettere al padre della ragazza, Rodolfo Montesi, di presentarsi per il riconoscimento del cadavere.

Dalla ricostruzione delle indagini, emerse che Wilma non era rientrata a casa per cena la sera del 9 aprile. Aveva inoltre declinato l’invito della madre e della sorella ad assistere alla proiezione di un film e aveva avvisato che sarebbe andata a fare una passeggiata. La portiera dello stabile in cui vivevano i Montesi affermò di averla vista uscire intorno alle 17:30 e di non averla più vista in seguito.

Alcune testimonianze ne tracciarono l’avvicendarsi per la città. Alle 18:00 aveva preso un treno per Ostia. Ma tra Ostia e Torvaianica, dove è stata poi ritrovata senza vita, vi sono una ventina di chilometri.

Cause della morte

Dall’autopsia emerse che la causa della morte sarebbe stata una “sincope dovuta a un pediluvio”, concludendo la ragazza aveva approfittato della gita al mare per mangiare un gelato (i cui resti furono rinvenuti nello stomaco) e fare un pediluvio in acqua di mare per alleviare una fastidiosa irritazione ai talloni di cui – a detta dei familiari – soffriva da qualche tempo. Per fare ciò, la Montesi si sarebbe sfilata scarpe e calze e, molto probabilmente, anche gonna e reggicalze, per poi immergersi in acqua, venendo tuttavia colta da un malore che il medico legale ricollegò al fatto che la ragazza si trovasse nei giorni del ciclo mestruale. Una volta scivolata in acqua priva di sensi, la Montesi sarebbe annegata.

Dall’autopsia emerse che la ragazza era ancora vergine e non aveva subito violenza, come evidenziato dal fatto che il volto era ancora perfettamente truccato e lo smalto sulle unghie delle mani intatto, ma in seguito un altro medico, il professor Pellegrini, affermò che la presenza di sabbia nelle parti intime della ragazza poteva essere spiegata solo come conseguenza di un tentativo di violenza. L’ipotesi dell’incidente fu considerata attendibile dalla polizia, che chiuse il caso, nonostante alcune stranezze.

Cosa non torna nel caso Wilma Montesi

Furono proprio alcune “stranezze” ad attirare l’attenzione dei giornali, che, non convinti dei risultati delle indagini, iniziarono a procedere con alcune inchieste che videro con sempre più forza emergere il nome di Piero Piccioni. Si trattava di un pianista, compositore e viveur. Ma non solo. Piccioni era figlio del parlamentare della DC Attilio e fidanzato con l’attrice Alida Valli (citata nel film di Costanzo). In particolare, l’inchiesta di Silvano Muto portò all’attenzione mediatica alcuni festini a luci rosse che si tenevano presso Castel Porziano, molto vicino al luogo del ritrovamento del corpo di Montesi.

Secondo quanto raccontato, la Montesi avevano partecipato a uno di questi eventi insieme ad alcuni esponenti politici e della “Roma bene”, che erano soliti frequentare quegli ambienti, e la giovane Montesi aveva avuto un malore in seguito all’uso di alcol e droga.  Un’altra testimonianza arrivò dalla giovane Marianna Moneta Caglio, che confermava la versione di Bisaccia, aggiungendo nuovi particolari. La vicenda arrivò fino a Fanfani, ad Andreotti e persino tra le mani del Papa, e ci furono diversi processi, il primo dei quali condannò Piccioni e Montagna, mentre il secondo ribaltò la sentenza e la vicenda – che tenne incollati ai giornali gli italiani per mesi interi – si concluse con la condanna di Muto, Bisaccia e Moneta Caglio.

Il caso Montesi nel film “Finalmente l’alba”

Il film di Saverio Costanzo si colloca in questo contesto, ma è incentrato soprattutto sul mondo dello spettacolo e del cinema, portando in scena tutta la sua crudeltà, le sue vane speranze e la sua vanità. La vicenda della giovane Mimosa si svolge nei primi mesi del 1953. Poco prima di quell’aprile di 70 anni fa in cui in una spiaggia poco lontano da Roma venne rinvenuto il cadavere della ventunenne Wilma Montesi. Aspirante attrice.

“Inizialmente volevo scrivere un film sull’omicidio della giovanissima Wilma Montesi” ha affermato Costanzo. “Avvenuto nell’aprile del 1953, rappresentò per l’Italia il primo caso di assassinio mediatico. La stampa speculò sulla vicenda, che coinvolgeva personalità della politica e dello spettacolo. E nel pubblico nacque un’ossessione che presto diventò indifferenza. La vittima scomparve dalle cronache per fare posto alla passerella dei suoi possibili carnefici. Poi, come accade spesso scrivendo, l’idea iniziale è cambiata”. Nel film viene citato il ritrovamento del corpo della ragazza, così come alcuni protagonisti della tragica vicenda.