Il porno fa bene o male? L’impatto della pornografia sul benessere sessuale

La verità come sempre è nel mezzo. Secondo la ricerca per le donne i benefici sembrano superare i rischi, mentre per gli uomini la questione è più complicata.

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Veronica Colella

Sex Editor

Content writer con una laurea in Scienze antropologiche e un passato tra musei e archivi. Scrive di sessualità e questioni di genere da un punto di vista sex positive, con la consapevolezza che non esistono risposte semplici a psicodrammi complessi.

Al di là delle considerazioni etiche e politiche sull’industria del porno, il suo impatto sul benessere sessuale è ancora tutto da chiarire. Sulla questione il mondo della ricerca invita alla cautela: i suoi effetti dipendono in larga parte dall’uso che ne facciamo, dal materiale che consumiamo e anche dall’occhio di chi guarda.

Alcuni esperti tendono a sottolinearne i rischi, in particolare per la sessualità maschile: da un lato la tendenza a fare confronti potrebbe alimentare l’ansia da prestazione, dall’altro abituarsi a un certo tipo di gratificazione e di stimoli potrebbe rendere meno appagante il sesso, o addirittura favorire il distacco emotivo dai partner reali. Altri invece mettono in luce gli effetti positivi di un uso consapevole della pornografia come strumento per l’esplorazione della propria sessualità e del proprio corpo, benefici a cui le donne sembrano essere particolarmente ricettive.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Azzurra Carrozzo, psicoterapeuta e sessuologa a Lecce e autrice del progetto di divulgazione Sessuologia 3.0 su YouTube.

Uomini, il sesso debole

Se parliamo di ansia da prestazione, gli uomini sembrano essere più sensibili al confronto. Lo suggerisce anche un recente studio pubblicato sulla rivista Psychological Medicine, secondo cui un uso più frequente di pornografia è associato all’aumentare di incertezze e défaillance… ma solo negli uomini. Per le donne, vale l’esatto contrario. Più tempo dedicano alla visione di materiale per adulti, più aumenta il loro senso di competenza e diminuiscono i problemi a letto.

«Potremmo dire che nella sessualità gli uomini sono il sesso debole, perché quando qualcosa non va per il verso giusto è più facile notarlo… pensiamo a una difficoltà nel mantenere l’erezione, o all’eiaculazione precoce» concede la sessuologa. «Le disfunzioni sessuali femminili esistono, ma per ragioni culturali le donne tendono meno a vivere il sesso in termini di performance. È anche per questo che alcuni studi rilevano una correlazione tra uso della pornografia e senso di inadeguatezza maschile: fin da adolescenti gli uomini imparano a porsi degli standard su quelle che devono essere le dimensioni ideali, la durata del rapporto, la qualità dell’erezione e il tipo di prestazione che potrebbero creare pressioni eccessive».

Alla scoperta di sé

Mentre gli uomini rischiano di costruirsi aspettative difficili da soddisfare, per le donne la pornografia può rappresentare l’opportunità di ampliare i propri orizzonti. «Quello che rileva lo studio è che l’accesso più facile e diretto alla pornografia è diventato per le donne un modo di conoscere e sperimentare fantasie, tecniche, posizioni o pratiche di cui si ignorava l’esistenza» chiarisce l’esperta. «All’interno della terapia lo suggeriamo per esempio a chi negli anni della crescita ha avuto meno consapevolezza del proprio corpo e delle proprie preferenze: basta scorrere le categorie per rendersi conto che esiste una varietà molto ampia di attività o di stimoli che si possono trovare eccitanti o piacevoli. Non parliamo solo di pratiche alternative o trasgressive, a volte anche solo il fatto di guardare e imitare atteggiamenti e vocalizzazioni può fare sentire più belle, più erotiche. E oggi esistono anche tutorial che insegnano come praticare il sesso orale o la masturbazione».

Vero che non tutto quello che vediamo ha la pretesa di essere realistico e che molta pornografia mainstream è ancora appiattita su un unico punto di vista (quello maschile, eterosessuale e dominante), ma non è detto nemmeno che sia tutto esagerato o distorto. La pornografia etica si pone tra i suoi obiettivi anche la rivendicazione di punti di vista diversi, come quello femminile o quello queer, oltre che garantire maggiori tutele a chi lavora sul set. Difficile quindi fare di tutta l’erba un fascio, ma sarebbe ingenuo anche pensare che esistano solo benefici.

«A seconda dell’atteggiamento che si ha verso la pornografia questo approccio rischia anche di avere l’effetto contrario, cioè di inibire ulteriormente. Magari fino a ieri determinati comportamenti erano accettati, ma ora li si associa al porno e li si respinge, o si estendono i giudizi negativi che si hanno sul tema al sesso in generale» aggiunge la sessuologa.

Meglio non esagerare

Un altro aspetto da prendere in considerazione sono gli effetti collaterali di un utilizzo eccessivo o addirittura compulsivo, a cui gli uomini sono particolarmente suscettibili. Sono quelli con cui si trovava alle prese il personaggio di Joseph Gordon-Levitt in Don Jon (2013), fidanzato con una ragazza bellissima ma poco interessante (Scarlett Johansson) e in crisi nera perché si rende conto di preferire il porno al sesso nella vita reale.

«Quando se ne fa un abuso il problema è che ci si abitua a una stimolazione intensa e rapida, anche a livello neurochimico. Sulla dipendenza dalla pornografia c’è da aprire un capitolo a parte, perché parliamo di un utilizzo esagerato che crea problemi relazionali, isolamento sociale, disfunzioni erettili e anche difficoltà emotive. Le aspettative non sono falsate solo dal confronto con attrici e attori ma anche dalla velocità con cui si può usufruire dei video: se c’è una pratica che mi piace posso guardarla a ripetizione e ignorare tutto il resto» chiarisce la dottoressa Carrozzo. «Abituarsi a ricevere in esclusiva questo tipo di sollecitazione può quindi rendere il sesso nella vita reale meno soddisfacente, allo stesso modo in cui potrebbe farlo l’abuso di un sex toy. Per evitare di incorrere in questi problemi il consiglio è di alternare la pornografia alla fantasia, altrimenti la pornografia diventa limitante».

Educare è importante

Le generazioni più giovani sono abituate all’ubiquità del porno, ma proprio per questo possono essere particolarmente critiche. L’anno scorso la cantante dreampop Billie Eilish ha ribadito quanto disturbanti possano essere certi contenuti se si inizia troppo presto. Lei aveva undici anni e pensa che il porno le abbia “distrutto il cervello”: tutto quello che ne ha ricavato sono anni di incubi e una distorta percezione delle dinamiche del consenso.
Il guaio è che quando si vuole imparare qualcosa sul sesso non sembrano esserci molte alternative e nemmeno gli adulti risultano granché preparati.

“La pornografia non è pedagogia, ma spesso funziona come se lo fosse” sintetizza la filosofa Amia Srinivasan nella raccolta di saggi Il diritto al sesso (Rizzoli): in mancanza di altre fonti di informazione, guardare video in streaming è un modo di avere almeno una vaga idea di cosa fare a letto. E questo sembra essere un problema prima di tutto per le coetanee, perché i criteri del sesso appagante secondo la pornografia mainstream non sempre rispecchiano i loro desideri.

«Il rischio che questi contenuti siano travisati esiste, ma va di pari passo con la mancanza di educazione sessuale nelle scuole, in oratorio o in altri contesti pubblici» conferma la sessuologa. «Quello che manca è prima di tutto l’educazione al consenso, al rispetto per il proprio corpo e per il corpo dell’altro, ma anche una riflessione davvero completa sul piacere. I miei pazienti più giovani, intorno ai vent’anni, sono molto consapevoli di essere stati “viziati” dalla pornografia e a livello razionale sanno distinguere fantasia e realtà. La reazione di pancia però è un’altra cosa e come abbiamo detto i confronti possono fare sentire inadeguati. Spesso nella pornografia mainstream l’enfasi è tutta sulla prestazione e sulla penetrazione, ma è un atteggiamento molto riduttivo al sesso. Il mio consiglio è di arricchirsi, esplorare, ragionare di più su quello che piace davvero alle o ai partner e di non trascurare la potenza dell’immaginazione».