Diabete e alimentazione: il parere dell’endocrinologa e della nutrizionista

Scopriamo cos’è il diabete e gli effetti positivi che la dieta chetogenica VLCKD potrebbe avere su questa patologia.

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Stella Galbiati

Biologa Nutrizionista

Biologa Nutrizionista laureata nel 2015 in Scienze della Nutrizione Umana. Si occupa di corretta alimentazione.

Eccoci in presenza della Dott.ssa Ferrero, medico nutrizionista, e della Prof.ssa  Manfrini, endocrinologa, per  parlare  di  una  patologia  molto  frequente  nella  nostra  popolazione,  ovvero  il  diabete e, nello specifico, della correlazione tra questo e gli approcci alimentari più indicati per affrontarlo, come le diete chetogeniche VLCKD (very low calorie ketogenic diet).

Prof.ssa  Manfrini, possiamo  spiegare  in  modo  semplice  ai  nostri  ascoltatori,  che  cos’è  il  diabete,  quanti  tipologie esistono  e  quali  sono  le  principali  cause? 

Iniziamo spiegando che il diabete  è  una  patologia multifattoriale,  cioè  dipendente  da  fattori  genetici,  ma  soprattutto  ambientali quali lo stile  di  vita, ed  è  caratterizzata  da  un ‘iperglicemia  cronica  che  porta  a  disturbi  e ad  alterazioni  del  metabolismo  degli  zuccheri,  quindi  dei  carboidrati,  dei  lipidi,  dei  grassi  e  delle  proteine,  ed  è  correlata  a  un’alterazione  dell’insulina,  sia della sua secrezione  che dalla sua azione  a  livello  dei  tessuti  periferici, come il  muscolo,  il  grasso,  il  fregato,  oppure  entrambe  i  meccanismi  collegati  insieme.  Pertanto, questa  condizione  è  dannosa  perché  nella  cronicità,  quindi  nel  tempo  che  passa,  dà  adito  a  delle  complicanze  che  portano  a  avere  proprio  malattie  che possono interessare cuore,  reni,  nervi e occhio, per cui richiede  una particolare  attenzione.

La classificazione del diabete  è  molto  ampia  e  dettagliata: le  forme  più  comuni,  partendo  in  ordine  di  frequenza  e  prevalenza, sono  il  diabete  di  tipo  2,  tipico  dell’adulto,  per  lo  più  di  una  certa  età  e spesso in sovrappeso,  con  uno  stile  di  vita  scorretto,  caratterizzato  da  insulina- resistenza  o  sindrome  metabolica. Il  diabete  di  tipo  1, invece,   è  caratterizzato da una  riduzione  della  secrezione  di  insulina  da  parte  della  beta-cellula, ovvero la  cellula  pancreatica deputata alla sua sintesi. Questo si manifesta prevalentemente in età  pediatrica, anche neonatale: essendo caratterizzato dall’assenza totale di produzione dell’insulina, l’unica terapia è la somministrazione della stessa.

Altre  forme comuni di diabete sono  quello  gravidico, che si può manifestare   tra  il  secondo  e  il  terzo  trimestre  di  gravidanza  in  una  donna  che  precedentemente  non  aveva  dato  segni e sintomi della patologia, oppure quello di tipo genetico, come  il  “mody”,  oppure  quello  secondario, legato all’utilizzo dei farmaci, quali il cortisone.

Potrebbe anche  darci  delle  indicazioni  legati  alla  diffusione  del  diabete  in  Italia  ad  oggi?

I  dati  ISTAT italiani del 2020  dicono  che  la  prevalenza  del  diabete  è  del  5,9%:  ciò  significa  che  3  milioni  e  mezzo  di  persone  hanno  il  diabete  e  questo  dato  è  in  continuo  incremento. Questi dati, sicuramente legati  al nostro stile  di  vita medio,  derivano anche da diagnosi  fatte precocemente, grazie al fatto che oggi  abbiamo  diversi  strumenti  per  intercettare questa  condizione e i suoi fattori predisponenti, come l’alterata glicemia a digiuno e la ridotta  tolleranza ai carboidrati.  La  prevalenza nel nostro Paese, confrontata con quelle  internazionali, come riportato dall’International  Diabetes  Federation, è  leggermente  inferiore (10,5): per dare un’idea di grandezza, nel mondo  ci sono circa  536  milioni  di  diabetici.

Professoressa  Manfrini,  spesso  una  glicemia  che  è  leggermente  alterata  viene  sottovalutata  dalla  maggior  parte  della  popolazione.  Quando  invece  dobbiamo  realmente  preoccuparci  rivolgendoci  quindi  ad  un  esperto?

Per alterata  glicemia  digiuno, si intende una valore  superiore  al  100  o  il  110  fino  al massimo al 126 mg/dl.  Se sono presenti valori di questo tipo  dobbiamo  attivarci  per  andare  ad  approfondire  la  situazione.

Come  sappiamo,  la  diagnosi  di  diabete  si  pone  quando  in  due  momenti  distinti,  viene  rilevata  una  glicemia  superiore  al  126 mg/dl,  oppure  un valore di emoglobina  glicata (un  nuovo  strumento  recentemente  introdotto)  pari  o  superiore  al  6 .5 %.  È  chiaro  che  glicemie molto elevate, come superiori  a 200 mg/dl,  possono presentare anche segni e sintomi,  come  un  aumentato  senso  della sete,  un urinare  più  frequente,  una  perdita  di  peso  ingiustificata, che possono chiarire più facilmente la situazione patologica.

Quando il  diabete  viene  diagnosticato,  viene  curato  attraverso  un ‘adeguata  terapia, che non può essere sospesa anche se i valori glicemici si riducono. Il  diabete  diventa, quindi,  un  compagno  di  viaggio: non si deve mai abbandonare la terapia, soprattutto in un momento  storico  come questo, nel quale abbiamo un  ventaglio  di  offerte  terapeutiche,  sia  dieto-terapiche,  farmacologiche  e tecnologiche, come le modalità  di  erogazione  dell’  insulina,  che  portano  sempre  di  più  paziente  al corretto  target  di  normalizzazione e protezione. È importante che il livello di guardia non scenda mai: il  diabete  è  molto  subdolo,  va  sempre  monitorato  nel  tempo,  anche  se  i  livelli  glicemici  sono  a  target,  deve essere sempre messo in atto un  atteggiamento  di  prevenzione, al fine di ridurre le complicanze  che  spesso  e  volentieri  si  fanno  presenti  anche  quando  i  livelli  glicemici  magari  sono  rientrati  nella  norma.

 Dott.ssa  Ferrero,  la  Prof.ssa Manfrini  ci  ha  parlato  di  stile  di  vita:  sappiamo  bene  che  una  chiave  dello  stile  di  vita  è  l ‘alimentazione. È  risaputo  che  il  diabete è  correlato  alla  quantità  di  zuccheri  che  vengono  assunti  all ‘interno  della  propria  giornata  alimentare, ma  è  vero  che  un  diabetico  non  può  assolutamente  assumere  nessun  tipo  di  carboidrato?

Diciamo che l ‘assunzione  di  zuccheri  influenza  forse  più  la  glicemia: questa è  un  parametro molto importante che indica la quantità  di  zucchero  nel  sangue, che  come  abbiamo  visto  è  influenzato  e  tento  sotto  controllo  da  tantissimi  e  complessi  sistemi  di  regolazione, per  cui  sicuramente  un  eccessivo  consumo  di  zucchero  ha  un  effetto  diretto  sull’innalzamento  della  glicemia, ma non è assolutamente vero che il paziente affetto  da diabete non possa assumere i carboidrati.

È  pur  vero, però,  che  la  quantità  di  carboidrati  nella sua alimentazione  deve  in  qualche  modo  essere  bilanciata e controllata, ma  più  che  sulla  quantità  sulla  qualità:  questi pazienti dovrebbero assumere principalmente  quelli caratterizzati  da  un  basso  indice  glicemico, ovvero quelli che  abbiano  una  minore  influenza  diretta  sul  rialzo  della  glicemia, come quelli presenti nelle  farine  di  tipo  integrale, più ricchi  di  fibra  rispetto  ai  cibi  più  raffinati.

Dott.ssa, sappiamo  però  anche  che  effettivamente  una  delle  cause  del  diabete, soprattutto  quello di  tipo  2,  può  essere  l ‘incremento  di  peso. A  livello  di  protocolli  alimentari,  negli  ultimi  anni  si  sente  parlare  spesso  di  dieta  chetogenica, potrebbe  spiegarci  in  modo  molto  breve  effettivamente  di  che  cosa  si  tratti  e  se  potrebbe  essere  una  soluzione  adeguata  per  un  paziente  diabetico?

Sicuramente  il  diabete  e  l ‘obesità/sovrappeso  sono  legati  da  un  filo  strettissimo, non necessariamente  solo  causale,  cioè  non  semplicemente  il  fatto  che  l ‘obesità  causi il  diabete,  ma  da  tanti  fattori  patogenetici  che  le  due  patologie  condividono, tant’è  che  si  usa  anche  il  termine  di  “diabesità”  per  descrivere  la  situazione  clinica  in  cui  un  eccesso  di  peso  è  compresente  alla  patologia  diabetica.  In  questo  caso,  nel  paziente  con  un  eccesso  di  peso  importante  o  l ‘obesità  e  il  diabete, si consigliano terapie dietetiche e, effettivamente, sentiamo parlare  molto  spesso  di  diete chetogeniche. Questi sono dei  trattamenti  dietetici  caratterizzati  da  una  forte restrizione di consumo quotidiano di  carboidrati. Questo  implica  una  progressiva  riduzione  dei  livelli  di  insulina  del  sangue  e, quindi, la  possibilità  del  nostro  corpo  di  attingere non solo alle  riserve  di  grasso, ma anche di  produrre  delle sostanze  che  si  chiamano  corpi  chetonici, utilizzate come fonte energetica.

Possiamo dire quindi che le diete chetogeniche  sono  dei  trattamenti  dietetici  molto  ben  strutturati  da  un  punto  di  vista  biochimico, caratterizzate però solo  dal  fatto  di  avere  un  ristretto  contenuto  di  carboidrati. I  trattamenti  dietetici  che  sfruttano  questi  meccanismo, detto chetosi, vengono  utilizzati  molto  efficacemente  nei  pazienti  obesi:  la restrizione di carboidrati, ma anche calorica, consente la  mobilizzazione  del  grasso, con conseguente riduzione  del  peso  corporeo, step  terapeutico  fondamentale  del  paziente  diabetico. Per  cui  aiutano  a  ridurre  il  peso  corporeo  proprio  perché  permettono  di  ridurre  tanto  le  calorie  ma  sono  trattamenti  dietetici  normo- proteici, con un contenuto  ridotto  anche  in  grassi  proprio  per  permettere  questa  riduzione  calorica: è molto  importante  questa  differenziazione  perché  nel  paziente  obeso  e,  più in  generale nel diabetico, è necessario stare molto  attenti  da  un  punto  di  vista  alimentare  in  modo  da  provocare  un  vantaggio  metabolico, con  controllo  dei  parametri  metabolici  alterati,  quali  la  glicemia, il quadro  lipidico  o  la  pressione  arteriosa. Si è visto che   queste  diete  sono  utilizzate  molto  efficacemente.

Dott.ssa, lei  prima  ha  parlato  già  di  carboidrati, sottolineando soprattutto la  qualità  di questi. Potrebbe  anche  suggerire  ai  nostri  ascoltatori  come  alimentarsi  in  modo  corretto, in particolare  per  quei soggetti  che  hanno  il diabete e, eventualmente,  quali  sono  quegli  alimenti  a  cui  si  dovrebbe  stare  particolarmente  attenti, quindi  da  limitare  il  più  possibile?

Quello  che  è  importante  sottolineare è che, fortunatamente,  le  linee  guida  di  tutto  il  mondo  in  questi  anni  si  sono  sganciate  dal  concetto di una dieta  specifica per  il  paziente  diabetico,  avvicinandosi, invece,  all’ idea  di  uno  stile  alimentare  sano  e  salutare, soprattutto  per  il  paziente  patologico come il diabetico  che  è  a  grande  rischio  cardiovascolare. Ovviamente, tutto questo  nel  rispetto  delle  preferenze alimentari, tradizionali e religiose del paziente. Tutti  questi  aspetti  devono  essere  considerati  nel  proporre  quello  che  non  è  più  visto come una cura, come  può  essere  un  trattamento  con  una  dieta  chetogenica, ma  quello  che  deve  essere  validato  come  uno  stile  di  vita  sano  da  protrarre  nel  tempo,  per  mantenere  ovviamente  un  buon  controllo  della  patologia  a  lungo  termine,  in  assenza  di  interventi  terapeutici  particolari.

Come abbiamo detto, per  quanto  riguarda  la  qualità  dei  carboidrati per il  paziente  diabetico  e  per  tutti  noi  naturalmente, va  posto l ‘accento  sul  limitare un eccessivo  consumo  di  zuccheri  semplici; ricordiamo che anche  la  frutta  limitata  nella  quantità  di  assunzione  giornaliera  perché  chiaramente  contiene  degli  zuccheri  semplici: tutto  quello  che  è  un  eccesso,  sia  da  un  punto  di  vista  calorico che di proporzioni tra i macronutrienti, deve essere eventualmente valutato al fine della correzione  del  peso.  In conclusione, non ci  sono  delle  preclusioni  alimentari particolari per questa  patologia, se  non  delle  attenzioni  per  quanto  riguarda  la  quantità  generale  di  zuccheri  semplici,  un  consumo eccessivo di alcool,  di  particolari  alimenti  che  sappiamo  essere dannosi sul  quadro  lipidico, mantenendo  sempre un  occhio  molto  attento  sulla  qualità  di  quello  che  assumiamo quotidianamente.

Ringraziamo  sia  la  professoressa  Manfrini  sia  la  dott.ssa  Ferrero  per  essere  intervenute  oggi  e  vi  ricordiamo  che  possiamo  trovare  questa  intervista  e tantissimi altri approfondimenti su questa rubrica.

In collaborazione con Penta Diet