C’è una proteina, all’interno dei globuli rossi. È formata dalla globina legata a un gruppo non proteico contenente ferro, chiamato eme. Il risultato di questa “unione” è il trasportatore naturale di ossigeno che viene caricato nei polmoni e, attraverso il circolo, viene trasportato e distribuito a tutte le cellule del corpo. Quando si è anemici, l’emoglobina cala.
Ma ci sono forme molto rare di patologia che interessano appunto l’emoglobina. Una di queste è l’emoglobinuria parossistica notturna o Epn. La ricerca mette a disposizione nuove opzioni di cura per questa patologia, che va innanzitutto riconosciuta precocemente.
Attenzione al colore delle urine
L’emoglobinuria parossistica notturna è una patologia molto rara che colpisce circa 2-5 persone ogni milione di abitanti. ”È una malattia del midollo osseo, l’organo nel quale vengono prodotte tutte le cellule del sangue, ed è causata da una mutazione casuale, non ereditaria, che fa produrre alle cellule staminali globuli rossi, globuli bianchi e piastrine “difettosi” – spiega Simona Sica, Direttore UOC Ematologia e Trapianto di cellule staminali, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS UCSC di Roma. Può talvolta svilupparsi come risultato di una malattia del midollo osseo che si chiama aplasia midollare o anemia aplastica, nella quale risultano diminuiti di numero sia i globuli rossi (anemia) che i globuli bianchi (leucopenia) e le piastrine (piastrinopenia).
In altri pazienti, l’aplasia può comparire successivamente durante la storia clinica della malattia. I globuli rossi "difettosi" diventano sensibili al complemento, un meccanismo del sistema immunitario, e attivano una serie di proteine. I globuli rossi difettosi sono deboli e incapaci di difendersi dal complemento, che quindi li distrugge, facendo fuoriuscire l'emoglobina al loro interno”.
Il risultato di questa situazione è che esiste un sintomo comune a queste condizioni, che va indagato: è la colorazione scura dell’urina legata all’emolisi che è attiva anche quando i segni non sono evidenti, cioè tra una crisi emoglobinurica e l'altra.
“Oltre al colore delle urine, nella maggior parte dei casi l’Epn classica si manifesta con i sintomi dell’anemia (mancanza di globuli rossi): pallore, stanchezza, affanno e palpitazione – segnala l’esperta. Si possono avvertire dolori addominali e difficoltà a deglutire cibi solidi e perfino liquidi. L’uomo può avere difficoltà nei rapporti sessuali (disfunzione erettile). Altri possibili sintomi sono quelli secondari alle trombosi, che sono diversi a seconda di quale parte del corpo è interessata. La malattia è molto variabile e in ragione di questa variabilità i suoi sintomi sono più o meno evidenti, e possono cambiare nel tempo. Ma anche se le manifestazioni cliniche sono fugaci o parossistiche, il meccanismo patologico continua a lavorare in sottofondo”.
La complicazione più grave è la trombosi, cioè la formazione di coaguli all'interno dei vasi sanguigni, soprattutto delle vene. Inoltre, le crisi emoglobinuriche molto gravi aumentano il rischio di danni ai reni.
Come riconoscere la situazione
Come detto, la diagnosi è spesso tardiva pur se può bastare un semplice esame delle urine per individuare la presenza di emoglobina. “Un semplice prelievo di sangue può anche permettere di identificare i globuli rossi e bianchi anormali con una tecnica nota come citofluorimetria – conclude la Sica. Tuttavia, questo test viene eseguito solo in centri specializzati in ematologia. All'inizio della malattia, un esame del midollo osseo è spesso condotto per verificare la presenza di aplasia o ipoplasia del midollo osseo”.
Una volta fatta la diagnosi, poi occorre pensare ai pazienti, con cure specifiche ed un occhio alla qualità di vita, che dipende dai sintomi che la malattia provoca.
“I pazienti che sviluppano un'anemia significativa, per esempio, dipendono dalle trasfusioni e quindi la malattia ha un impatto significativo sulla vita quotidiana. Si tratta di pazienti indeboliti in cui lo stress aumenta anche il rischio di trombosi. Nei pazienti con una precedente malattia del sangue, possono verificarsi emorragie o infezioni. È quindi chiaro che la malattia rappresenta un pesante fardello sia per i pazienti che per chi li assiste”. In conclusione, ricordiamo che nel 10-15% dei casi ci può essere un miglioramento spontaneo: la guarigione spontanea può verificarsi anche in pazienti con malattia grave, ma dopo molti anni”.