Emicrania con aura, svelato un possibile meccanismo scatenante

Differenze tra emicrania con e senza aura, i sintomi della crisi, i soggetti più a rischio e la possibile causa scatenante

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Si dice spesso che l’emicrania, patologia che interessa soprattutto le donne, non lasci vivere. Il dolore può diventare insopportabile, diventa difficile svolgere le proprie attività quotidiane, a volte diventa un fastidio anche semplicemente la luce e bisogna stare in una stanza buia.

La scienza sta facendo passi avanti per svelare i segreti che stanno dietro alle crisi, che vanno riconosciute e diagnosticate correttamente perché anche se si parla genericamente di emicrania, non tutte le forme sono uguali. Per una di queste, l’emicrania con aura, una speranza per il futuro viene da uno studio sperimentale coordinato da Daniela Pietrobon dell’Università di Padova e da K.C. Brennan dell’Università dello Utah. Lo studio, nei topi, ha svelato un nuovo, potenziale meccanismo che entrerebbe in gioco nella genesi delle crisi negli animali da esperimento.

Senza o con aura?

In termini generali, l’emicrania è una delle forme più comuni di cefalea. Ma non è sempre uguale sia nell’intensità che nelle modalità di presentazione delle crisi. La forma più frequente, che raccoglie circa 8 episodi su 10, è quella senza aura. In genere è  caratterizzata da attacchi di mal di testa frequenti – che possono durare da qualche ora a tre giorni – di solito unilaterali con dolore pulsante – d’intensità moderata o forte – che peggiora con l’attività fisica.

Il paziente  durante le crisi può manifestare intolleranza e fastidio alla luce e ai rumori e avere episodi di nausea o vomito. Irritabilità, malumore e depressione possono essere le spie d’allarme che segnalano l’inizio di una crisi. Nel sesso femminile,  che raccoglie circa il 60% dei casi di emicrania senza aura,  l’insorgenza tende a essere circoscritta in un periodo vicino o  sovrapponibile al ciclo mestruale.

L’emicrania con aura, invece è una cefalea idiopatica  che si caratterizza per la presenza di attacchi unilaterali con sintomi neurologici che normalmente si sviluppano 5-20 minuti prima dell’attacco e perdurano per non più di 60 minuti (aura). Tecnicamente in questi casi la cefalea viene preceduta da disturbi visivi o ancora da deformazioni illusionali della struttura degli oggetti. In altre varianti dell’aura si manifestano invece parestesie o ipostesie unilaterali. Più semplicemente si può dire che spesso la crisi è preceduta da disturbi visivi o da “addormentamento” di un braccio.

La ricerca degli studiosi padovani e americani, in pratica, propone come possibile meccanismo in grado di “accendere” le crisi una sorta di “onde anomale” che pervadono il cervello: si tratta di “sbuffi” di glutammato che potrebbero entrare in gioco anche per altre patologie neurologiche.

Nei topi lo studio ha infatti dimostrato che l’aumento di questa sostanza tra le cellule cerebrali potrebbe favorire la comparsa di “anomalie” elettriche capaci di allargarsi nel cervello, come veri e propri maremoti che potrebbero diventare responsabili in qualche modo delle crisi emicraniche con aura e di altri problemi.

Perché è una patologia femminile

L’emicrania  non è un sintomo ma piuttosto una malattia neurologica che affligge soprattutto le donne. Gli studi dicono che questa condizione segue l’andamento delle fluttuazioni degli ormoni sessuali femminili, presentando fasi di maggiore acuzie e severità nei giorni delle mestruazioni e dell’ovulazione.

Manifesta tipicamente un miglioramento nel corso del secondo e terzo trimestre di gravidanza per poi riaffiorare in tutta la sua disabilità dopo il puerperio e l’allattamento. La scomparsa con la menopausa è tutt’altro che una regola dal momento che in un terzo delle donne persiste in forma immodificata mentre in altro terzo manifesta un peggioramento.

Sul fronte delle crisi, un attacco può durare nel suo complesso fino a 5-6 giorni. Si può “sentire” già  24 ore prima del dolore con sintomi vaghi come stanchezza, irritabilità, depressione, sbadiglio, particolare appetito per dolci (e tra questi il cioccolato).

L’attacco vero e proprio dura dalle 4 alle 72 ore. In questa fase si sommano un dolore severo, riguardante tipicamente una metà del capo, e numerosi sintomi come la nausea, spesso molto intensa, e il vomito, caratterizzato talora da conati ripetuti.

Il dolore è pulsante e si esaspera anche con minimi movimenti, costringendo il soggetto a ritirarsi in disparte, isolato da rumori e luci verso i quali diviene sensibilissimo. Dopo la crisi possono esserci insofferenza, prostrazione, scadimento dell’umore, necessità continua di urinare.  Sul fronte delle cure, ovviamente, la parola deve passare al medico ed in particolare agli esperti dei Centri dedicati al trattamento delle Cefalee, presenti in tutta Italia.