Dolore cronico, quando serve la radiofrequenza e come usare gli oppioidi

Sono molti i vantaggi della radiofrequenza per contrastare il dolore cronico in pazienti over 65. Soprattutto quando assumono già molti farmaci

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Painkiller. Si intitola così la serie di Netflix che mette a nudo, partendo da fatti realmente accaduti, la problematica della gestione dei farmaci derivati dall’oppio negli USA. Certo è che questi medicinali possono essere di grande aiuto in chi fa i conti con il dolore cronico. Ma è altrettanto evidente che non si deve autogestire la problematica senza fare riferimento agli esperti.

A segnalarlo sono gli esperti presenti al Congresso Nazionale di FederDolore-SICD (Società Italiana dei Clinici del Dolore) tenutosi a Bologna.  Ecco, sul tema e sulle prospettive di cura di chi affronta il dolore cronico, il parere di Giuliano de Carolis, Past President di FederDolore SICD.

Oppiacei, l’Italia è diversa dagli USA

“In Italia non esiste il problema della dipendenza da oppiacei come è invece successo negli Stati Uniti alla fine degli anni ’90 e come è ben descritto dalla serie televisiva di Netflix – ricorda l’esperto. A causa dell’uso sregolato e talvolta illecito dell’ossicodone prescritto con estrema facilità dai medici americani si stima che siano morte circa 300 mila persone negli ultimi 20 anni negli USA.  Per fortuna oggi il governo americano è riuscito a frenare l’abuso di ossicodone nel paese”.

In Italia la situazione è assolutamente diversa e anzi, il corretto uso di farmaci oppiacei per il trattamento del dolore cronico non sembra adeguatamente diffuso considerando che sono 14 milioni gli italiani che soffrono di dolore cronico e che molti di questi (circa 4 milioni) soffrono di un dolore non adeguatamente trattato. Ci sono però altri aspetti che non vanno sottovalutati e a volte rendono più difficile il trattamento di queste forme di dolore.

“In Italia il diritto al trattamento del dolore cronico è sancito dalla legge 38 del 2010 – segnala l’esperto. Purtroppo però, a 13 anni dalla sua approvazione, questa legge manca ancora di una sua completa attuazione e di un pieno riconoscimento su tutto il territorio nazionale. Una recente indagine  di Cittadinanzattiva ha rilevato che sette cittadini su dieci non conoscono questa legge e tutti i diritti che essa sancisce. Sempre secondo questa indagine il 40% degli intervistati non sa che i farmaci oppiacei sono sicuri ed altamente efficaci nel dolore cronico”.

Cosa bisognerebbe fare quindi per superare queste criticità e per garantire in modo adeguato i diritti del cittadino riguardo l’accesso alle cure per il dolore cronico? La risposta viene dallo stesso De Carolis.“Sicuramente il punto di partenza è la promozione di campagne di informazione sulla legge 38 rivolte sia agli operatori sanitari che ai cittadini.

Una recente indagine (Survey Dimensione Sollievo) ha rilevato che oltre il 55% degli intervistati, pur sapendo dell’esistenza di centri specializzati per la terapia del dolore, non si è rivolto a loro per una presa in carico del problema. Inoltre emerge anche che il 41% dei pazienti soffrono di dolore cronico da più di 10 anni e ben il 29% ha dovuto attendere più di 5 anni per una diagnosi definitiva. Tutto questo ovviamente comporta gravi ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti e sicuramente una strategia auspicabile è la presa in carico precoce del paziente da parte dei centri specializzati di terapia del dolore”.

La radiofrequenza nel trattamento del dolore cronico negli anziani

L’utilizzo della radiofrequenza per il trattamento del dolore cronico negli over 65 che assumono già tanti farmaci, può comportare significativi vantaggi. Si tratta di un approccio che offre un sollievo personalizzato dal dolore, minore esposizione ai farmaci e una migliore qualità di vita.

“L’invecchiamento è spesso accompagnato da una serie di patologie croniche, e molti anziani si trovano a dover gestire un elenco sempre più lungo di farmaci per trattare queste condizioni – ricorda De Carolis.  Sappiamo che anche se i farmaci sono essenziali per il controllo di molte malattie, possono causare effetti collaterali o interazioni indesiderate. Nel caso del dolore cronico molti diffuso tra gli over 65 l’uso della radiofrequenza per il trattamento del dolore cronico può offrire numerosi vantaggi per gli anziani, migliorando la loro qualità di vita e riducendo la dipendenza dai farmaci”.

Uno dei principali vantaggi della terapia con radiofrequenza è che può offrire sollievo dal dolore senza la necessità di aggiungere farmaci all’elenco già complesso di medicinali che molti anziani assumono quotidianamente.

Come funziona la radiofrequenza

L’impiego eccessivo di farmaci può comportare problemi come effetti collaterali indesiderati, interazioni tra farmaci e un aumento del rischio di cadute e incidenti.  “A differenza di molti farmaci – prosegue l’esperto – che possono causare effetti collaterali indesiderati come nausea, vertigini o disturbi gastrointestinali, la terapia con radiofrequenza è generalmente ben tollerata e presenta un basso rischio di complicazioni”.

La radiofrequenza è una procedura minimamente invasiva che coinvolge l’uso di onde elettromagnetiche per trattare il dolore cronico. Questo trattamento può offrire un sollievo a lungo termine, riducendo la necessità di procedure ripetute rispetto ad alcune altre terapie. Ciò significa meno disturbo per il paziente e una maggiore stabilità nel controllo del dolore nel tempo.

“Il dolore cronico può avere un impatto significativo sulla qualità di vita degli anziani, limitando la loro capacità di svolgere attività quotidiane – conclude De Carolis – socializzare e godersi appieno la vita. La terapia con radiofrequenza può aiutare a ridurre il dolore, consentendo agli anziani di mantenere uno stile di vita più attivo e indipendente”.

Fonti bibliografiche

FederDolore-SICD