La scienza va avanti. E sempre di più, grazie agli studi sulle caratteristiche molecolari delle cellule e sui “segnalatori” che queste presentano, si riescono a mettere in atto terapie mirate per trattamenti personalizzati su ogni paziente. Anche nelle forme più avanzate della patologia, quando la lesione primitiva ha già dato metastasi, si possono insomma trovare approcci specifici e disegnati su misura, caso per caso. Ma mentre la ricerca avanza, rimane un fondamentale obiettivo di sanità da raggiungere: occorre anticipare primo possibile la diagnosi della malattia. Gran parte dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (di gran lunga la forma più diffusa),di nuova diagnosi, presenta infatti una patologia in stadio avanzato (stadio IV), ovvero metastatico. Si tratta della forma più complessa da affrontare anche se negli ultimi anni l’immunoterapia (da sola o in combinazione con la chemioterapia) e le terapie a bersaglio molecolare su geni mutati ampliano sempre di più le opportunità di cura. Anche per questo arrivare prima con la diagnosi è fondamentale: una volta identificata la lesione, poi, procedendo con esami mirati delle cellule, si può poi trovare il trattamento più idoneo, integrando le diverse strategie di cura disponibili, dalla chirurgia, fino ai trattamenti farmacologici (compresa ovviamente la possibilità che il corpo impari a difendersi da solo con l’immunoterapia) e alla radioterapia.
I tanti volti del tumore polmonare
Le neoplasie polmonari ogni anno in Italia fanno registrare oltre 44mila nuove diagnosi e più di 35mila decessi. Ovviamente stiamo parlando in termini generali. Esistono sostanzialmente due grandi tipologie di tumore che interessa questi organi, che si caratterizzano in base alle dimensioni delle cellule. Il più diffuso è il carcinoma polmonare non a piccole cellule, o NSCLC (non-small cell lung cancer), che rappresenta l’85%-90% di tutti i casi di tumore del polmone e include vari sottotipi quali carcinoma a cellule squamose, adenocarcinoma, carcinoma a grandi cellule. Più raro è il carcinoma polmonare a piccole cellule, o SCLC (small cell lung cancer) che rappresenta il 10-15% circa di tutti i tumori polmonari ed è più aggressivo. Presenta infatti una tendenza maggiore a metastatizzare già nelle fasi precoci di malattia. Il carcinoma polmonare a piccole cellule è estremamente temibile, sia perché si propaga più velocemente dell’adenocarcinoma (la forma più diffusa, responsabile di oltre l’80 per cento dei casi di tumore), sia perché cresce molto rapidamente, pur mantenendo dimensioni ridotte. Per questo, al momento della diagnosi, le cellule tumorali spesso si sono già diffuse nel sangue. Queste definizioni grossolane servono per comprendere che quando si parla di tumore polmonare occorre sempre fare una precisa distinzione tra le diverse forme. Ed è fondamentale puntare su una corretta stadiazione del tumore del polmone, che viene valutata considerando prima di tutto l’estensione della malattia. Nello stadio I, il tumore non è diffuso ed è piccolo, resecabile con la chirurgia. Nello stadio II il tumore è diffuso a linfonodi e tessuti circostanti ed è operabile. Poi, negli stadi III e IV, il tumore si diffonde ai linfonodi e dà metastasi.
Fondamentale studiare le cellule
Ovviamente, parliamo in termini molto generali. Ma non dobbiamo dimenticare che il tumore del polmone, oltre ad essere una delle forme neoplastiche più diffuse, è anche molto complesso da studiare. Basilare, dal punto di vista del percorso di cura, è identificare le caratteristiche delle cellule neoplastiche: solo avendo a disposizione questa informazione si possono identificare i trattamenti più indicati caso per caso, favorendo l’appropriatezza terapeutica. In questo ci assiste il sequenziamento del DNA che consente di cogliere eventuali alterazioni molecolari delle unità neoplastiche. Conoscendo queste peculiarità si possono anche identificare queste caratteristiche come elementi chiave per la crescita e lo sviluppo del tumore e quindi trovare, caso per caso, obiettivi terapeutici specifici. Così si può puntare su farmaci che possono modificare la stessa traiettoria di sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti grazie ad una corretta e tempestiva profilazione molecolare. I grandi risultati ottenuti dalla ricerca in campo biologico molecolare consentono oggi di studiare simultaneamente le tante mutazioni genetiche nel tumore non a piccole cellule. Si tratta di un fattore determinante nella lotta a questa neoplasia, perché proprio sulla base dell’identikit genetico è oggi possibile utilizzare cure mirate.
Come si fa la diagnosi (spesso tardi)
Quasi mai il tumore del polmone viene individuato in tempo a causa del modo in cui la malattia si presenta. I segni e i sintomi a volte non compaiono, altre volte sono talmente aspecifici e subdoli da confondersi con altre patologie (influenza, raucedine, bronchite, frequenti nei fumatori) e spesso si manifestano quando la neoplasia è ormai in stato avanzato. Possono essere considerati segnali d’allarme una tosse che non passa, l’emoftoe, catarro con striature di sangue rosso vivo, le difficoltà respiratorie con fiato corto, la raucedine, la perdita di peso. In queste situazioni conviene sempre parlare con il medico, considerando che in genere si arriva all’accertamento diagnostico attraverso un controllo occasionale o perché il tumore si è esteso e inizia a dare segni della sua presenza. La prima indagine è la radiografia toracica seguita da un’analisi dell’espettorato. Seguono la broncoscopia (esame piuttosto invasivo), la TAC con mezzo di contrasto e un’eventuale PET con mezzo di contrasto marcato con radioisotopo. A seconda della stadiazione della malattia si può effettuare una scintigrafia ossea e una RM cerebrale. È fondamentale identificare dall’inizio le caratteristiche molecolari del tumore per orientare la scelta delle diverse opzioni terapeutiche.
L’appello degli specialisti per lo screening
Solo pochi giorni fa, sul fronte della diagnosi precoce del tumore polmonare, gli esperti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) hanno richiesto l’inclusione dello screening per la diagnosi precoce del tumore del polmone nei forti fumatori. Come si fa? L’esame che permette di scoprire fin dall’inizio eventuali lesioni in questa popolazione a rischio è la TAC spirale a basso dosaggio, da ripetersi ogni anno. Alla base di questa richiesta ci sono i risultati dell’iniziativa voluta dalla Rete Italiana Screening Polmonare, il Programma RISP. Il progetto, attraverso la Tomografia Computerizzata (TAC) a basso dosaggio, intende favorire la diagnosi precoce del carcinoma al polmone. È indicato per le persone considerate a rischio: età 55-75 anni, forti fumatori (consumo medio di 15 sigarette al giorno per più di 25 anni oppure almeno 10 sigarette al giorno per più di 30 anni) o ex-forti fumatori (abitudine interrotta da meno di un decennio). Il programma di monitoraggio attraverso la TAC ha dimostrato indubbi benefici. Secondo quanto emerso al convegno con questo esame approfondito, rispetto alla radiografia standard del torace, si riduce del 20% la mortalità per carcinoma polmonare. È stato dimostrato che, in 30 anni, può prevenire oltre 36mila decessi. Inoltre è in grado di ridurre del 5% i costi sanitari indiretti legati alla malattia e del 5,9% le spese per l’acquisto di farmaci anti-tumorali. Come raccomandato nelle Linee Guida AIOM uno screening annuale, mediante TAC torace, dovrebbe essere preso in considerazione come opzione di prima scelta per tutti i forti fumatori o ex forti fumatori.
Con il contributo di Merck Serono