Il daltonismo – o discromatopsia – è un difetto visivo, d’origine soprattutto ereditaria, che impedisce una normale percezione dei colori. La cosiddetta cecità alle tinte può essere totale, acromatopsia, oppure parziale, discromatopsia. L’anomala visione, che fa confondere i colori, riguarda in prevalenza il verde e il rosso e meno il blu e il giallo.
Il termine “daltonismo” prende il nome da John Dalton che per primo – nel 1794 – descrisse questo particolare disturbo nell’articolo “Fatti straordinari legati alla visione dei colori”. Lo scienziato stesso era affetto da discromatopsia rosso-verde o – più precisamente, come si vedrà in seguito – da deuteranopia.
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Da cosa è causato il daltonismo e chi ne soffre
Il disturbo colpisce di più gli uomini, il 7-8%, contro lo 0,4-0,5 delle femmine, e in Italia riguarda 2,5 milioni di persone. La causa principale del difetto è genetica, dovuta a mutazione del cromosoma X, trasmesso dalla madre ai figli maschi. Avendo gli uomini un solo cromosoma X, materno, se la madre è portatrice o malata, questi ereditano il disturbo da lei.
Ma la cecità ai colori può essere anche acquisita, provocata in particolare da traumi alla testa e patologie oculari. I colori, grazie ai quali il cervello registra l’ambiente, dipendono dalle diverse lunghezze d’onda captate dagli oggetti. Nella retina dell’occhio, i coni, fotorecettori, trasformano le radiazioni luminose in impulsi nervosi, tradotti in immagini dal cervello.
Se in un soggetto i coni sono alterati o mancano, si instaura una carenza visiva dei diversi colori. Le forme di daltonismo sono tante, a seconda delle numerose sfumature esistenti.
La cecità ai colori può essere anche acquisita in seguito a malattie o intossicazioni da farmaci come idrossiclorochina, sostanze chimiche come stirene e solventi organici.
Il daltonismo o acromatopsia va distinto dall’acromatopsia cerebrale laddove l’incapacità nella distinzione dei colori deriva da una patologia cerebrale che può essere anche acquisita.
Come si classifica il daltonismo
Il daltonismo è una condizione che accomuna quattro diversi modi di percepire il colore: acromatopsia, protanopia, deuteranopia, tritanopia.
- Acromatopsia
Chi è affetto da acromatopsia presenta una visione monocromatica, vede il mondo in bianco e nero, non riuscendo a percepire né il rosso, né il giallo, né il verde. Oltre alla incapacità nella distinzione dei colori vi è spesso una bassa acuità visiva.
- Protanopia e protanomalia
Chi è affetto da protanopia è completamente insensibile alla gamma del colore rosso; chi invece è affetto da protanomalia presenta soltanto un’insufficiente sensibilità alla gamma del colore rosso.
- Deuteranopia e deuteranomalia/teranomalia
Chi è affetto da deuteranopia è completamente insensibile alla gamma del colore verde; chi invece è affetto da deuteranomalia o teranomalia presenta soltanto un’insufficiente sensibilità alla gamma del colore verde.
- Tritanopia e tritanomalia
Chi è affetto da tritanopia è completamente insensibile alla gamma del colore blu; chi invece è affetto da tritanomalia presenta soltanto un’insufficiente sensibilità alla gamma del colore blu.
Il difetto più lieve, la discromatopsia, è frequente ed è contraddistinta da insensibilità a 1 o pochi colori. In genere, sono il verde e il rosso a non essere distinti dai daltonici, con le conseguenze del caso.
Daltonismo nei bambini
Nei più piccoli, il difetto visivo può essere riscontrato dai genitori non appena il figlio è in grado di distinguere i colori. A 6 mesi, l’infante dovrebbe incominciare a vedere meglio i colori, a 2 anni ad abbinarli e verso i 3 anni a padroneggiarli.
Tuttavia, nei primi anni di vita, quando l’evoluzione della vista non è completata, la distinzione cromatica può essere scorretta. Quindi è più probabile accorgersi del disturbo nel bambino in età scolare che può essere valutato anche dagli insegnanti.
Di solito, il disturbo viene rilevato dai disegni che sono colorati dal piccolo in modo anomalo. Inoltre, il giovane daltonico non memorizza i colori, li scambia tra loro e non sa indicare la tinta richiesta.
Però spesso il disturbo passa inosservato e viene poi scoperto durante una comune visita oculistica.
Diagnosi di daltonismo
La diagnosi del daltonismo avviene circa dopo i tre anni, età in cui il bambino in genere ha già preso coscienza dei colori che lo circondano, riuscendo ad identificarli con un nome ben preciso. Sottoporre un bambino di età inferiore ai tre anni a diagnosi per l’individuazione del daltonismo potrebbe essere fuorviante per la riuscita del test.
La diagnosi viene eseguita dal medico oculista mediante l’utilizzo delle tavole di Ishihara. Il cosiddetto test di Ishihara è stato ideato dall’eponimo medico – docente presso l’Università di Tokyo – e pubblicato per la prima nel 1917. Questo test si avvale di 38 tavole numeriche pseudo-isocromatiche da visualizzare in sequenza. In queste tavole, i numeri e lo sfondo tendono a confondersi tra di loro, specie per chi effettivamente soffre di daltonismo. Per i bambini, i numeri vengono sostituiti da un percorso da tracciare o seguire con il dito.
Per approfondire maggiormente e studiare con esattezza quella che è la forma di discromatopsia cui il paziente è affetto, si consiglia di eseguire anche il test di Farnsworth, che consiste nel mettere nella corretta successione cromatica una serie di tessere colorate.
Sono inoltre stati elaborati alcuni software – scaricabili gratuitamente sui propri smartphone o tablet – che consentono un primo suggerimento circa eventuali difetti della percezione cromatica. La diagnosi certa invece è posta soltanto dopo visita oculistica completa effettuata da un medico oculista utilizzando gli esami già citati.
Esiste una cura al daltonismo?
Attualmente il daltonismo non è purtroppo curabile.
A livello sperimentale, è in campo uno studio che si avvale della terapia genica per curare il daltonismo in quanto, il difetto, è a tutti gli effetti di natura genetica. Sono in atto diversi trial clinici basati che hanno lo scopo di integrare il gene difettoso gene difettoso (CNGB3) con uno sano. Al momento la sperimentazione interessa pochi pazienti affetti da forme gravi con associata ipovisione, preferenzialmente monogeniche. L’esistenza di differenti tipi di daltonismo, come si è potuto vedere, la cui cura comporterebbe la sostituzione non di un solo gene, ma di molteplici geni, costituisce un limite alla terapia genica che è in grado di veicolare un solo gene difettoso.
Di conseguenza, non sono ancora esistenti terapie dalla comprovata efficacia per combattere il daltonismo.