La beta-talassemia è una delle malattie ereditarie del sangue più diffuse. Stando ai dati dell’OMS interessano ogni anno migliaia di persone nel mondo, ed è dovuta a un difetto nella produzione di beta-globina, una delle componenti dell’emoglobina, la proteina del sangue responsabile del trasporto dell’ossigeno ai tessuti. È caratterizzata da grave anemia, ingrossamento della milza, forte rallentamento della crescita, anomalie delle ossa.
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Come si affronta
La beta-globina trasporta l’ossigeno attraverso tutto il corpo. Il trattamento prevede trasfusioni ripetute associate a farmaci che “portino via” il ferro che si accumula nei tessuti. Stiamo parlando ovviamente della beta-talassemia trasfusione-dipendente. Questi pazienti, per sopravvivere, devono effettuare trasfusioni di sangue continue e regolari che provocano un eccessivo accumulo di ferro nel corpo, con conseguenti danni agli organi vitali. Questo accumulo può essere contrastato attraverso farmaci che il malato assume cronicamente, con potenziali effetti collaterali che possono influire sulla qualità della vita del paziente.
“La beta-talassemia è una condizione genetica con la quale oggi si può convivere, diventare adulti e anziani – spiega Raffaelle Origa, Presidente della SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie). Nonostante i miglioramenti delle cure e una prospettiva di vita inimmaginabile sino a pochi decenni fa, la necessità di terapie quotidiane e le frequenti ospedalizzazioni continuano a influire profondamente sulla vita dei pazienti e dei loro cari.
Oggi in Italia si contano almeno 7mila persone che hanno la malattia, di cui il 73% ha necessità di trasfusioni. Migliaia di famiglie, quindi, che sono chiamate a una gestione impegnativa della cura e dei controlli, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Basti pensare che 1 malato su 4 ha bisogno, ogni volta che va a fare una trasfusione o una visita, di essere accompagnato da un caregiver. Chi accompagna i pazienti nel loro percorso di cura è molto spesso un genitore, anche oltre i 18 anni di età”.
Quanto impatta sulla vita
Parte una campagna di informazione sulla malattia dal titolo “Strade parallele”. Ed è un progetto della SITE, che mira a sensibilizzare sul peso che la patologia e il suo trattamento possono avere sul paziente e sui suoi familiari. In pratica, per chi ha la beta-talassemia il tempo scorre diversamente. Trasfusioni e visite in media occupano 3 giorni al mese, 36 in un anno. Chi convive con la beta-talassemia dedica quindi ore e ore, ogni settimana, alla malattia e alla sua gestione: in media sono 4 le ore impiegate ogni settimana per esami specialistici e 19 i giorni che ogni anno vengono dedicati solo alle trasfusioni.
A segnalarlo sono i primi risultati di un’indagine su pazienti e caregiver, tuttora in corso, condotta da Elma Research. La dimensione del tempo è fondamentale nel vissuto dei pazienti con beta-talassemia. Dall’indagine emerge anche che nei pazienti con meno di 20 anni sentimenti comuni sono quelli di incomprensione, confusione e scoraggiamento; in quelli fra i 20 e i 45 anni a pesare di più sono solitudine e stress; mentre per quelli più anziani pesa soprattutto l’affaticamento a condizionare la vita.