Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.
Pubblicato: 20 Ottobre 2021 18:11
A volte le soluzioni più semplici nella sfida ai tumori passano attraverso le nostre buone abitudini. Fare una regolare attività fisica è sicuramente una di queste. E dobbiamo tenerne presente il valore, senza fare sforzi eccessivi, anche alla luce dei dati scientifici che lo dimostrano.
L’attività fisica adattata alle condizioni dei pazienti aumenta le capacità funzionali del 13% e fino al 40% la forza muscolare, migliorando qualità come flessibilità e mobilità articolare fino al 53% e consentendo così un miglioramento tangibile della qualità di vita e una maggiore autonomia.
Il movimento deve quindi essere parte integrante della riabilitazione dei pazienti oncologici dopo la chirurgia, perché aumenta le capacità funzionali e la forza muscolare, migliora la flessibilità e la mobilità articolare, aiuta a ridurre il peso. A dirlo sono i primi risultati del progetto ‘Operazione PHALCO’ (PHysicAL aCtivity for Oncology) promosso da Fondazione AIOM, che saranno presentati durante la Giornata della Fondazione stessa (21 ottobre 2021).
Il valore del movimento su misura
“L’attività fisica rappresenta uno degli strumenti più importanti per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili ed è fondamentale per il benessere psicofisico e per migliorare la qualità di vita, a tutte le età e anche nei pazienti oncologici – spiega Stefania Gori, presidente di Fondazione AIOM, e direttore del Dipartimento Oncologico IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar di Valpolicella. Sappiamo che chi svolge un’attività fisica moderata per 30 minuti almeno 5 giorni a settimana per esempio ha il 7% di rischio in meno di ammalarsi di tumore al seno, il 15% in meno di cancro del colon retto, rene e fegato.
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Dati sempre più consistenti però sottolineano che l’attività fisica è fondamentale anche nei pazienti con tumore, per mantenere una buona qualità di vita e una sufficiente autonomia, diminuire la probabilità di recidive tumorali e conservare ossa in salute nonostante il cancro”. Da queste osservazioni è partita l’analisi che viene presentata.
“Proponiamo a pazienti con una diagnosi di tumore quattro mesi di attività fisica su misura, attraverso incontri che dall’inizio della pandemia si sono spostati online anziché in presenza per erogare il servizio garantendo la massima sicurezza ai malati, soggetti fragili per definizione – racconta Attilio Parisi, rettore dell’Università degli Studi di Roma ‘Foro Italico’.
I risultati evidenziano un incremento del 13% della capacità funzionale residua, che indica l’abilità a svolgere compiti che richiedono uno sforzo fisico di qualsiasi tipo in casa, sul lavoro, nel tempo libero: un parametro influenzato da molti fattori, per esempio dalla forza degli arti inferiori che è risultata migliorata in tutti i pazienti, con un incremento per esempio del 23% nella forza esplosiva.
La flessibilità è migliorata del 54%, la mobilità articolare del 14%, la forza muscolare nell’alzarsi dalla sedia o salire le scale del 40 %: tutto questo si traduce in una migliore qualità di vita e nella possibilità di mantenere un buon grado di autonomia più a lungo. Inoltre il peso dei pazienti è diminuito del 2,5%, a conferma dell’importanza di prevedere protocolli come questi nella riabilitazione dei pazienti oncologici”.
Perché il tumore mette in difficoltà le ossa
L’attività fisica è fondamentale dopo un tumore anche per mantenere le ossa in salute, come aggiunge Lorena Incorvaia, oncologa dell’Università di Palermo: “Il tumore, per effetto diretto delle cellule tumorali o per le terapie utilizzate, può causare la perdita di densità ossea aumentando quindi il rischio di osteoporosi. Su tutto ciò può influire negativamente l’inattività, causando un deperimento muscolare: uno stile di vita sano e fisicamente attivo, sotto indicazione e stretto controllo medico, può contribuire a rinforzare e a mantenere un adeguato tono muscolare e a migliorare l’equilibrio.
Dopo l’intervento chirurgico e durante le terapie oncologiche spesso si rischia di essere travolti dalla sedentarietà, ma riprendere o adottare uno stile di vita attivo, insieme a una dieta corretta ed equilibrata, si traduce in un minor rischio di recidive e in un aumento della sopravvivenza rispetto a chi, dopo la diagnosi di tumore, rimane sedentario”. La fragilità ossea dopo un tumore può essere indotta anche dalle terapie oncologiche – chiarisce Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche, Direttrice Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona –: nel 70-75% dei casi di carcinoma mammario per esempio il tumore è positivo ai recettori per gli estrogeni e/o del progesterone e le terapie ormonali, che sono efficaci e salvavita, hanno come effetto collaterale l’alterazione del tessuto osseo e un aumento del rischio di osteopenia e osteoporosi.
“La fragilità dello scheletro e l’aumento del rischio di fratture è causato da un iper-riassorbimento osseo indotto dalla terapia ormonale adiuvante. L’approccio olistico alla paziente è pertanto determinante: la fragilità ossea può essere affrontata e prevenuta anche aiutandosi con l’esercizio fisico, ma le corrette abitudini da sole purtroppo non bastano. Serve anche una terapia farmacologica mirata a difesa delle ossa”.