C’era una volta il body positive, molto più di un dibattito culturale che teneva alta l’attenzione dei media, ma un vero e proprio fenomeno destinato a cambiare il mondo. Perché al di là dell’insindacabile percezione di cosa è “normale” e cosa è bello, che segue inevitabilmente degli standard oggettivi e soggettivi, l’obiettivo era cambiare il modo in cui i corpi venivano percepiti dalla nostra società.
Ma una cosa che funziona, è che ha creato un’eco gigantesco e inarrestabile grazie anche all’intervento di celebrities, influencer e personaggi di rilievo, non poteva restare a lungo lontano dalle logiche del marketing. Così ecco che quei corpi, che dovevano normalizzare i difetti e non demonizzarli, sono diventati solo i protagonisti di campagne pubblicitarie di aziende più o meno note. E quello che doveva essere un fenomeno di inclusività ha creato nuove esclusioni.
E mentre ancora oggi, forse più di ieri, il movimento del body positive, seppur frammentato e differenziato nelle ideologie originarie e nel marketing, continuare a occupare una grande fetta della società, c’è qualcuno che è rimasto totalmente escluso da tutto questo: gli uomini.
C’era una volta il body positive
Tempo fa ho definito il body positive come un movimento che ha fallito. Lo ha fatto con le sue contraddizioni e le sue debolezze, con la spettacolarizzazione estrema dei difetti, che più che mosso dall’onorevole volontà di normalizzarli, ha seguito le leggi del marketing. Lo ha fatto perché il corpo, ancora una volta, ha generato dibattiti e discussioni, critiche e nuove insicurezze in chi si espone e in chi guarda. È diventato di nuovo l’oggetto e non il soggetto. Ma questo, in fondo, non ci stupisce poi molto considerando che l’oggettificazione del corpo femminile è qualcosa contro la quale combattiamo da sempre e che ancora oggi esiste e persiste nella società.
Ma c’è un altro motivo per cui il body positive rischia di non mantenere tutte le promesse che stanno alla sua base. Quelle dell’accettazione delle diversità e dello smantellamento dei pregiudizi che vedono i chili di troppo o i difetti diventare parte integrante dell’identità di una persona, o peggio strumento per definirla. Ed è l’inclusività che non dovrebbe lasciare indietro nessuno.
E invece è successo e succede ancora quando al centro di ogni dibattito ci sono le donne, e loro soltanto. Ma anche gli uomini, seppur in maniera apparentemente minore, si trovano a fare i conti ogni giorno con una bellezza perfetta e impossibile.
Donne VS Uomini
Non possiamo negarlo, le donne sono quelle che più risentono della pressione sociale rispetto agli standard di bellezza globale. Del resto non sono solo le esperienze personali a confermarlo, ma anche la storia e i dati in nostro possesso. Una ricerca condotta diversi anni fa dall’American Psychological Association, giusto per citarne una, ha confermato infatti che le donne non sono soddisfatte del loro corpo, molto più della controparte maschile. Un malessere che deve combattere ogni giorno con gli ideali di bellezza diffusa e che rischia di sfociare in stress, depressione e disordini alimentari.
Eppure anche gli uomini subiscono le stesse pressioni della controparte femminile. Anche loro possono sentirsi a disagio ogni qualvolta ci affidiamo al mito e all’immagine del vero uomo, quello mascolino, con gli addominali scolpiti e i bicipiti perfetti. Lo stesso che ha creato una crisi generazionale senza precedenti. Non ci sono le curve da invidiare, nel loro caso, e neanche il nasino all’insù e le labbra carnose, ma ci sono le figure di uomini alti, muscolosi e forti, come quelli che siamo abituati a vedere in televisione o al cinema.
La percezione del corpo nel genere maschile
Una premessa è doverosa: sposare il movimento del body positive, abbracciarlo e accoglierlo non vuol dire che un difetto che mal tolleriamo debba essere trasformato in un pregio, non se non lo vogliamo s’intende, così come non vuol dire smettere di tenersi in forma o non fare niente per stare bene con se stessi. Alla base di questo fenomeno c’è una cosa che per troppo tempo è stata persa di vista, e riguarda lo smantellamento dei canoni di bellezza standardizzati a favore di una diversità estetica, che ci appartenga o meno, e che soprattutto ci faccia sentire inclusi.
Ecco che quindi se il body positive è anche inclusività, deve per forza smettere di essere anche una questione di genere. Deve normalizzare tutti i corpi, anche quelli maschili. Uno stereotipo non è più o meno importante dell’altro e va scardinato, anche se meno popolare o discusso.
Perché no, non è vero che gli uomini non soffrono la stessa pressione che sentiamo noi addosso. Semplicemente, spesso, non lo ammettono e non lo fanno proprio per non rischiare di entrare in contrasto con quell’ideale maschile che negli anni è stato predominante nella società. Come può del resto un uomo forte e vigoroso mostrare le sue fragilità? Un circolo vizioso, questo, che rischia di creare conseguenze negative e che dovrebbe essere interrotto al più presto.
Body positive al maschile
I dati, più che i fatti e le parole, ci dimostrano quanto è necessario aprire il dibattito del body positive anche agli uomini. Secondo uno studio condotto da Campaign Against Living Miserably, infatti, solo il 26% degli uomini si ritiene soddisfatto del suo aspetto fisico. La ricerca, che ha preso in considerazione uomini, di fascia d’età tra i 16 e i 40 anni, dimostra che gli standard di bellezza hanno un peso e un impatto anche piuttosto importante sulla controparte maschile.
La lotta all’inclusività e alla normalizzazione del corpo riguarda le donne così come gli uomini che sono costretti ogni giorno a confrontarsi con supereroi che nella realtà non esistono. Gli stessi che hanno generato quell’ideale mascolino che sta alla base del mito del “vero uomo”, magari alto, forte e atletico. E no, solo perché qualcuno ha dei chili in più, dei pettorali non tonici, un fisico gracilino o un’altezza non standardizzata, non può sentirsi escluso dalla società.
Ecco perché il cambiamento è doveroso e legittimo, ecco perché anche gli uomini hanno il diritto e il dovere di far sentire la loro voce, di mostrarsi senza remore per quello che sono e che vogliono essere, senza subire le continue pressioni sociali che creano insicurezza, paure e crisi.