L’importanza di chiedere “come stai?”

Prendersi cura di sé e degli altri con una domanda apparentemente banale: chiedere e chiedersi "come stai"

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 31 Luglio 2024 10:37

Mi sono accorta, negli ultimi tempi, che le persone hanno smesso di ascoltare. Questa non è una novità considerando che la società in cui viviamo ci invita – e a volte ci costringe – a correre sempre più veloce, perché poi lo sappiamo che chi si ferma resta indietro. Ma non abbiamo solo smesso di ascoltare, abbiamo anche smesso di interessarci agli altri, di chiedere e di scoprire davvero come stanno.

Nel mio galateo dei saluti ideale c’è anche la fatidica domanda: come stai? A patto, però, che chi la pone è davvero interessato a scoprirlo. Quello che noto però, e a malincuore, è che le persone non hanno voglia né tempo di mettersi all’ascolto degli altri. Noi per primi, sempre più spesso, non lo facciamo più.

Eppure quella domanda banale, che resta nelle nostre conversazioni più per circostanza che per altro, è tanto semplice quanto potente. Lo è per chi la fa e per chi la riceve, lo è perché da sola è capace di abbattere i muri che costruiamo, di annullare le distanze tra le persone, di fermare il tempo e di creare, di nuovo, le connessioni personali e umane.

Quando ti chiedo come stai, non rispondermi “bene”. Dimmi perché salti quella pagina ogni volta che sfogli il libro, parlami di quella stanza nel tuo cuore dove non entri più da anni, raccontami di che colore è oggi la tua anima.
(Fabrizio Caramagna)

E tu, come stai?

Le nostre esperienze personali sanno trasformarsi in vere e proprie lezioni di vita. La mia, in questo caso, mi ha fatto capire quanto pesassero quei “come stai” mancati e quelli, invece, pronunciati solo per forma o cortesia. Perché poi è un attimo intuire che dall’altra parte non c’è un vero interesse nel sapere come stai davvero. E quando questo manca, nella quotidianità e nei rapporti, è facile sprofondare nella solitudine, così come lo è sentirsi inadeguati e non accettati, non compresi. Soli, appunto.

Non che io sia immune da colpe, intendiamoci. È successo anche a me di dare priorità ad altro e non all’ascolto, di essere sbrigativa in una conversazione e di arrivare dritta al punto. Di evitare appositamente di porre domande personali per non perdere troppo tempo. Perché in fondo tutti abbiamo problemi da raccontare.

L’ho fatto per sopravvivenza, come forse fanno tutti, ma sono arrivata a capire che non voglio più essere quella persona. Non voglio rinunciare alle relazioni, all’ascolto, all’empatia e alla gentilezza. Io non voglio più rinunciare alla mia umanità. E ricominciare a chiedere “come stai”, fermarsi a osservare l’altro e rispondere con sincerità a questa domanda senza scadere in un banale “bene, grazie e tu”, per me fa davvero tutta la differenza del mondo.

L’importanza di ascoltare e di ascoltarsi

(Ri)Cominciare ad ascoltarsi e ad ascoltare è il primo passo per recuperare qualcosa che, inevitabilmente, abbiamo perso: le relazioni autentiche e profonde con gli altri. E per farlo possiamo attingere al nostro repertorio quotidiano di parole. “Come stai?” è forse una delle frasi che pronunciamo con più frequenza e leggerezza, ma è il modo in cui scegliamo di agire subito dopo che fa davvero la differenza.

Empatia, gentilezza, connessione: sono queste le emozioni scaturite da quella domanda nei confronti di una persona che, forse, sta vivendo battaglie che noi non conosciamo o che, magari, ha appena realizzato un sogno che può ispirarci o che merita solo di essere condiviso e celebrato. Dall’altra parte, invece, quello che si prova è meraviglia: accettazione, interesse, gratificazione ma anche la consapevolezza di essere visti da qualcun altro. E non è forse da tutte queste emozioni che nascono le relazioni più belle?

Tempo fa ho letto una ricerca scientifica che parlava dei benefici che nascono quando ci si ferma a parlare con uno sconosciuto. Riflettendoci non ho potuto fare a meno di confermare quanto detto dagli esperti: è davvero bello scoprire che tra persone che non si conoscono c’è comunque la voglia di ascoltarsi e di condividere, che sia un saluto, un punto di vista o una chiacchiera. E penso che farlo con amici, conoscenti o familiari, sia ancora più gratificante.

Ma non solo, penso che quel “come stai”, oltre ad aiutarci a creare connessioni più profonde e autentiche con gli altri, possa trasformarsi anche in un potente strumento di auto consapevolezza. Voglio dire: quante volte ci siamo chiesti noi come stiamo per davvero? Poche, pochissime, per lo stesso motivo per cui abbiamo smesso di chiederlo agli altri: siamo così presi dai nostri impegni quotidiani, dai problemi che si presentano ogni giorno e dai ritmi di vita sempre più stressanti che non abbiamo più tempo per ascoltare e ascoltarci.

Eppure tutte quelle emozioni di cui abbiamo parlato prima, che esplodono tra i dialoghi delle persone, possono nascere anche da noi quando iniziamo a prenderci cura di ciò che siamo. Possiamo chiederci come stiamo e poi metterci all’ascolto di ciò che proviamo, osservare i nostri sentimenti e accogliere ciò che sentiamo con gentilezza ed empatia, proprio come faremmo con un’altra persona. Si tratta di un abitudine, una pratica e un esercizio, che dovremmo introdurre nella nostra quotidianità per ricominciare ad ascoltarci tra il caos e il disordine dei giorni.

Quindi, per concludere, non mi resta che chiedervi: e voi, come state?