Nell’immaginario di tutti c’è la figura del genio solitario, quella persona super intelligente che evita la compagnia degli altri. Un esempio su tutti è Sheldon Cooper della serie “The Big Bang Theory”, il fisico teorico con un quoziente intellettivo di 187 (a 130 si è già nell’area “geni”), che ha un solo amico (e nemmeno tanto) anche se nel corso delle 12 stagioni della serie riesce ad affezionarsi (poco) ad altre persone, a innamorarsi e ovviamente a vincere il Premio Nobel. Il genio isolato dal mondo perché la sua intelligenza gli impedisce di godersi la compagnia degli altri, troppo normali per lui, corrisponde a verità o è solo un’invenzione letteraria? E Doc, lo scienziato svitato di “Ritorno al Futuro” che inventa il viaggio nel tempo, aveva qualche altro amico oltre a Marty Mc Fly?
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Gli studi confermano il legame
Sulla connessione che lega l’intelligenza alla solitudine sono stati compiuti molti studi psicologici. Una ricerca della London School of Economics rilevò che le persone con un QI più alto si sentirebbero più felici con poche relazioni sociali, mentre le persone con un QI minore legano la maggiore felicità a ampie interazioni umane. Questa teoria non fece che sottolineare la natura solitaria dei geni, in parte confermata anche dalle ricerche di Anders Ericsson, docente di psicologia dell’Università della Florida. Se da un lato lo studioso sostenne che il talento non sia una dote innata ma che chiunque, con la pratica costante e la dedizione, può sviluppare altissime capacità, dall’altro osservò che le persone intelligenti sono attratte dalla solitudine perché consente loro di seguire meglio i loro interessi e obiettivi, evitando di sprecare tempo con le relazioni umane che non appaiono poi così allettanti.
La solitudine è anche legata alla creatività: l’artista e il creativo raggiungono risultati migliori quando agiscono da soli e riescono ad immergersi completamente nel loro flusso di idee.
La solitudine dei geni: i fattori importanti
Allora chi è più intelligente è destinato alla solitudine? Non proprio. Tutti abbiamo bisogno degli altri perché siamo animali sociali e la nostra mente si nutre anche del continuo confronto e incontro con il prossimo per restare aperta e positiva: la biologia ci governa, ma è la cultura che ci modella e definisce i nostri comportamenti e le attitudini.
Se conosciamo un super-intelligente che ci appare un po’ strano, o se lo siamo noi, dobbiamo sempre tenere presente alcuni fattori importanti.
Interessi diversi
Chi è molto intelligente può avere interessi, passioni e attitudini differenti dagli altri. Non per questo va considerato strambo o va emarginato. Può amare la solitudine, ma al tempo stesso può essere felice di essere invitato a una cena, e non solo a un convegno di studi!
Difficoltà di comunicazione
I super-intelligenti possono avere pensieri e idee difficili da comunicare a chi non ha gli stessi livelli culturali o intellettuali. Cosa fare? Sdrammatizzare con una risata e una battuta: “Puoi tradurre quello che hai appena detto in una lingua che io possa capire?”. O, al contrario, se il nostro interlocutore mostra di non capire i nostri discorsi, cerchiamo di semplificare il più possibile. Anche questo è un esercizio di intelligenza.
Grande sensibilità
L’intelligenza può essere connessa a una maggiore sensibilità emotiva, che può rendere più difficoltoso affrontare le relazioni sociali: questo può causare un comportamento distaccato o scostante. Sembra un atteggiamento di superiorità ma in realtà può denotare timidezza, senso di inadeguatezza e anche ansia.
Maggiore introspezione
Chi è più intelligente tende a essere più introspettivo, riflettendo molto su se stesso e sul mondo. Questa introspezione può portare a passare più tempo da soli, analizzando le proprie idee senza cercare il contatto con gli altri, che spesso non ritengono in grado di capire i loro ragionamenti e soprattutto di apprezzarli. Ogni super-intelligente ha comunque diritto alla sua solitudine – creativa, speculativa, riflessiva, scientifica – come ognuno di noi ha diritto ai suoi spazi personali.
L’isolamento fa male (a tutti)
L’eredità che ci ha lasciato il Covid è la capacità di fare i conti con la solitudine forzata dalle misure per evitare il contagio. Ci siamo ritrovati tutti da soli, intelligenti e no, e abbiamo percepito quanto sia difficile e penoso vivere isolati dal resto degli esseri umani. Avere pochi amici può essere una scelta, ma non averne nessuno è demoralizzante. Anche per un nerd.
Si può essere comunque amici
Chi è molto intelligente può effettivamente avere meno amici, perché può non sentirsi motivato a vedere gente a causa della sua visione peculiare del mondo e delle difficoltà nel trovare qualcuno con cui confrontarsi. Questa affermazione però non solo non è universale ma può rivelarsi discriminante. Se abbiamo un/una amico/a geniale, coinvolgiamolo/a perché anche se “chissà a cosa pensa” può comunque insegnarci qualcosa e rivelarsi una persona divertente e illuminata, proprio per il suo atteggiamento “originale” nei confronti del mondo.
E se le super-intelligenti siamo noi? Non rifuggiamo la compagnia degli altri. Passare una serata a ridere di sciocchezze insieme agli amici ci regalerà quel pizzico di spensieratezza che ogni tanto ci manca. E le onde gravitazionali? Le origini della vita complessa? Gli sviluppi dell’A.I.? Ci pensiamo dopo il prossimo spritz in compagnia di quegli adorabili sempliciotti dei nostri amici.
«Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la vita a credersi stupido», Albert Einstein
I geni nelle serie tv
Le serie televisive sono il terreno ideale per raccontare le avventure e le manie dei cervelloni. Oltre al già citato Sheldon di “The Big Bang Theory”, ecco altri geni delle serie tv più famose.
- Spencer Reid, “Criminal Minds”: introverso, impacciato e super brillante, lavora per l’Unità di Analisi Comportamentale dell’Fbi. Ex bambino prodigio, ha un Q.I. di 187.
- Michael Scofield, “Prison Break”: Ingegnere civile, si fa arrestare per entrare nel carcere dove il fratello aspetta (ingiustamente) la pena di morte. Pacato e calcolatore, ha incredibili doti di problem solving.
- Sherlock Holmes, “Sherlock”: La versione moderna dell’infallibile investigatore privato inglese descrive un genio con grandi difficoltà a relazionarsi con gli altri e disinteressato ai rapporti sociali.
- Gregory House, “Dr House”: il medico tanto geniale quanto odioso rifugge il contatto e la condivisione con gli altri. Il suo comportamento provocatorio e pungente è bilanciato dalla sua infallibilità.
- Eliot, “Mr Robot”: Silenzioso, sociopatico, introverso, il tecnico informatico Eliot di notte si trasforma in un hacker straordinario per migliorare il mondo.