6 cose che non dovremmo mai dire a nessuno (e perché)

Condividere tutto con gli altri è bello, ma non è una scelta del tutto saggia. Ci sono argomenti e vicende che faremmo meglio a tenere per noi, per proteggere la nostra privacy ed evitare conseguenze fastidiose. Ecco di che si tratta

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Marina Mannino

Giornalista esperta di Lifestyle

Laureata in Lettere, è stata la caporedattrice di una famosa rivista per ragazze e ha lavorato nella produzione musicale. Scrive per diverse testate e per DiLei si occupa di test sulla personalità, della rubrica #segretidelcuore e scrive articoli per la sezione DiLei GirlZ.

Pubblicato: 10 Maggio 2024 19:00

Quanto ci piace parlare, chattare, scriverci, condividere opinioni e notizie! Oltretutto ci consente di socializzare, divertirci e non sentirci sole. Confrontarci con gli altri è fondamentale per la nostra visione della vita e delle relazioni. Ma parlare è anche il mezzo per sfogarci dei nostri problemi e confidare le preoccupazioni a qualcuno di cui possiamo fidarci e a cui vogliamo bene, per cercare di trovare delle soluzioni oppure solo per allenare la tensione. E poi difficilmente riusciamo a tenerci un segreto o a non esprimere la nostra opinione. Ma siamo sicure che possiamo dire proprio tutto di noi? O esiste qualcosa che dovremmo tenerci cucita in bocca? Ce ne sono almeno sei. Lo dice un’antica leggenda orientale, ma lo suggerisce anche la saggezza delle nostre parti.

Le cose che è meglio tenersi per sé

I propri problemi (almeno un po’)

“Non dire mai a nessuno i tuoi problemi, al 20% della gente non importa e l’altro 80% è contenta che tu li abbia”: questa frase ironica, che da tempo gira sui social, è decisamente esagerata ma contiene un briciolo di verità. Raccontare agli altri troppe cose personali ci rende vulnerabili. Non possiamo mai essere stra-sicure che la persona a cui confidiamo debolezze o guai custodisca le nostre parole o le riferisca ad altri, anche in buonafede. I nostri “affari personali” possono essere usati da persone senza scrupoli per ferirci o colpirci.

Certe vicende come le difficoltà che abbiamo in famiglia, le nostre inclinazioni, i problemi di salute, le preoccupazioni economiche, vanno in qualche modo protette. Quindi pensiamoci due volte prima di scrivere in una chat che abbiamo un ritardo o che nostro padre rischia di perdere il lavoro. Sono notizie delicate e private.

Gli affari degli altri

Illustri studiosi hanno dimostrato che il pettegolezzo ha la funzione sociale di creare legami tra le persone, rinforzando la fiducia reciproca e proteggendo il gruppo da comportamenti irregolari, bizzarri o scandalosi che vengono condivisi e disapprovati. Questo non significa che possiamo sdoganare il pettegolezzo e concederci di rivelare in giro amori, tradimenti, guai e foto personali degli altri. Le dicerie e le maldicenze possono ferire e causare reazioni anche tragiche. E’ sleale diffondere indiscrezioni e malignità su qualcuno, anche se lo detestiamo.

Cerchiamo invece di stare fuori dal giro dei pettegolezzi riflettendo su un semplice esempio: a noi piacerebbe sapere che qualcuno sparla di noi, svelando un problema che stiamo affrontando o commentando le nostre intricate vicende sentimentali? Non ci piacerebbe affatto. E quindi non facciamo sugli altri il pettegolezzo che non vorremmo fosse fatto su di noi.

Le proprie doti

Chi si vanta in modo eccessivo rischia di uscirne peggio di come vuole apparire. Eppure certe volte ci viene spontaneo cercare di dare agli altri la versione migliore di noi stesse, sfoggiando le nostre capacità oppure le conoscenze importanti. Ostentare quello che crediamo siano i nostri highlight, mostrare di saperne più degli altri, fare sfoggio di privilegi speciali non fa che renderci antipatiche o attirare l’invidia degli altri, quindi la loro ostilità.

Vantarsi sui social del proprio fascino, dei buoni risultati o di un evento positivo per noi, ha un effetto potenzialmente negativo perché può scatenare gli hater e suscitare commenti sarcastici e feroci. Ci gratifica essere invidiate e provocare gelosie? Dovremmo riflettere sulla nostra autostima, che forse non è proprio al top se abbiamo bisogno di evocare reazioni così controverse negli altri. Dimostriamo invece con i fatti di essere persone di talento, affascinanti e speciali. Vantarci non ci porta nulla di buono: meglio tanta ironia e un po’ di modestia.

I gesti generosi e gentili

Compiere un gesto gentile verso gli altri è un atto di grande valore e sensibilità, che va fatto con discrezione e riservatezza. Non bisogna cercare riconoscimenti o gratificazioni quando si compiono buone azioni, sbandierando quanto siamo altruiste e generose. Assistere un’amica in difficoltà, dare una mano in un’associazione di volontariato, aiutare una signora anziana a far funzionare il cellulare, sono scelte concrete che andrebbero fatte per la soddisfazione di realizzare piccoli gesti che migliorano la vita di tutti.

Compiere un atto di generosità ci fa onore, usarlo per far crescere la nostra reputazione agli occhi degli altri sa di calcolata furbizia e misero cinismo. Essere gentili in modo disinteressato e genuino fa bene al cuore e al mondo. “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”, scrisse la giornalista e pacifista americana Anne Herbert nel 1981. E’ una frase profonda che dovrebbe ispirarci oggi più che mai, visti i tempi incerti e difficili che viviamo.

I nostri sentimenti più profondi

L’amore che viviamo con una persona andrebbe protetto e custodito. Non andrebbe reso oggetto di confidenze diffuse in giro, magari a persone a cui non importa molto di noi. I sentimenti sono preziosi e non vanno svalutati facendoli diventare chiacchiere comuni. Anche i segreti relativi alla nostra sessualità non andrebbero affidati a persone di cui non siamo sicure al 100%.

Il rischio è di non essere comprese o giudicate frettolosamente e senza l’empatia che può avere una vera amica. Quindi acqua in bocca sui nostri affari di cuore più intimi (crisi, dubbi, periodi “no”, sesso) con le conoscenze non affidabili. Ma cuore aperto con le nostre fidate best friends, che ci ricambiano con la stessa sincerità.

I giudizi e le critiche

Lo “sport” di sparare giudizi su chiunque oè molto diffuso. A cominciare dai social, dove pare che siano tutti sempre pronti a criticare gli altri su qualsiasi cosa: il comportamento, il look, i post scritti male, il corpo imperfetto. Ci sentiamo un po’ come i giudici di X Factor o di Amici, chiamati ad emettere sentenze dall’alto della nostra (immaginaria) competenza. Cerchiamo invece di smorzare la voglia di puntare il dito verso il prossimo: prima di farlo dovremmo metterci nei suoi panni, conoscere cosa ha vissuto e cosa sta vivendo, sapere quali sono i suoi pensieri, sensazioni, emozioni. D’altronde anche a noi infastidiscono i giudizi degli altri.

Una critica può essere anche utile e costrittiva, ma la maggior parte sono inutili e a volte stupidamente feroci. Sono etichette che attacchiamo su persone di cui sappiamo poco o niente, e ci fanno sembrare saccenti e spocchiose. Teniamole per noi ed evitiamo di condividerle: è un’azione superflua che ci fa poco onore. Anche quel figo di Gesù, che di rispetto e comprensione umana se ne intendeva, diceva: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati”.

E quelle che vanno (molto) protette

  • I dati che permettono l’identificazione diretta – ovvero i dati anagrafici come nome e cognome, le foto, l’indirizzo – e quelli che permettono l’identificazione indiretta, come il codice fiscale, l’indirizzo IP, il numero di targa, il numero di telefono.
  •  I dati “sensibili”, cioè quelli che rivelano l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, politiche, l’appartenenza sindacale, la salute e la vita sessuale, i dati genetici, i dati biometrici e quelli relativi all’orientamento sessuale.
  • Le password: è bene tenerle strettamente segrete, o rivelarle solo a qualcuno di cui ci fidiamo al 100%.
  • La geolocalizzazione: condividiamola solo con le persone fidate.