Povertà mestruale, perché i costi degli assorbenti sono ancora alti in Europa

Costi elevati e difficoltà di accesso persistono per i prodotti mestruali in Europa, nonostante gli sgravi fiscali. E sono sempre le donne a pagare

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Francesca Secci

Giornalista

Sarda, ma anche molto umbra. Giornalista pubblicista, sogno di una vita, da maggio 2023, scrive soprattutto di argomenti che riguardano l’attualità.

Nonostante le recenti misure di agevolazione fiscale adottate in alcuni paesi europei, il costo dei prodotti mestruali rimane proibitivo per molte donne. Questo scenario persiste nonostante quasi la metà della popolazione femminile dell’Unione Europea sia attualmente mestruante o lo sarà in futuro.

Che cos’è la povertà mestruale

La povertà mestruale è quel fatto per il quale numerose ragazze e donne hanno difficoltà nell’accedere a prodotti mestruali sicuri e igienici. Questa situazione è aggravata da ostacoli economici, logistici e culturali che impediscono una gestione dignitosa del ciclo mestruale, spesso amplificata dallo stigma sociale e dalle restrizioni imposte dalle comunità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità rileva che, globalmente, una persona su tre non dispone di un adeguato accesso all’acqua pulita e alle strutture sanitarie, una condizione che pone le donne in stato mestruale in una posizione di particolare vulnerabilità.

La mancanza di una corretta igiene mestruale non solo complica la vita quotidiana di queste donne, ma può anche esporle a gravi rischi sanitari, tra cui infezioni del tratto riproduttivo e urinario.

“The Period Poverty”: un tema riconosciuto dall’Ue

L’Europa non è immune da questa problematica, anzi. Le donne europee affrontano una spesa significativa per i prodotti di igiene mestruale, con una stima del Parlamento Ue che evidenzia una spesa annuale di circa 675 euro a persona, per un totale di 27.000 euro nel corso della vita.

La povertà mestruale rappresenta una realtà per circa il 10% delle donne in Europa, evidenziando un problema diffuso ma spesso sottovalutato in tutto il continente.

Nel 2018, il Belgio ha ridotto l’Iva sui prodotti mestruali dal 21% al 5%, mentre la Francia nel 2020 ha stanziato 1 milione di euro per combattere questa forma di povertà nelle scuole.

Ricerche condotte dall’Istituto francese per l’opinione pubblica (Ifop) rivelano che circa 1,7 milioni di donne in Francia sono affette da povertà mestruale. Analogamente, uno studio spagnolo ha messo in luce che il 22% dei partecipanti non ha potuto permettersi prodotti mestruali adeguati almeno una volta nella vita, il 39% ha cercato alternative più economiche e il 79% ha utilizzato i prodotti oltre il tempo consigliato a causa dell’assenza di spazi adeguati a cambiarli.

L’Unione Europea ha riconosciuto ufficialmente nel 2020, attraverso una pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che questa rappresenta una problematica persistente anche tra gli Stati membri. Secondo Plan International UK, una ragazza su dieci in Europa non riesce a permettersi prodotti sanitari adeguati.

L’Ue, nel suo report, critica il fatto che i prodotti per l’igiene femminile non siano ancora considerati beni essenziali in tutti gli Stati membri e invita a eliminare la cosiddetta “tampon tax”, proponendo esenzioni o aliquote IVA ridotte.

Tampon tax ancora troppo elevate in Europa

In Europa, la situazione varia notevolmente con tasse che spaziano dal 3% in Lussemburgo al 27% in Ungheria, mostrando una discrepanza marcata nelle politiche fiscali riguardanti la salute femminile

La disponibilità di prodotti mestruali, fondamentali per la salute e l’igiene delle donne, non è ancora una garanzia in molti stati membri. Nonostante l’assenza di statistiche ufficiali a livello europeo sulla povertà mestruale, stime fornite da organizzazioni non governative come Bruzelle in Belgio indicano che una persona su quindici non è in grado di procurarsi i prodotti di sua scelta.

Dal 2022, l’Unione Europea ha dato la possibilità agli Stati membri di eliminare l’Iva sui prodotti mestruali. Finora, solo l’Irlanda ha eliminato completamente questa tassazione, mentre altri paesi hanno optato per una riduzione moderata dell’imposta, variando tra il 5% e il 10%. In paesi come Ungheria, Svezia e Danimarca, le tasse sui prodotti mestruali rimangono elevate, rispettivamente al 27% e al 25%.

In Scozia, dal 2022, assorbenti monouso sono distribuiti gratuitamente in scuole e strutture pubbliche, mentre in Francia dal 2024 i prodotti riutilizzabili sono rimborsabili al 100% per le donne sotto i 25 anni.

La situazione in Italia

In Italia, così come in Slovenia, l’Iva sui prodotti mestruali è stata recentemente fissata al 10%, dopo una serie di modifiche legislative. Originariamente al 22% sotto il governo Draghi, l’aliquota era stata ridotta al 5% nel 2023 per gli assorbenti e prodotti per l’igiene intima compostabili.

Con la legge di bilancio del 2024, il governo Meloni ha ripristinato l’aliquota del 10%, riconvertendo questi prodotti in beni considerati di lusso. Questo ritorno a una tassazione più elevata ha scatenato proteste diffuse tra movimenti femministi e associazioni come Non una di meno e Onde Rosa, quest’ultima attiva contro il regime fiscale sin dal 1973.

In risposta, Onde Rosa e Coop Italia hanno rilanciato una petizione iniziata nel 2018 che ha già superato le 750.000 firme, puntando al milione. Coop Italia ha inoltre deciso di mantenere un prezzo ivato al 5% fino a maggio 2024, con un costo stimato di 1 milione di euro. Iniziative simili si vedono anche con la catena BENU farmacia (precedentemente LloydsFarmacia), che ha eliminato l’IVA sugli assorbenti dal 2020.

Nel frattempo, per combattere la povertà mestruali, sono comparse “Tampon box” in varie scuole e università italiane, come l’Università di Padova e la Statale di Milano, che offrono gratuitamente assorbenti agli studenti e al personale, mentre continua la lotta contro la discriminazione fiscale di genere.

In Francia è obbligatorio inserire la composizione dei prodotti

In Francia, dal primo aprile 2024, chi fabbrica prodotti mestruali deve ora rivelare dettagli sulla composizione e suggerimenti per un uso sicuro di materiali come cotone, viscosa e plastica.

Questo passo mira a sensibilizzare le consumatrici sui rischi di sostanze chimiche dannose come ftalati, formaldeide e diossine, essenziali per prevenire il rischio della sindrome da shock tossico. L’Autorità francese per la concorrenza e la repressione delle frodi stima che una donna utilizzi tra i 6.000 e i 13.000 prodotti monouso nel corso della vita, rendendo fondamentali queste informazioni per la salute pubblica.

L’iniziativa della Catalogna: coppe mestruali gratis

Una soluzione proposta per mitigare i costi è l’adozione di prodotti mestruali riutilizzabili. In Catalogna, per esempio, l’iniziativa governativa recente prevede la distribuzione gratuita di coppe mestruali, assorbenti lavabili o biancheria intima riutilizzabile per combattere la povertà mestruale. “Abbiamo bisogno di cambiare la percezione sociale delle mestruazioni, tradizionalmente viste come un argomento tabù,” ha detto Tània Verge, ministro dell’uguaglianza e del femminismo del governo catalano. Secondo i dati regionali, circa il 23% delle donne in Catalogna riutilizza prodotti monouso e il 44% non può permettersi la propria prima scelta di prodotto mestruali.