Incinta e senza stipendio: la calciatrice Sara Björk Gunnarsdóttir vince la causa

Arrivata a Lione, la calciatrice Sara Björk Gunnarsdóttir scopre di essere incinta. Ma il periodo felice di maternità si trasforma in una lotta contro la società che non riconosce i suoi diritti

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 24 Gennaio 2023 13:49

Essere donna è una sfida che richiede coraggio, giorno dopo giorno. Lo sanno bene tutte le mamme equilibriste che vivono costantemente in bilico per conciliare il lavoro con la vita privata. È difficile, nel nostro Paese e non solo, in una società ricca di stereotipi e pregiudizi che ha scelto le madri come il genitore sacrificabile che deve prendersi cura della famiglia, della casa e dei figli, rinunciando al resto.

E se la situazione è già complicata nel mondo lavoro, figuriamoci nel calcio, in uno sport che da sempre è considerato per soli uomini. Certo, le cose stanno cambiando, eppure la storia di Sara Björk Gunnarsdóttir, ci dimostra che siamo ancora lontane dalla meta e che la strada da percorrere non è sempre in salita.

Calciatrice e mamma, Sara si è ritrovata a fare i conti con una certa ostilità nei confronti della sua maternità, quando gli stipendi della squadra in cui giocava avevano smesso di arrivare, solo perché la donna era in congedo di maternità. Una scelta, questa, giustificata dal suo club dall’esistenza di una legge francese, che però entrava in conflitto con il regolamento della FIFA che prevede il versamento dell’intero stipendio a chi è in maternità.

Ha raccontato lei stessa, quel periodo fatto di emozioni contrastanti. Da una parte la gioia di diventare mamma per la prima volta, dall’altra una battaglia contro persone potenti che appartengono al mondo del calcio. La sua confessione è arrivata sul The Player’s Tribune proprio a seguito della conclusione della causa legale. È proprio in questa occasione che Sara, la calciatrice classe 1990, ha scelto di raccontarsi come mamma, come professionista, ma soprattutto come donna.

Scelta da uno dei più grandi club di calcio della storia, l’Olympique Lyonnais, 19 volte campione di Francia e 8 d’Europa, Sara Björk Gunnarsdóttir si trasferisce a Lione nell’estate del 2020, dopo una carriera brillante all’interno del Wolfsburg. L’anno successivo al suo arrivo, però, accade qualcosa di inaspettato e bellissimo: la calciatrice scopre di essere incinta. Questo non ferma la sua voglia di continuare a correre e calciare, ma lei lo sa, uno stop è necessario.

È la prima, e l’unica delle sue compagne di squadra a essere incinta, ed è anche intenzionata a tornare dopo la nascita del piccolo Ragnar. Inizia il periodo di maternità e Sara si trasferisce momentaneamente in Islanda con la sua famiglia. Ma quello che doveva essere un periodo spensierato si trasforma in un momento di difficoltà: lo stipendio, da parte della squadra, smette di arrivare.

La società si giustifica appellandosi alla legge francese, secondo la quale la calciatrice non deve ricevere alcuno stipendio. Ma il regolamento della FIFA prevede tutt’altro, e il club decide di infrangerlo.

Sara continua così ad allenarsi a sue spese, mentre attende la nascita del suo bambino. Il suo obiettivo, infatti, è sempre quello di tornare in campo. E lo fa, dopo la nascita di Ragnar, ma l’ambiente che trova è ostile e tutt’altro che felice.

Viene così avviata una causa legale: il club non è solo accusato del mancato pagamento dello stipendio alla calciatrice, ma anche dell’assenza di sostegno all’atleta durante il periodo di maternità. Sara Björk Gunnarsdóttir vince la causa, e il club di Lione sceglie di non fare ricorso.

Adesso Sara è tornata a correre, a calciare e ad allenarsi, trovando spazio in uno dei club più importanti d’Italia: la Juventus. Lo ha fatto scegliendo di non restare in silenzio, affinché la sua causa serva da monito agli altri club, affinché altre calciatrici rivendichino i loro diritti, di essere mamme, se lo vogliono, e di continuare a giocare.