Quello che è accaduto a Stazzema il 12 agosto del 1944 non si può dimenticare perché rappresenta uno dei capitoli più neri della nostra storia e di quella dell’intera umanità. Pagine di un libro che sono state macchiate dal sangue innocente di oltre 500 persone, tra cui tantissimi bambini, che hanno perso la vita in poche ore a causa della follia dell’essere umano.
Quel giorno d’estate, a Sant’Anna di Stazzema, c’erano tantissime persone che credevano di essere al sicuro. La frazione del comune, infatti, era stata dichiarata zona bianca dai tedeschi per assicurare un luogo protetto a tutti i civili sfollati a causa della guerra. Si trattava di un inganno però, perché in sole 3 ore, un giorno d’estate, vennero massacrate 560 persone, tra cui uomini, donne e bambini.
A commettere l’eccidio erano stati i soldati nazisti di diverse squadre con l’aiuto di alcuni collaborazionisti italiani della RSI. E non lo avevano fatto per sopprimere una rivolta o per difendersi da una qualche azione offensiva. Lo avevano fatto per distruggere un paese intero, per sterminare una popolazione e per annientare la speranza. E ci erano riusciti.
12 agosto 1944: l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema
Non era un giorno spensierato d’estate quello del 1944, ma l’ennesimo fatto di dolore, sofferenza e paura, le stesse emozioni che pesavano sul cuore di un’intera popolazione ormai martoriata da una guerra che diventava sempre più sanguinosa e cruenta. Per gli abitanti di Stazzema, però, si era accesa una speranza, quella di trovare riparo e rifugio nella piccola frazione di Sant’anna.
Era stato proprio il comando tedesco, all’inizio del mese, a qualificare la località come zona bianca, ovvero quel luogo nel quale la popolazione civile sfollata poteva trovare un riparo. Mentre i partigiani andavano via dal luogo in cui si erano rifugiati, proprio qui arrivavano più di 1000 persone. Tutto sembrava tranquillo fino a quando, all’alba del 12 agosto del 1944, tre squadrone delle SS raggiunsero Sant’Anna, mentre una quarta si occupò di chiudere tutti i collegamenti e le possibili vie di fuga dal villaggio.
Alle 7.00 di mattina il paese era completamente invaso e circondato dalle SS. Gli uomini, accortisi della loro presenza, provarono a fuggire nei boschi, mentre le donne e i bambini si rifugiarono nelle loro case con la speranza di salvare le loro vite e quelle dei loro figli. Eppure in poco più di tre ore più di 500 persone furono uccise e bruciate senza pietà. Di quelle solo 350 furono identificate in un primo momento e tra le vittime comparvero i nomi di 65 bambini con un’età inferiore ai 10 anni. La più giovane era Anna Pardini, che di anni non ne aveva neanche uno. Fu ferita mortalmente all’interno della sua casa quel 12 agosto: aveva soltanto 20 giorni.
“Mia madre era contro il muro, con Anna in braccio. “Abbiate pietà almeno di questa creatura”, ha gridato. Quello, era un italiano, ha estratto il revolver e glielo ha puntato alla testa. Mamma ha fatto appena in tempo a dirci di salvarci, di scappare. Si è aperta la porta del fondo. Ho preso l’Adele, la Lilia, ho buttato dentro la Maria, che era tutta a pezzi. Le cadeva un braccio, aveva una gamba staccata. Continuavano a mitragliare da tutte le parti, e noi siamo state immobili, in silenzio…” (Racconto di Cesira Pardini, sopravvissuta alla strage)
Le persone morirono nei modi più cruenti, rinchiuse nelle loro abitazioni e poi uccise a colpa di mitra, rivoltelle e bombe a mano. Le case, poi, vennero incendiate, così da non lasciare più traccia delle atrocità commesse.
Quello che è successo davvero l’estate del 1944 ha trovato responsabilità e motivazioni solo negli anni successivi. Grazie al processo condotto dal Tribunale militare di La Spezia, e conclusosi nel 2005, è emerso che l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema è stato in tutto e per tutto un attacco terroristico premeditato.
I sopravvissuti dell’eccidio
Il numero delle vittime del massacro del 12 agosto del 1944, che è di 560 persone, è disarmante, così come lo è il fatto che sono stati uccisi senza pietà anche tantissimi bambini e neonati. Storie, le loro, che dovevano ancora essere scritte e che invece sono state cancellate dalla follia umana, ma che oggi sopravvivono grazie al ricordo di chi, invece, a quell’eccidio è sopravvissuto. Vittime anche loro di un destino scritto da qualcun altro, costretti a vivere con un peso sul cuore troppo grande da sopportare, quello che porta il nome della morte, del dolore e del terrore.
La famiglia Tucci
Tra i sopravvissuti c’era Antonio Tucci, un ufficiale di marina originario di Foligno che lavorava a Livorno. Aveva portato tutta la sua famiglia lì, a Sant’Anna di Stazzema, per proteggere i suoi 8 figli e sua moglie dalla guerra, proprio in quel luogo che era stato dichiarato zona bianca dai tedeschi. Il 12 agosto Antonio non c’era, era fuori per lavoro, e tornò in paese solo il giorno successivo. Fu allora che capì che quel rifugio era diventato una trappola mortale, fu allora che capì che la sua famiglia era stata uccisa. In preda alla disperazione si gettò tra le fiamme che divoravano ancora le case, ma fu salvato. A lui e alla sua famiglia è stata dedicata una croce nel monumento alle vittime eretto nella piazza del centro cittadino di Foligno.
Enrico Pieri
La mattina del 12 agosto, insieme ai figli di Tucci e agli altri bambini del villaggio c’era anche Enrico Pieri. Aveva solo 10 anni quando le SS cambiarono per sempre la sua vita portandosi via i suoi genitori e gli amici. La famiglia Pieri fu massacrata davanti agli occhi innocenti di quel bambino, lui invece trovò riparo sotto la scala dell’abitazione insieme a Grazia, la figlia dei vicini scampata al massacro. Quando i soldati diedero fuoco ai corpi senza vita dei genitori di Enrico, i due bambini scapparono via. Enrico Piero è morto il 10 dicembre del 2021 all’età di 87 anni.
Cesira e Licia Pardini
Anche Licia viveva a Sant’Anna di Stazzema nel 1944 insieme a Cesira e alle altre sue sorelle. Aveva solo 12 anni quando le SS circondarono il villaggio e iniziarono a sparare e a massacrare i civili. Quel giorno, lei, era andata a lavorare nei campi insieme a suo padre Federico e i suoi fratelli Vinicio, Siri e Vittorio. Sua mamma Bruna, invece, era rimasta a casa con le sue sorelle, tra cui anche la piccola Anna, che aveva solo 20 giorni e che era stata chiamata così in onore del paese che aveva accolto la famiglia. Le donne e le bambine della famiglia Pardini non furono risparmiate dalla follia dei soldati delle SS.
Quando i nazisti entrarono a Sant’anna irruppero nella loro casa e iniziarono a sparare senza pietà. Fu allora che Cesira riuscì a fuggire insieme alle sue sorelle e a raggiungere Licia, per mettersi in salvo insieme a loro. Cesira e Licia moriranno entrambe nel 2022 a distanza di pochi mesi, rispettivamente a 96 anni e 90 anni.