Attivista curda si ribella al velo. Viene punita con 74 frustate

Roya Heshmati, attivista curda di 33 anni, ha rifiutato di indossare il velo per ribellarsi all'oppressione iraniana. È stata punita con 74 frustate

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 8 Gennaio 2024 12:37

Dove inizia e dove finisce la libertà dell’essere umano? È una domanda doverosa, questa, che  dovremmo porci, soprattutto se l’obiettivo è quello di rivendicare tutti quei diritti che ci appartengono per natura e che nessuno dovrebbe mai mettere in discussione.

Eppure in alcune parti del mondo non solo questi diritti vengono negati, ma sono soppiantati da regole violente e imposizioni che minano la dignità, che privano gli uomini, e soprattutto le donne, della loro libertà.

Una libertà che Roya Heshmati, una giovane attivista di origini curde residente a Teheran, ha rivendicato mettendo a rischio persino la sua vita. Ha rifiutato di indossare l’hijab, il velo islamico, sfidando le leggi che lo impongono, e dopo essersi mostrata con il capo scoperto è stata punita con 74 frustate.

Chi è Roya Heshmati

Lo ha fatto per Mahsa Amini e per Hadis Najafi, per se stessa, per le donne, per la vita e per la libertà. Lo ha fatto raccogliendo l’eredità dolorosa e ingombrante di chi, come lei e prima di lei, ha rischiato la propria vita per ribellarsi alle leggi di un regime misogino e totalitario, quello iraniano.

Così Roya Heshmati ha sfidato il regime, le leggi e il terrore, quello creato dagli uomini. Ha disobbedito alla legge sull’hijab, quella che impone alle donne del Paese di camminare in strada indossando il velo.

Roya non lo ha indossato quel velo, lei che come Mahsa Amini è giovanissima, sempre lei che a soli 33 anni ha deciso di dedicare la sua vita a combattere contro chi gli ha negato di essere libera. L’attivista curda si è recata sul Keshavarz Boulevard a Teheran senza velo e si è scattata una foto. Si è macchiata di quello che il regime considera un crimine inammissibile. E per questo è stata punita.

Come ha riportato Hengaw, ONG curda per i diritti umani con sede in Norvegia, l’attivista è stata condannata dal tribunale della Repubblica islamica dell’Iran a un anno di reclusione con divieto di lasciare il Paese per tre anni. Poi è stata costretta a scontare la sua pena: 74 frustate.

Un racconto del terrore

La pena, eseguita lo scorso 3 gennaio, è stata raccontata dalla stessa Roya Heshmati sul suo profilo Facebook. Le sue parole, che scorrono come un fiume in piena, potrebbero aggravare la sua situazione, ma niente e nessuno può fermare l’attivista, neanche la violenza subita.

“In nome delle donne, in nome della vita, le catene della schiavitù sono state spezzate”, ha urlato Roya Heshmati prima di subire la sua condanna. È stata obbligata a indossare l’hijab, ma ancora una volta ha rifiutato. Poi è stata condotta nella prima sezione della Procura del distretto 7 a Teheran, quello che per lei è diventato il locale della tortura.

“Mi hanno ordinato di prepararmi per le frustate. Ho appeso il cappotto e la sciarpa, rifiutandomi di indossare l’hijab nonostante la loro insistenza” – ha raccontato l’attivista – “Ho recitato in silenzio una poesia sulla liberazione e la resistenza. Non contavo i colpi; cantavo in nome delle donne, in nome della vita”.

“Nonostante il dolore” – ha dichiarato Roya Heshmati – “Non lasciavo che vedessero la mia sofferenza. Dopo l’esecuzione della pena, ho continuato a rifiutare le loro richieste di indossare il velo, simbolo della mia ferma posizione contro l’oppressione”.