Non una di meno: migliaia di donne nelle piazze italiane per l’aborto libero e sicuro

Il 28 settembre del 2022 migliaia di donne si sono riunite nelle piazze italiane, nel corteo organizzato da Non una di meno, per sostenere l'aborto libero e sicuro

È un tema delicato, quello dell’aborto, che muove le masse e spacca l’Italia e il mondo intero. Da una parte c’è chi inasprisce le regole, chi viola le leggi rendendo sempre più difficili l’interruzione di gravidanza volontaria e chi, ancora, ne crea di nuove per impedire a tutte le donne di essere libere di decidere del proprio corpo. Dall’altra ci sono le donne, quelle che scendono in piazza e tra le strade, quelle che si incontrano e si riuniscono sul web e dal vivo per difendere i loro diritti.

E sono tante, anzi tantissime, come dimostra la manifestazione che si è tenuta il 28 settembre tra le piazze di tutta Italia. A organizzare il corteo femminile a sostengo dell’aborto libero e sicuro è stato il movimento Non una di meno, una community che riunisce attiviste e donne di ogni età che combattono giorno dopo giorno per difendere e rivendicare i diritti di tutte.

Alla chiamata di scendere in piazza e di riunirsi al grido di libertà, hanno risposto tantissime donne di tutta Italia. Lo hanno fatto in occasione della Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito “Perché in questo scenario politico, tra guerre, crisi economica, climatica e campagna elettorale, i nostri corpi continuano ad essere un campo di battaglia”, si legge sulla pagina Facebook del movimento.

28 settembre 2022

È una data che non dimenticheremo, quella del 28 settembre del 2022, perché in questa occasione le voci di tutte le donne si sono riunite per rivendicare la libertà di scegliere, di agire, di essere. E insieme hanno fatto rumore, al punto tale da invadere con la loro presenza tantissime piazze del nostro Paese.

Cortei, flashmob, sit-in e striscioni all’insegna di “L’aborto non è reato, obiezione di coscienza violenza dello Stato” hanno animato la giornata del 28 settembre nelle piazze di numerose città italiane tra cui Bologna, Brescia, Milano, Napoli, Roma, Torino, Verona e molte altre. A scendere in strada sono state migliaia di donne impugnando lo slogan “Ci vogliamo vive e libere“.

Non è mancato, ovviamente, un pensiero a tutte le donne iraniane che, dall’altra parte del mondo, stanno combattendo le loro battaglie. Perché le loro lotte, sono quelle di tutte le donne.

Aborto libero e sicuro

“Lottare per la libertà di abortire significa per noi poter scegliere sui nostri corpi e sulle nostre vite, e contro tutte le condizioni che ce lo impediscono” – si legge sulla pagina Facebook del movimento Non una di meno“Gli attacchi e le restrizioni all’aborto sono attacchi diretti a donne, persone con capacità gestante, persone migranti e senza reddito. Lo sappiamo che la violenza è più brutale sui corpi di chi vive in una regione in cui il tasso di obiezione è altissimo e non ha un reddito per spostarsi, sui corpi di chi ha un’identità di genere non conforme e sui corpi di scappa dalla guerra”.

Il collettivo femminista, così, ha lanciato un appello per una protesta simultanea che si è accesa in tutta Italia e che ha riunito migliaia di donne di ogni città. Tutte insieme, con slogan e striscioni, si sono incontrate per protestare contro l’impossibilità di abortire in tutta sicurezza che vige in molti Paesi del mondo, proprio lì dove le donne rischiano di morire a causa di aborti clandestini e pericolosi.

Lo hanno fatto perché la legge 2 maggio 1978, n. 194, che regola l’interruzione della gravidanza volontaria in Italia, è minata ogni giorno dalla presenza degli obiettori di coscienza che sul territorio italiano sono tantissimi, e in alcune regioni rendono difficile, se non impossibile, l’accesso all’aborto.

Lo hanno fatto perché tutti, donne e uomini, hanno bisogno di avere un accesso facilitato alle informazioni sull’aborto, sulla contraccezione e più in generale sull’educazione sessuale. Ma anche perché, ancora oggi, nonostante l’aborto sia un diritto per tutte le donne, quelle che scelgono di interrompere volontariamente una gravidanza sono sottoposte a uno stigma sociale fatto di giudizi e colpevolezze.

Lo hanno fatto perché “Vogliamo essere libere di scegliere, e perciò rifiutiamo queste alternative” – si legge ancora sulla pagina Facebook – “Vogliamo lottare per mettere fine alla violenza patriarcale, razzista, coloniale, omolesbobitransfobica, abilista e classista che trova nella guerra e nelle sue conseguenze la massima espressione”.