Traslucenza nucale: cos’è e cosa devi sapere prima di farla

La translucenza nucale è un esame che consente di evidenziare malformazioni nel feto: ecco come e quando farla.

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Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

La traslucenza nucale è uno screening prenatale volto ad individuare eventuali anomalie cromosomiche o altre condizioni genetiche del feto. Si tratta di un’ecografia transaddominale eseguita da un/una ginecologo/a, attraverso una sonda ecografica sull’addome della futura mamma.

Per noi futuri mamme e papà, esso costituisce un esame importante che, se da un lato non espone il feto ad alcun rischio, a differenza della villocentesi e dell’amniocentesi, ha valori probabilistici più bassi.

Con l’aiuto del ginecologo Antonio Simone Laganà, approfondiremo il tema della traslucenza nucale, in cosa consiste esattamente, quali sono i gradi di probabilità, quando farla e quando è invece consigliabile eseguire altri tipi di screening al fine di verificare anomalie cromosomiche.

Traslucenza nucale: cos’è

Dopo i risultati positivi del test di gravidanza, la donna deve prenotare una visita ginecologica in ospedale o in uno studio privato. Durante tale visita, alla donna verranno fornire tutta una serie di informazioni sul suo stato, sugli esami ed i prelievi da eseguire, come anche sulle ecografie da fare, durante i nove mesi di gravidanza. Se la donna è in età avanzata, ed è considerata tale dai 35 anni in poi, le viene consigliato di eseguire un test prenatale non invasivo, che non presenta alcun rischio per lei e per il feto.

“La translucenza nucale è un esame ecografico per la diagnosi prenatale, solitamente eseguito tra l’undicesima e la quattordicesima settimana di gravidanza, per la valutazione di un potenziale rischio di sindrome di Down (trisomia 21), altre anomalie cromosomiche nel feto come sindrome di Patau (trisomia 13) o sindrome di Edwards (trisomia 18) e anche di alcune malformazioni cardiache e scheletriche. Tramite un’ecografia viene misurato lo spessore della zona posteriore del collo del feto, dove vi è un’area che non riflette gli ultrasuoni e che si presenta quindi translucente, in cui è presente una piccola raccolta fisiologica di liquido tra la cute e i tessuti paravertebrali. La procedura prende nome da questa zona.

Uno spessore maggiore del valore di riferimento specifico per la settimana di gestazione della translucenza nucale, che solitamente tende a riassorbirsi entro la quattordicesima settimana di gestazione, può indicare che vi è un maggiore rischio che il feto possa essere affetto da alcune patologie congenite, come un’alterazione del corredo cromosomico”.

Gravidanza: gli esami prenatale
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Screening prenatale: perché è importante

Fattori di rischio: l’età materna

Come sappiamo, più è elevata l’età della donna e, da un lato è più probabile la difficoltà nel concepire, da un altro lato la gravidanza andrà monitorata più attentamente, ed infine maggiori saranno anche le probabilità di partorire un figlio/figlia con particolari fragilità. Per quanto si tratti di scenari che possono giustamente spaventare, dall’altro lato si tratta solo di essere maggiormente informati, consapevoli e responsabili. Il fattore dell’età, come anche la storia familiare di anomalie genetiche, andranno ad incidere infatti anche sui risultati della traslucenza nucale.

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Un’ecografia per lo screening prenatale

Traslucenza nucale: quando farla

“La translucenza nucale è raccomandata generalmente a tutte le donne in gravidanza e soprattutto in caso di età materna superiore ai 35 anni di età, e se si hanno casi di anomalie cromosomiche nella famiglia, in quanto è considerata uno dei primi test di screening per le anomalie cromosomiche fetali.

Per una maggiore accuratezza diagnostica, la translucenza nucale viene associata ad un altro esame di screening, il Bi-test, che viene effettuato attraverso un prelievo ematico materno, con il quale viene misurata la concentrazione di due ormoni prodotti dalla placenta, Beta-HCG e PAPP-A. Il test combinato (translucenza nucale + bi-test) consente di identificare il 90% circa dei feti affetti da trisomia 21 (sindrome di Down), 18 o 13.

La sola translucenza nucale ha un’accuratezza diagnostica di circa il 75% e può identificare un potenziale rischio aumentato che richiede ulteriori test diagnostici.
Nei casi in cui dal test combinato si rilevi un alto rischio per Trisomia 21, 18 o 13, viene generalmente consigliata l’esecuzione di un esame diagnostico invasivo (villocentesi o amniocentesi), previa consulenza genetica.

Per identificare feti a rischio di anomalie cromosomiche, e più in generale sindromi genetiche, è possibile effettuare anche il test del DNA fetale (NIPT) che, ad esempio, ha un’accuratezza diagnostica di circa il 99% per la trisomia 21. In generale, è consigliabile discutere con il proprio medico o consulente genetico riguardo le opzioni disponibili e prendere una decisione informata in base alle specifiche circostanze individuali”.

Traslucenza nucale
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L’importanza dell’ecografia per lo screening prenatale

I test diagnostici dopo traslucenza nucale

Abbiamo parlato più volte di villocentesi ed amniocentesi ed il dottor Laganà ci ha detto che essi possono essere richiesti successivamente ad i risultati della traslucenza. Come leggerete a breve, a differenza della traslucenza nucale, se da un alto essi garantiscono risultati più alti in termini probabilistici, presentano però rischi di aborto, in quanto sono esami invasivi.

Vediamo cosa dice ISSalute, sugli altri due principali test diagnostici.

L’amniocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, attraverso un ago nell’addome materno che deve arrivare all’interno dell’utero.

Essa viene eseguita al quarto mese di gravidanza. L’accuratezza diagnostica è del 99%. Tale esame però comporta un rischio aggiuntivo di aborto, anche se inferiore all’1%, rispetto al rischio che ogni gravidanza ha in sé.

La villocentesi consiste nel prelievo di una piccola porzione di villi coriali, e si effettua tra la 10a e la 13a settimana alcune settimane dell’amniocentesi. La certezza del dati è alta come nei casi dell’amniocentesi. Se essi non sono chiari può essere richiesta un’amniocentesi.

La villocentesi comporta un rischio aggiuntivo di aborto compreso fra l’1% e il 2% rispetto al rischio di aborto spontaneo che ogni gravidanza ha in sé.

L’amniocentesi e la villocentesi sono consigliate:

  • nei casi di risultato positivo al test combinato;
  • alle donne con una età superiore ai 35 anni;
  • quando esiste una familiarità con specifiche malattie genetiche.

Quale scelta fare tra traslucenza nucale e gli esami invasi

La traslucenza nucale è uno strumento prezioso nella diagnosi precoce delle anomalie cromosomiche e può aiutare i futuri genitori a prendere decisioni informate sulla loro gravidanza.  Come per l’amniocentesi e la villocentesi è un’opzione sulla quale ogni donna, ogni coppia, deve essere informata, se la futura mamma ha un’età superiore ai 35 anni o se ci sono familiarità su alcune specifiche malattie (come anche altri figli affetti dalle stesse).

Resta però una scelta della donna, e della coppia, fare o non fare tali indagini, conoscendone i rischi correlati quanto anche i termini probabilistici ad essi legati. La coppia deve anche sapere che per i due esami invasi appena visti, i rischi di aborto possono essere più elevati o meno in base all’esperienza di chi li esegue. Per questo, la coppia deve essere seguita ed informata in questo percorso e prima di prendere la sua decisione, senza ricevere pressioni, rimanendo una scelta estremamente personale.