Spesso, ci capita di leggere indagini e studi assai curiosi, le cui conclusioni rimbalzano sulle tv, sui giornali, sui social, con lo scopo di far parlare molto il pubblico: fra di essi, ciclicamente, viene riportato quello sull’ereditarietà dell’intelligenza dei nostri figli, che sembrerebbe essere frutto dei soli geni materni.
Si è soliti scherzare su questi temi, come si trattasse di identificare il carattere dei bambini in base ai segni zodiacali, con la pecca di non approfondire i termini della fondatezza di tali studi, rimanendo così più un curioso argomento di conversazione in orario aperitivo, che uno studio di rilevanza scientifica e/o psicologica.
Da un lato, pensare che l’intelligenza sia davvero un fattore innato, che non si acquisisce/ sviluppa con l’età e con l’esperienza, che nulla possa incidere su di essa, in quanto viene trasmessa solo dai geni materni, un po’ spaventa. Soprattutto, dall’altro lato, ci lascia depressi all’idea che nulla possiamo sul nostro destino, sul quale le scelte fatte attraverso la nostra intelligenza hanno un certo peso. Un po’ come per il carattere che, se davvero è solo ereditato dai geni paterni o materni, senza che presenti un minimo di elasticità, di mobilità, di miglioramento, ci inchioderebbe ad un’esistenza senza sorprese, con il medesimo spartito che hanno suonato i nostri genitori. Arrenderci a questa idea non può che svilirci, anche di fronte ad un eventuale brillante bagaglio genetico di mamma e papà!
Esperienze, talenti, passioni, fatiche, nulla possono su di noi, è tutto sotto il copyright genetico di famiglia? Possibile che la nostra intelligenza sia frutto dei soli geni materni? Ma, soprattutto, cosa intendono questi studi, quando parlando di intelligenza?
Abbiamo interpellato il dottor Pierluca Nicolò, psicologo, che ci aiuterà a rispondere a queste domande, e soprattutto a capire come dobbiamo interpretare lo studio che ha messo al centro dell’intelligenza dei nostri figli i soli geni materni.
Indice
Intelligenza: lo studio ed i geni materni
“Uno studio scientifico pubblicato da Psychology Spot (Did you know that intelligence is inherited from mothers?) ha dimostrato come, quando si parla di intelligenza, o di cognitive abilities (abilità cognitive), molto dipenda dalla mamma. Essendo il tema dell’intelligenza molto complesso, però, andrebbero definiti i criteri con cui noi intendiamo questa area della psicologia umana: cioè cosa intendiamo per intelligenza.
Ma la parte ancora più delicata delle conclusioni dello studio sta nel fare dipendere solo dalla mamma le abilità cognitive, esponendo i geni materni ad una valutazione negativa, qualora tale intelligenza manchi: ovvero, se non siamo intelligenti, qualunque cosa voglia dire, dipenderebbe sempre dai geni materni. Capiamo bene quanto sia poco utile e addirittura fuorviante trarre conclusioni letterali da questo approccio genetico applicato unilateralmente allo studio dello sviluppo psichico. Fatta questa piccola premessa proviamo ad approfondire questi interessanti risvolti della psiche umana e del legame tra madre e figli.
Alla base della scoperta ci sono i cosiddetti geni condizionati, che si comportano in modo differente a seconda della loro provenienza. Questi geni presentano una sorta di tag biochimico che consente di capire se sono attivi o meno, e di rintracciarne l’origine. Alcuni fra questi geni si attivano solo se provenienti dalla madre, mentre si disattivano se derivano dal padre. Lo studio ha concluso come i geni materni siano in grado di contribuire maggiormente alla formazione dei vari centri del pensiero che si trovano nel cervello. Sulla scia di queste scoperte, si è capito che l’intelligenza dei figli dipende in gran parte dal cromosoma X, ossia quello della madre. Non solo: le donne possiedono due cromosomi X, perciò le probabilità di ereditare le caratteristiche cognitive da loro sono doppie. In effetti si è visto, misurando il QI delle madri, che il QI dei giovani figli variava in media solo di 15 punti da quello delle loro madri”.
Chi trasmette l’intelligenza ai figli: la psicologia
Lo studio citato e spiegatoci da Nicolò non può che essere analizzato alla luce dei ruoli ricoperti nella famiglia dalla madre e dal padre, sebbene con la consapevolezza della migliore fluidità dei relativi compiti, rispetto ad un passato più rigido ed asfissiante non troppo lontano da noi. Leggiamo ancora una volta le parole dello psicologo.
“Sono i ricercatori stessi a definire in modo più completo lo studio con l’introduzione della psicologia, che come in ogni fattore umano dall’origine della nostra specie, gioca il ruolo fondamentale di ogni fenomeno umano. Nella famiglia tradizionalmente intesa, e quindi anche qui potremmo fare molte riflessioni su come ai nostri tempi la famiglia ha numerosissime forme e modalità di strutturarsi, la madre spesso svolge un ruolo fondamentale nel favorire lo sviluppo cognitivo dei figli, grazie al contatto emotivo e fisico, realizzando una relazione di amore, cura e attenzione alle necessità di sviluppo e di educazione. Uno studio dei ricercatori dell’Università del Minnesota, che cita la ricerca che stiamo commentando, ha infatti dimostrato che i bambini che sviluppano un sano attaccamento nei confronti della madre, mostrano una minore frustrazione e ansia nell’affrontare i problemi e trovare soluzioni. Ciò è dovuto al fatto che il legame con la mamma dona la sicurezza giusta per esplorare il mondo e cavarsela da soli. L’ennesima conferma di quanto il legame affettivo, quindi l’atteggiamento psicologico e non i geni, fra madre e figlio, sia fondamentale per crescere adulti sereni e felici”.
Il ruolo del padre sull’intelligenza dei figli
Con l’interpretazione dello studio sull’intelligenza dei figli, attraverso una chiave psicologica, scardiniamo l’idea che essa sia merito dei soli geni come li abbiamo intesi all’inizio. È il legame con la madre che fa la differenza nello sviluppo dei figli. Il punto ora è quale sia il ruolo del padre. Lo psicologo afferma che il padre è fondamentale con i suoi geni e soprattutto con il suo atteggiamento, e, ad avvallare la sua valutazione, ci offre la traduzione di una parte dello studio.
Si stima che tra il 40 e il 60% dell’intelligenza sia ereditaria. Ciò significa che la percentuale rimanente dipende dall’ambiente, dagli stimoli e dalle caratteristiche personali. In effetti, ciò che chiamiamo intelligenza non è altro che la capacità di risolvere problemi. Ma il fatto curioso è che per risolvere problemi, anche semplici matematici o fisici, entra in gioco anche il sistema limbico, perché il nostro cervello funziona nel suo insieme. Quindi, anche se l’intelligenza è strettamente legata alla funzione del pensiero razionale, è influenzata dall’intuito e dalle emozioni che, geneticamente parlando, sono influenzate a loto volta dal contributo del padre. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che anche se un bambino ha un QI elevato, dobbiamo stimolare quell’intelligenza e nutrirla per tutta la vita con nuove sfide. Altrimenti quell’intelligenza ristagnerà. Nonostante ciò che può essere influenzato dalla genetica, i padri non dovrebbero scoraggiarsi perché anche loro possono contribuire molto allo sviluppo dei loro figli, soprattutto essendo emotivamente presenti. Il QI con cui nasciamo è importante, ma non decisivo.
Come e da chi si eredita l’intelligenza
Con queste conclusioni possiamo tirare un sospiro di sollievo e soprattutto alleviare le mamme ed i papà di tutto il mondo dal grande peso di determinare l’intera esistenza dei propri figli, grazie o a causa, del proprio bagaglio genetico. Lo studio ha anche ricordato che ciò che conta è anche andare a coltivare, nutrire il QI, come del resto è necessario anche in caso di bambini/e plusdotati/e. Tirando le somme, nasciamo tutti con una valigia non del tutto preparata, ma pronta ad essere riempita dagli stimoli, dai legami, dalle sfide che affrontiamo.
“In conclusione, i geni ereditati dalla madre riguardano le funzioni cognitive e la capacità di impiegare strategie di risoluzione di problemi, mentre dal padre si ereditano i geni legati a funzioni irrazionali della psiche come l’intuizione e l’intensità delle emozioni, aspetti e parimenti fondamentali per le abilità intellettive dei figli”.