Skin Shaming: l’odio che corre sulla pelle è il nuovo dilagante fenomeno web

Di cosa parliamo quando parliamo di skin shaming, come riconoscerlo e come difendersi

Foto di Miriam Tagini

Miriam Tagini

Giornalista e Lifestyle Editor

Giornalista pubblicista, in passato ha lavorato come web editor, content creator e social media manager. È bilingue e collabora con testate online nazionali e magazine internazionali. Per DiLei scrive di Lifestyle nella sezione GirlZ.

Se negli ultimi anni si è spesso sentito parlare di body shaming, ossia tutte quelle azioni compiute per offendere una persona giudicandola per l’aspetto esteriore, oggi il bersaglio è più che mai la pelle, da cui l’espressione skin shaming, mirato specificamente a giudicare i problemi della cute altrui.

Osservatosi per la prima volta qualche anno fa negli Stati Uniti, oggi è un fenomeno così comune in tutto il mondo che secondo la recente indagine “Dove Body Love 2023”, condotta col metodo WOA (Web Opinion Analysis) prendendo in esame circa 1.200 persone tra uomini e donne con un’età emersa tra i 20 e i 50 anni, oltre 6 persone su 10 (62%) sono state presi di mira sui social o nella vita di tutti i giorni a causa di problemi o imperfezioni legati alla pelle.

La pressione di avere una pelle perfetta

Dalle celebrità agli esperti del settore, fino ai detti comuni; tutti affermano che gli effetti del proprio stile di vita si manifestano – tra le altre cose – sul proprio viso. L’affermazione è per lo più vera: l’alcol disidrata la pelle, troppi raggi UV causano un aumento delle rughe e una dieta ricca di saccaridi induce sia l’invecchiamento che l’acne.

Tuttavia, a volte un brufolo è solo un brufolo, indipendentemente da quanto tempo dedichiamo alla skin routine e quanta percentuale delle nostre finanze viene risucchiata in prodotti all’ultima moda. Gli inestetismi della pelle sono infatti molto comuni e riguardano milioni di persone: dall’acne al rossore, dalle cicatrici fino alle macchie. Non c’è niente di cui vergognarsi

Body shaming e skin shaming, qualche numero

Negli anni ’90 tutte le donne dovevano avere capelli lisci, un corpo magro e una pelle perfetta. Questi erano gli stereotipi di bellezza, quasi irraggiungibili per la maggior parte delle persone. E sebbene i tempi siano leggermente cambiati e il concetto di bellezza naturale si sta facendo sempre più strada, è però vero che lo skin shaming è ancora un fenomeno troppo diffuso.

Come rivelato dall’indagine Dove Body Love 2023vengono colpiti principalmente da queste forme di umiliazione, come appunto body shaming e skin shaming, ragazzi tra i 18 e i 25 anni (59%), seguiti dagli over 45 (22%) e dalla fascia 33-45 anni (19%). soffrire di più sono le donne: infatti oltre 6 su 10 (64%) si sentono maggiormente giudicate per la propria immagine, mentre alla stessa domanda la percentuale di uomini scende al 36%. Inoltre, oltre 7 persone su 10 hanno dichiarato che questo fenomeno li ha condotti a uno stato di forte insicurezza (73%).

È tutta colpa dei social?

I social media sono stati sempre criticati ultimamente per l’effetto che hanno sulla nostra immagine corporea.

Non si può assolutamente negare che la “cultura del confronto” che affligge Internet sia incredibilmente tossica. Piattaforme come Instagram e TikTok sono così brave a fornirci una comunità di persone con cui altrimenti non potremmo interagire e mentre inevitabilmente ci saranno sempre degli “haters”, perché non ci sforziamo di fermare la negatività e invece ci concentriamo sull’ispirarci a vicenda? Se tutti iniziassimo a usare Instagram e TikTok per diffondere più positività, anche se sembra un cliché, il mondo sarebbe un posto molto migliore.

Per fortuna ci sono movimenti di positività che ora stanno facendo sempre più presa sugli utenti dei social, soprattutto in relazione alla salute fisica e mentale. I social, infatti, possono fungere da rifugio sicuro per coloro che si sentono emarginati o soli. Un luogo in cui è possibile trovarsi con altri che vivono esperienze simili. Uno in cui dovremmo essere in grado di celebrare le forme di tutti i corpi e di tutte le pelli che vediamo nel nostro feed, indipendentemente dal loro aspetto. Purtroppo, però, la #skinpositivity è ancora agli inizi.

Come difenderi dallo skin shaming: il consiglio dell’esperta

Nell’ottica di considerare in maniera concreta l’argomento dello skin shaming, la cura di sé stessi come antidoto di benessere a critiche e offese sui social risulta essere la chiave di volta per innescare un processo virtuoso.

Secondo la Dott.ssa Stefania Andreoli, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Alice ETS:

«Chi cura il proprio aspetto lo fa principalmente per sé e per sentirsi bene. Infatti, concedersi le cure rivolte al corpo e alla pelle è un gesto che di per sé è accudente, prima ancora del suo risultato.

Avere cura di sé produce sentimenti di benessere che indagati più a fondo rimandano ad un vero e proprio segreto di bellezza suggerito dai partecipanti all’indagine: per il 59% dei rispondenti, stare in ascolto di sé, isolandosi dal rumore di fondo dei diktat esterni e rispondendo alle proprie esigenze dopo essersi sintonizzati e sintonizzate sui bisogni profondi suggeriti dalla propria unicità, diventa il modo d’elezione per avere cura di se stessi… e come dare loro torto!

Questi dati ci permettono inoltre di dare anche una lettura in chiave positiva del rapporto con la nostra immagine. Infatti, diversamente dai risultati raccolti da altre ricerche condotte post-pandemia e dall’avvento dei social network, stiamo iniziando a relazionarci con la nostra immagine esteriore in modo più positivo di quanto emergeva fino ad oggi. Il 58% dei partecipanti dichiara infatti che il rapporto con la propria immagine è “molto” o “abbastanza” positivo».

Ciò che conta realmente è sentirsi bene con sé stessi, prendersi cura del proprio benessere e apprezzare anche i propri piccoli difetti, perché sono soprattutto loro che ci rendono unici e irripetibiliRiscrivere la bellezza in modo che sia fonte di fiducia e non di ansia è un impegno che spetta a tutti noi.