Non c’erano rose rosse sul tavolo, né era stata organizzata una cena a lume di candela per celebrare l’amore nel giorno di San Valentino in quella casa a Pretoria. Ma c’era il sangue, quello di una giovane donna uccisa proprio la notte del 14 febbraio. Non erano stati dei ladri o degli intrusi. Reeva Steenkamp non era la vittima di un regolamento di conti. A ucciderla era stato il suo fidanzato, l’atleta Oscar Pistorius, con quattro colpi di pistola.
Lui era uno degli atleti paralimpici più famosi del mondo, già campione nel 2004 e nel 2008. La vita non era stata generosa con lui, dato che alla sola età di un anno aveva subìto l’amputazione di entrambi i piedi a causa di un’emimelia fibulare. Ma non era uno che si arrendeva facilmente, e aveva trascorso la sua vita intera a dimostrarlo. Lo chiamano Blade Runner per la sua velocità.
Tutti acclamavano il campione, ma nessuno poteva immaginare che si sarebbe trasformato presto in un assassino.
14 febbraio 2013: l’omicidio di Reeva
Sono passati 10 anni dall’omicidio di Reeva Steenkamp, la bellissima modella sudafricana che aveva scelto di condividere il giorno di San Valentino, e forse la vita intera, insieme al suo compagno. Ma fu proprio lui a spezzare i suoi sogni, a toglierle la speranza e la stessa vita.
Era il 14 febbraio del 2013 quando la modella sudafricana si trovava insieme all’ex velocista e campione paralimpico Oscar Pistorius in quella villa di Pretoria, in Sudafrica. Ma il loro non sarebbe stato un San Valentino romantico come ci si aspetterebbe da una coppia. Quello che è successo quella notte è confuso, disordinato e inspiegabile ma fatto di una sola certezza: Reeva Steenkamp è morta e a ucciderla è stato Oscar.
Il corpo senza vita della modella è stato ritrovato in bagno, ricoperto di sangue. Nelle mani stringeva il cellulare, forse per chiedere aiuto, forse per fare un’ultima chiamata da quel luogo dove si sentiva protetta, ma protetta non era. I quattro colpi di pistola, provenienti dalla 38 special dell’atleta, trapassarono la porta del bagno e il corpo della sua fidanzata. Sopravvivere era impossibile.
Il movente e la ricostruzione dei fatti
Quella mattina stessa, Oscar Pistorius viene arrestato dalla polizia locale per aver ucciso la sua fidanzata. L’ennesimo femminicidio, questa volta, sconvolge il mondo intero perché porta la firma di un campione sportivo.
Lui non nega, ma dà la sua versione dei fatti: credeva si trattasse di un ladro, così ha impugnato la pistola e ha sparato. I suoi legali difendono la confessione, la descrivono come un tragico e fatale errore. Eppure gli altri non gli credono. A fare eco alla voce dei diffidenti ce n’è una che emerge più degli altri, è quella della madre di Reeva.
È lei, prima di tutti, a sostenere la tossicità di quella relazione. June Steenkamp sa che sua figlia voleva lasciare Oscar Pistorius a causa della sua gelosia ossessiva, l’avrebbe fatto proprio quella sera. La conferma delle sue parole arriva dal fatto che le cose di Reeva erano già imballate e pronte lasciare quella casa insieme a lei.
Ma l’atleta continua a sostenere la sua tesi, e lo farà sempre. Una ricostruzione dei fatti, la sua, che però viene smantellata dall’accusa che non può accettare la condanna per omicidio colposo. Il 3 dicembre 2015, a distanza di un anno e mezzo dall’inizio del processo, la Corte Suprema d’Appello Sudafricana riconosce Oscar Pistorius colpevole di omicidio volontario condannandolo a 6 anni di carcere, poi aumentati a 13. L’ex campione paralimpico ha scontato la sua pena del carcere di Atteridgeville. Nel novembre 2023, a 10 anni dall’omicidio, ha ottenuto la libertà condizionata su cauzione a partire dal 5 gennaio 2024. Reeva, invece, non c’è più.