Linkedin, altro che lavoro: divampano i messaggi molesti

Conosciuta come la piattaforma social dei professionisti, Linkedin è diventata il terreno fertile delle molestie sessuali ai danni delle donne

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Trovare un lavoro, ed entrare in connessione con altri professionisti del settore, è oggi più semplice che mai. Lo è anche grazie e soprattutto a Linkedin, il celebre social network che vanta 875 milioni di iscritti, tra membri singoli e aziende. Numeri, questi, che rendono la piattaforma un esempio virtuoso nonché un vero e proprio punto di riferimento per il mercato del lavoro.

Eppure, all’ombra del grande successo del social network si nasconde una pericolosa insidia che, ancora una volta, miete le sue vittime tra le donne. Le professioniste del mondo sono sotto attacco, tutte le donne lo sono, persino quando si connettono a una piattaforma che ha tutt’altri fini. Lo confermano i dati che in fatto di proposte sessuali via social sono altissimi e che delineano un quadro piuttosto allarmante: il 91% delle iscritte sulla piattaforma ha ricevuto, almeno una volta, un messaggio molesto o un avance sessuale.

Le molestie sessuali passano per i social. E anche per Linkedin

Ci sono le dating app, quelle che hanno sostituito in tutto e per tutto gli incontri spontanei che prima avvenivano in strada. E poi ci sono i social network, con regole e finalità diverse. Lo scopo, però, è sempre lo stesso: quello di entrare in connessione con le persone, indipendentemente dal luogo in cui si vive. Certo è che iscrivendosi a Linkedin, la piattaforma dedicata al lavoro e ai professionisti, tutto ci si aspetta tranne che di ricevere proposte indecenti e molestie a sfondo sessuale.

E invece è proprio quello che succede: il celebre social network sembra essersi trasformato in un inedito Tinder, con l’aggravante però che chi si iscrive qui, a differenza delle dating app, non è alla ricerca di un amico o di un amante, ma di un lavoro o di una nuova connessione professionale. Non che ci sia qualcosa di male, intendiamoci, nello scambio amichevole di pareri e opinioni, né tanto meno nella conoscenza con chi non fa parte della nostra rete di amici e colleghi. Il problema, vero e reale, è che ancora una volta le donne pagano un prezzo per qualcosa che non hanno fatto, né tanto meno richiesto, colpevoli solo di appartenere al genere “sbagliato”, quello sessualizzato in ogni ambito, anche in quello lavorativo.

I dati emersi dalla ricerca condotta da Passport-photo.online, sono davvero sconcertanti. Ma non ci stupiscono poi molto perché altro non sono che il riflesso di un atteggiamento che viene perpetuato anche nei luoghi pubblici e negli ambienti lavorativi e che ancora una volta vedono le donne come vittime sacrificali di una battaglia che la società patriarcale ha portato avanti per secoli.

I dati dello studio

I dati portati alla luce dallo studio condotto da Passport-photo.online costringono a una riflessione doverosa, sia da parte nostra che della celebre piattaforma social che, inaspettatamente, è chiamata a rispondere a una nuova e grande sfida, quella di porre fine alle molestie che avvengono tra i membri della piattaforma.

La ricerca ha evidenziato che sono tanti, anzi tantissimi, i messaggi inappropriati che arrivano alle donne ogni giorno, spesso in forma di molestie e di proposte sessuali. Lo studio, che ha analizzato l’esperienza di un campione di 1049 donne iscritte a Linkedin, ha portato alla luce una verità sconcertante: il 91% dei membri femminili registrati su Linkedin ha ricevuto, almeno una volta, dei messaggi inappropriati.

Secondo il rapporto, il 43% di queste ha dovuto prendere la situazione in mano e fermare le molestie, rispondendo a chi aveva già oltrepassato i limiti con battute poco consone a un contatto professionale. Lo studio ha analizzato anche gli effetti e le conseguenze dei comportamenti molesti da parte dei membri: più del 14% delle donne intervistate ha dichiarato di essersi sentito infastidite davanti a questi atteggiamenti. Il 13.42% ha ammesso di essere indifferente alle avances e il 13.22%, invece, ha confessato di sentirsi piuttosto confuso in merito.

Dichiarazioni, queste, che hanno portato alla luce un altro dato, sicuramente molto importante affinché la piattaforma social prenda dei provvedimenti per fermare quello che sembra un vero e proprio fenomeno diffuso. Il 74% delle intervistate, infatti, ha dichiarato di aver ridotto la propria attività sui social per evitare di incontrare membri molesti o di ricevere messaggi inappropriati.

Molestie online: la situazione in Italia e nel mondo

Quella delle molestie online, che passano anche e soprattutto attraverso i social network, è una delle piaghe più diffuse della società contemporanea che riguarda, drammaticamente, anche i giovanissimi. Certo, grazie alla conoscenza e all’educazione digitale possiamo adottare tutta una serie di azioni per tutelare la persona e la sua presenza online.

Su Linkedin infatti, così come sulla maggior parte dei social network, è possibile segnare violazioni e membri inopportuni presenti sulla piattaforma. E infine bloccarli. Ma basterà? I dati dicono di no.

A essere più a rischio sono le generazioni di oggi. Secondo il rapporto Free To Be Online stilato da Plan International in occasione della Giornata Internazionale delle Bambine, il 58% delle ragazze e delle giovanissime subisce ogni giorno una molestia sui social. E a essere coinvolti sono tutti i Paesi d’Europa e del mondo.

La cosa più preoccupante, emersa da questa indagine e da tutti i dati raccolti fino a questo momento, è che ormai quei comportamenti inopportuni, quei messaggi a sfondo sessuale e quelle minacce sono diventate parte integrante della quotidianità di chi è sul web, che si tratti di un professionista, di un personaggio pubblico, di un’influencer o di chi, più semplicemente, condivide lì i suoi interessi. Una consapevolezza, questa, che secondo il rapporto di Plan International ha portato una buona percentuale di intervistate a rinunciare ai social o a cambiare il loro modo di comunicare per evitare molestie.

Migliaia di lavoro, si legge sul rapporto, hanno sperimentato sensazioni di paura, di angoscia e di stress, nati appunto dal comportamento aggressivo e molesto dei membri dei social network.

Ma cosa dice la legge a proposito delle molestie online? In una recente sentenza emessa dalla Cassazione è stato sottolineato che le molestie via social non possono essere equiparate, e quindi condannate, a quelle telefoniche. Trovandosi di fronte al caso di una donna che aveva cercato i suoi figli naturali, inviando ripetuti messaggi su Facebook con conseguente denuncia da parte dei genitori adottivi, la Cassazione si è espressa su un tema che oggi è al centro del dibattito pubblico, seppur in un contesto estremamente delicato come quello della genitorialità.

Secondo la sentenza, infatti, le app di messaggistica instantanea consentono di sottrarsi alle interazioni con persone moleste, anche grazie alla possibilità di apporre dei filtri alle conversazioni o bloccare determinati utenti. E in effetti, come abbiamo specificato per Linkedin, anche gli altri social network e le applicazioni di messaggistica permettono di disattivare le notifiche e di bloccare la comunicazione da/e verso un numero. Ma questo può bastare per farci sentire al sicuro?