Benvenuti a Kihnu, l’isola delle donne

In questa piccola del Mar Baltico sono le donne a lavorare, a gestire le fattorie e a insegnare a scuola. Sono loro a proteggere la cultura e il patrimonio immenso che appartiene a questo territorio

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Esiste un posto, nel mondo, davvero incantato. Una piccola isola in Estonia, appartenente alla contea di Pärnu e circondata dal Mar Baltico, dove tutto è una continua e sorprendente scoperta. Lo sono le bellezze naturalistiche di questo lembo di terra solitario e sospeso tra il cielo e il mare, lo sono le case dai colori pastello, i vestiti a fiori e i foulard delle donne, tutte meraviglie, queste, riconosciute come Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco.

Il nome di questa terra estone è Kihnu, ma in molti la chiamano l’Isola delle donne e non lo fanno sicuramente a caso. Perché sono proprio le donne, qui, a gestire la quotidianità, a mandare avanti l’isola e a prendere le decisioni mentre gli uomini navigano il mare occupandosi di raccogliere i frutti della pesca.

Kihnu non è solo l’isola gestita e amministrata dalle donne, ma è forse l’unico e l’ultimo grande baluardo di matriarcato ancora esistente in tutto il mondo. E questa è la sua storia.

Vi presentiamo Kihnu

Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità: è questa la classificazione che l‘Unesco ha dato a Kihnu, riconoscendo questo lembo di terra in Estonia come un luogo unico che deve essere protetto, preservato e valorizzato. Ma cos’è che rende così speciale questa isola?

Non sono solo le bellezze naturali che appartengono a questo affascinante lembo di terra, né tanto meno quell’atmosfera unica che non può essere paragonabile a nessun altro posto del mondo. Ma sono le tradizioni, le usanze e le storie che si tramandano da generazioni, è la cultura che è preservata e perpetuata dalle donne, ieri esattamente come oggi.

Da secoli, infatti, gli uomini di Kihnu sono stati lontani da questa terra, per giorni, settimane e mesi. E mentre loro erano in mare, a occuparsi della pesca, le donne governavano l’intera isola, trasformandosi nelle custodi di quello che ora è un patrimonio immateriale unico e straordinario. Sono loro a gestire l’isola, amministrativamente e quotidianamente. Sono loro a insegnare ai più giovani a lavorare la terra, a tramandare il mestiere dell’agricoltura. È sempre loro il compito di conservare il patrimonio storico e culturale di Kihnu attraverso l’artigianato, la musica, le danze i costumi.

Non è un caso che Kihnu sia stata ribattezzata l’Isola delle donne. In molti, infatti, pensano che proprio questo sistema organizzativo rappresenti in qualche modo l’unico baluardo esistente di matriarcato. Ma a differenza di quello che il nome stesso suggerisce, la struttura sociale di questa terra non si basa sulla volontà di un predominio o di un controllo su un genere piuttosto che un altro, quanto più di una società che ha scelto in maniera intelligente di creare le migliori condizioni per vivere e condividere la quotidianità.

L’Isola delle donne

Organizzare un viaggio a Kihnu vuol dire entrare in contatto con una cultura meravigliosa protetta e tramandata dalle donne. Sono proprio loro, infatti, ad accogliere gli avventurieri che curiosi navigano le acque del Mar Baltico per raggiungere questa terra. Di uomini se ne vedono pochi sull’Isola delle donne, perché questi trascorrono la maggior parte del tempo a pescare in mare aperto.

Ad accogliere le imbarcazioni che intendono attraccare sull’isola c’è il guardiano del faro. Non è un uomo, ma una donna. E questo, nel nostro Paese e non solo, sarebbe bastato a titolare centinaia di articoli di giornale che celebrano le donne, la loro indipendenza e l’autonomia. Ma a Kihnu, questo, non fa notizia. Perché qui funziona così da sempre.

Sono le donne a gestire le attività dell’isola. Gli alloggi per i turisti, i ristoranti, le fattorie e le scuole. Se c’è un guasto o un’automobile si rompe, sono loro che corrono in soccorso, che risolvono i problemi con le gonne a righe ampie e arricciate e i foulard colorati stretti con un nodo intorno al collo. E sono sempre loro a custodire l’immenso patrimonio culturale che hanno costruito nei secoli.

Un matriarcato, dicevamo, che non abbiamo visto in nessun altro luogo del mondo. Ma loro non sono d’accordo su questo termine, perché non si tratta di un predominio sulla controparte maschile. Quanto più di una suddivisione di ruoli, equa, giusta e paritaria. Perché mentre gli uomini andavano in mare, le donne restavano. E toccava a loro organizzare la vita sull’isola, la politica di Kihnu. Era il loro compito mantenere la memoria storica e culturale dell’isola. Così è stato fatto, ieri come oggi.

L'isola delle donne
Fonte: Universal Images Group via Getty Images
L’isola delle donne

Un patrimonio immenso conservato da una società femminile

Di matriarcato, dicevamo, non si parla a Kihnu. Gli uomini, infatti, come le donne possono fare tutto ciò che vogliono sull’isola. Qui non si tratta di diritti umani violati e non concessi, come nel caso delle società patriarcali dalle quali cerchiamo di svincolarci, ma di scelte che sono molto lontane da quelle che appartengono al nostro Paese, e all’Occidente in generale.

L’isola, infatti, è gestita da donne perché le circostanze che si sono create nei secoli hanno fatto sì che lo spirito di adattamento della comunità trovasse un sistema funzionante e vincente da perpetuare nei secoli. L’uomo, dicevamo, non è affatto dominato dalle donne e, al contrario, gode dei suoi stessi diritti.

Il lavoro degli uomini poi, quello che li costringe a stare lontano da casa per settimane, è considerato molto importante per le donne di Kihnu, perché è quello che permette il sostentamento dell’intera comunità. Così ecco che quello che ci sembra matriarcato, in realtà, altro non è che un modello inedito e funzionante di collaborazione tra i sessi.

Certo è che non possiamo negare che gran parte del patrimonio che oggi appartiene all’isola, proviene proprio dalle donne. Sono state loro, infatti, a proteggere i riti secolari di questo piccolo lembo di terra. La danze e la musica, qui, ricoprono un ruolo fondamentale per evocare il passato, per scrivere il presente e immaginare il futuro. L’utilizzo degli strumenti musicali, come i violini e la fisarmonica che vengono utilizzati durante le manifestazioni e le celebrazioni, è tramandato proprio dalle donne.

Anche la lingua, qui, è patrimonio storico e culturale. Si parla un dialetto unico che sopravvive dal 1700 e che le donne continua a parlare e a insegnare nelle scuole. Così come insegnano, alle future generazioni, tutte quelle tradizioni dichiarate Patrimonio Mondiale dall’Unesco, come l’arte del ricamo e l’artigianato, la danza e i giochi.

“Espressioni culturali e tradizioni agricole sono state mantenute vive nel corso dei secoli grazie alla popolazione femminile dell’isola” – Scrive l’Unesco – Il loro forte senso di spirito comunitario e il loro attaccamento alle usanze dei loro antenati hanno permesso al popolo Kihnu di preservare i propri mestieri e costumi”.

Oggi la cultura Kihnu è minacciata dalle difficoltà economiche, dalla posizione solitaria e dalla presenza di turisti insensibili alle tradizioni secolari e all’ambiente naturale. Ma sono le donne a governare, e loro, si sa, sanno proteggere ciò che gli appartiene.

L'Isola delle Donne e l'ultimo baluardo del matriarcato
Fonte: AFP via Getty Images
L’Isola delle Donne e l’ultimo baluardo del matriarcato