Ci ha regalato gioie, esultanze, sconfitte. Ci ha insegnato lo sport al femmine, fatto di conquiste e di fatiche. Irene Camber rimarrà alla memoria di chi seguiva alla radio le cronache delle gare olimpiche, ma non solo. Morta a 98 anni, dopo una lunga vita all’insegna dello sport, ora rimarrà icona di tante vittorie azzurre a livello mondiale. Fu prima medaglia d’oro della scherma azzurra al femminile ai Giochi Olimpici, ma fu anche pioniera delle donne in accademia: fu la prima donna laureata in Italia in chimica industriale. “Mio padre mi ha sempre detto che quello che importa non è vincere, ma vincere con onestà – diceva alcuni anni prima di morire in un’intervista a Federscherma – E non pensare che gli altri ti possano aiutare nella vittoria, sei tu che devi vincere”.
Irene Camber, chi era la leggenda del fioretto
Irene Camber nacque a Trieste il 12 febbraio del 1926, era figlia di Giulio Brani Camber, soldato e poeta, autore di alcuni bellissimi versi che documentano le guerre degli italiani, pubblicate nelle due raccolte La buffa (1935) e Anima di frontiera (1966). Al nome di Irene Camber è legata la storia dello sport italiano al femminile, con la conquista di due medaglie ai Giochi Olimpici – l’oro individuale a Helsinki nel ’52 e il bronzo a squadre a Roma 1960 – e di due titoli mondiali, sempre nel fioretto, ottenuti nell’arco degli anni ’50.
“Ricordo il mio ritorno a Trieste, dopo la vittoria olimpica, eravamo occupati dagli alleati, ma ricordo tutte le bandiere alle finestre, era una cosa emozionante, avevo vinto per l’Italia”. Così testimoniò in un’intervista in anni recenti il clima che respirò dopo la vittoria che segnò la storia dello sport italiano. “Ci voleva tanta dedizione [ndr per gareggiare a quei tempi come donne], allenarsi bene era difficile e mi ricordo quando al mattino alle 7 andavo in sala scherma ad allenarmi trovavo un’altra triestina, che dopo aver fatto le notti in ospedale perché era una crocerossina, veniva in sala scherma per permettermi di allungarmi, perché contava la misura, la velocità”.
L’amore per lo sport è sempre stato presente fin dalla giovinezza della donna, ma agli inizi Irene Camber aveva in mente ben altro: le montagne. “In realtà io amavo lo sci – diceva in un’intervista – e per lo sci ero pronta a qualsiasi sacrificio, ma all’epoca non era poi così semplice raggiungere una pista, soprattutto da una città di mare. Me ne feci una ragione, ma ricordo sempre bene l’amore enorme che nutrivo per gli sport sulla neve”. Solo con il tempo nacque la passione per la scherma, che rimase poi per sempre nella memoria di tutti gli appassionati.
Ha iniziato precocemente a usare il fioretto, vince la sua prima gara a soli 14 anni e nel 1942 entra nella finale dei campionati italiani. Dopo una pausa dedicata agli studi, si laurea in chimica industriale, nel 1947 riprende il fioretto e nel 1952 ad Helsinki vince l’oro olimpico, cogliendo anche l’ambiente della scherma di sorpresa. Conquista poi nel 1953 a Bruxelles il titolo mondiale ed a Parigi nel 1957 il titolo mondiale a squadre. Prosegue la carriera sportiva con diversi successi e si ritira nel 1964, divenendo commissario tecnico per il fioretto, incarico che manterrà fino ai Giochi di Monaco di Baviera 1972.
“Questa notte è venuta a mancare un n. 1 della scherma mondiale, una Donna eccezionale: Irene Camber”. Con queste parole il nipote Piero Camber ha dato l’annuncio, il 23 febbraio 2024, della scomparsa, a 98 anni, di uno dei miti dello sport triestino e nazionale.
Vita privata e figli
Sport dunque, ma non solo. Irene Camber fu la prima donna laureata in chimica industriale all’Università di Padova. Madre di 3 figli, aveva numerosi nipoti e pronipoti. Non partecipò ai giochi della XVI Olimpiade di Melbourne perché il 20 ottobre 1956 sposò il dottor Gian Giacomo Corno