Quella che oggi vogliamo raccontare è una storia a lieto fine, che celebra l’amore nella sua forma più pura, incondizionato e senza riserve: l’affetto di una figlia verso sua madre. Si chiama Erika Borellini, la giovane di Rovereto di soli 29 anni, che si prende cura da dieci anni di sua madre, colpita da aneurisma celebrale. Ha attraversato le difficoltà della vita con una forza silenziosa e una volontà inarrestabile.
Finalmente, giovedì 19 ottobre, ha coronato il suo sogno: la laurea magistrale in Ingegneria Elettronica. Un traguardo che le era stato negato e che sembrava impossibile, ma per il quale ha lottato con tutte le sue forze. Questo momento tanto desiderato è il risultato di anni di sacrifici e notti insonni.
Erika, con la sua storia, ci ricorda che l’amore può muovere montagne, che la speranza non muore mai e che, nonostante le avversità, possiamo raggiungere le stelle.
La lotta di Erika per i diritti degli studenti caregiver
Nel 2019, la storia di Erika Borellini catturò l’attenzione mediatica quando, a causa di un solo punto in meno nella votazione della sua laurea triennale, le fu negata l’ammissione alla laurea specialistica. Una battuta d’arresto che avrebbe potuto spezzare lo spirito di molti, ma non il suo. Ha affrontato l’ingiustizia con coraggio e risolutezza, rifiutandosi di permettere che un solo punto definisse il suo futuro. La disillusione si è trasformata in forza, la delusione in determinazione.
Nel corso di diversi mesi, ha dovuto lottare per ottenere il riconoscimento della sua condizione di studentessa caregiver, che equiparasse il suo status a quello degli studenti lavoratori. Questi ultimi, infatti, ottengono un bonus di due punti per l’accesso alla laurea magistrale, un vantaggio di grande rilevanza che Erika riteneva dovesse essere esteso anche a coloro che, come lei, si impegnano nello studio mentre si prendono cura di un familiare malato.
Tuttavia, la richiesta di una maggiore flessibilità, considerata la sua delicata situazione familiare, è stata rigorosamente respinta dall’Università di Modena e Reggio. Un rifiuto che ha scosso immediatamente l’opinione pubblica, coinvolgendo rappresentanti degli studenti, politici, istituzioni e un gran numero di cittadini, tutti uniti in un unico fronte per sostenere Erika e la sua causa.
Dopo aver ricevuto l’ennesimo rifiuto, quello del difensore civico di Unimore, i suoi compagni si sono alzati in sua difesa, presentando una petizione su Change.org per chiedere l’ammissione di Erika alla laurea magistrale. Il grido “Facciamo valere i diritti dei caregiver nelle Università” è diventato il loro mantra, un gesto di solidarietà per far sentire la propria voce e combattere per il cambiamento.
La petizione ha toccato il cuore di moltissime persone e ha raccolto oltre 110.000 firme in pochissimi giorni. E quando sembrava che tutte le speranze fossero perdute, è arrivata la risposta tanto attesa dall’ateneo e l’approvazione dei due punti di bonus, aprendole così le porte del percorso di laurea magistrale che tanto desiderava. Una vittoria non solo per Erika, ma per tutti coloro che avevano creduto in lei e nella sua causa.
Finalmente laureata e pronta a conquistare il mondo
“Mi hanno rubato un sogno” dichiarava con voce ferma nel corso del programma televisivo Italia Sì su Rai Uno, “e vorrei riprendermelo.” Il suo appello era rivolto anche a tutti coloro che, come lei, si occupano quotidianamente di familiari affetti da disabilità gravi. Si è interrogata ad alta voce: “Perché uno studente lavoratore può beneficiare di due punti bonus e un caregiver no? Perché il nostro ruolo non viene riconosciuto dal mondo accademico? Mi spiace di non essere riuscita a guadagnarmi quel punto” ha confessato, “ma rifarei tutto daccapo perché mia madre è la mia priorità“.
Negli anni passati, Erika ha dovuto affrontare la sfida di bilanciare le estenuanti giornate all’università con le lunghe ore trascorse tra gli ospedali. Un percorso costellato di sacrifici, un binario su cui ha viaggiato con tenacia e resilienza. Ma finalmente, il 19 ottobre, quel viaggio si è concluso. Erika non solo ha raggiunto il suo obiettivo personale, ma ha anche trionfato in una battaglia di grande importanza per coloro che verranno dopo di lei.
La mamma di Erika era lì, come sempre al suo fianco, durante la proclamazione. Insieme a loro c’erano il papà, i parenti e gli amici. È stato un momento di orgoglio e celebrazione condiviso. Gioia per il traguardo ottenuto, gratitudine verso il sostegno ricevuto e sollievo per la fine di un percorso lungo e impegnativo. Ma soprattutto, c’era l’amore: amore di una famiglia, amore di una comunità e amore per la vita.